Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17105 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. I, 16/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14182/2020 r.g. proposto da:

K.S., (cod. fisc.), rappresentato e difeso, giusta procura

speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Alessandro

Ferrara, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma,

Via Barnaba Tortolini n. 30.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in

data 14.10.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno nei confronti di K.S., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza emessa in data 20.6.2018 dal Tribunale di Bologna, con la quale era stata accolta la domanda di protezione del richiedente limitatamente alla protezione umanitaria.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, che la domanda di protezione umanitaria era accoglibile in ragione del rischio di terrorismo e della complessiva situazione di insicurezza che caratterizza il Mali.

La Corte territoriale ha, invece, ritenuto che: a) la narrazione del ricorrente era incentrata sulla situazione in Mali all’indomani del colpo di stato del 2012, non consentendo tuttavia tale narrazione di superare i profili di inattendibilità del racconto per come reso innanzi alla commissione territoriale; b) non poteva essere riconosciuta l’invocata protezione umanitaria perchè il ricorrente non aveva dimostrato la condizione di soggetto vulnerabile nè era riconoscibile la protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, perchè, secondo le citate fonti di informazione internazionale, il Mali non è attualmente interessato da un conflitto armato generalizzato.

2. La sentenza, pubblicata il 14.10.2019, è stata impugnata da K.S. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 11, in relazione agli artt. 101 e 359 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost.. Si duole il ricorrente del fatto che la corte di appello non avrebbe stimolato il contraddittorio processuale sulle fonti di informazioni consultate onde consentire alle parti di contribuire all’accertamento della situazione reale in Mali che in realtà è attualmente scossa da diffusa insicurezza.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione agli artt. 345,350 e 352 c.p.c.. Si evidenzia che la corte di appello non avrebbe considerato il profilo della violenza terroristica per lo scrutinio della condizione di vulnerabilità del richiedente, avendo invece accentrato il suo giudizio solo sul profilo della violenza politica.

1.1 I primi due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente sono inammissibili per come formulati.

Occorre in primis evidenziare che le doglianze non intercettano la ratio decidendi principale posta a sostegno del contestato diniego dell’invocata protezione umanitaria, e cioè la mancanza di condizioni di soggettiva vulnerabilità del richiedente che in realtà siano del tutto svincolate dall’attuale condizione di insicurezza interna del Mali.

Sul punto, non può essere dimenticato che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi” (cfr. Sez. U., Sentenza n. 7931 del 29/03/2013; Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017; Sez. 5 -, Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16314 del 18/06/2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 18119 del 31/08/2020).

1.2 Le doglianze proposte dal ricorrente sono inoltre volte a sollecitare questa Corte di legittimità ad una nuova valutazione di merito delle condizioni di sicurezza interna del Mali, su cui peraltro la Corte distrettuale ha speso una motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative e per la quale è d’obbligo ribadire che tale scrutinio è inibito al giudice di legittimità perchè rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e art. 19, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 12, 13 e art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in relazione agli artt. 2 e 117 Cost..

Per il terzo motivo occorre ripetere ed evidenziare la ragione di inammissibilità legata all’insuperabile circostanza che le doglianze trascurano completamente la principale ratio decidendi del provvedimento impugnato, e cioè la valutazione di soggettiva non vulnerabilità del richiedente scollegata dalla situazione di rischio per paese di provenienza, così rendendo le pur articolate censure incentrate sul rischio terroristico interno al Mali (che, peraltro, involgono valutazioni di merito inibite a questa Corte) del tutto irricevibili.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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