Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17105 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34522-2019 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo

studio dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RENATO PASTORELLI;

– ricorrente –

contro

D.B.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BERTOLONI 31, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA GEMMA (c/o

studio Avvocato FABIO PULSONI) che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANDREA BOLLANI, FRANCESCO FURLAN;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TREVISO, depositato il 23/09/2015

R.G.N. 100/2013 – SUB 8.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. con decreto 23 settembre 2015 (comunicato in pari data), il Tribunale di Treviso, a seguito del provvedimento 24 aprile 2015 (con il quale aveva, sull’opposizione proposta da D.B.T., a norma dell’art. 98 L. Fall., avverso lo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) (s.p.a. ora) s.r.l., dichiarato inammissibile la domanda avente ad oggetto crediti già ammessi allo stato passivo, rigettato la domanda di ammissione di crediti di previdenza complementare e rimesso la causa in istruttoria per tentativo di conciliazione ovvero conferimento di C.t.u. per la determinazione degli importi dovuti), ammetteva il lavoratore allo stato passivo in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 1 per l’ulteriore credito di Euro 6.372,85 per ferie e r.o.l. e di Euro 4.332,26 per T.f.r., concordato tra le parti;

2. avverso tale decreto il Fallimento, con atto notificato il 22 ottobre 2015, ricorre per cassazione con unico motivo, cui il lavoratore resiste con controricorso;

3. il ricorso, in origine erroneamente iscritto a ruolo come successivo a quello iscritto al n. R.G. 10614/14, è stato distintamente iscritto all’attuale, come da ordinanza di questa Corte del 21 novembre 2019 e quindi, in esito a rinvio a nuovo ruolo per l’incombente, rifissato all’odierna adunanza camerale;

4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. in via preliminare, occorre affermare l’ammissibilità del ricorso, non verificandosi la dedotta ipotesi di sua tardività rispetto al (primo) provvedimento del Tribunale del 24 aprile 2015, sull’assunto dell’assimilazione del suo regime impugnatorio a quello della sentenza non definitiva;

1.1. tuttavia non si configura nel giudizio di opposizione allo stato passivo un decreto non definitivo in senso tecnico, posto che La L. Fall., art. 99, comma 11, come novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, stabilisce che “Il collegio provvede in via definitiva sull’opposizione… con decreto motivato.. “: a superamento del testo novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, che contemplava (all’art. 99, comma 10) la possibilità di un’ammissione allo stato passivo con decreto, in tutto o in parte anche in via provvisoria, sulla base di una pronuncia non definitiva;

1.2. il regime attualmente in vigore è pertanto differente da quello anteriore alle riforme: questo esplicitamente prevedeva, all’art. 99, comma 3, l’ammissione in via provvisoria del credito, qualora il tribunale non fosse in grado di definire il giudizio senza il preventivo esperimento di una qualche attività istruttoria e si trovasse nella condizione di dover emettere un’ordinanza ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 1, per ragioni di opportunità legate all’ulteriore svolgimento della procedura concorsuale, dovendo contestualmente con essa dare le disposizioni necessarie per la prosecuzione del giudizio, alla cui conclusione verificare il carattere definitivo dell’ammissione al passivo oppure l’esclusione dallo stesso (Cass. 9 ottobre 1996, n. 8835);

2. il Fallimento ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e violazione degli artt. 1321,1322 e 1362 c.c., per la mancata motivazione, in ordine alle ragioni, esplicitate nel provvedimento 24 aprile 2015 (di rimessione della causa in istruttoria per la determinazione dei criteri di liquidazione di crediti anteriori all’affitto di ramo d’azienda tra la società poi fallita e sua impresa controllata, sull’assunto di risoluzione dell’accordo sindacale ai sensi dell’art. 411 c.p.c. tra la società, i lavoratori e l’affittuaria, di previsione in particolare di una rinuncia alla solidarietà della società affittante per detti crediti, per effetto della risoluzione consensuale del contratto di affitto di ramo d’azienda, in quanto ad esso funzionalmente collegato), del ravvisato collegamento negoziale tra i due atti, in assenza del requisito oggettivo (di nesso teleologico) e così pure di quello soggettivo (del comune intento pratico delle parti di conseguimento di un fine ulteriore rispetto a quello loro tipico), in violazione dei canoni interpretativi denunciati (unico motivo);

2.1. il motivo è infondato;

2.2. non sussiste la denunciata nullità della sentenza per error in procedendo, posto che essa ricorre nel caso in cui sia totalmente omessa, per materiale mancanza, la parte della motivazione riferibile ad argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione: in riferimento alla formulazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 tanto anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 (Cass. 10 novembre 2010, n. 22845; Cass. 22 giugno 2015, n. 12864), tanto successiva, posto che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzare in esclusiva funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; Cass. 12 settembre 2018, n. 22192);

2.3. nel caso di specie, il Tribunale ha dato un conciso ma argomentato conto, per relationem al precedente provvedimento del 24 aprile 2015, della ragione della decisione, infatti confutata dal Fallimento ricorrente, che l’ha ben compresa;

2.4. in ordine alla censura di error in iudicando, occorre rilevare che la censura ha meramente enunciato i canoni interpretativi asseritamente violati, senza alcuna specificazione delle ragioni nè del modo in cui si sarebbe realizzata l’asserita violazione (Cass. 14 giugno 2006, n. 13717; Cass. 21 giugno 2017, n. 15350), concentrandosi sul risultato interpretativo in sè (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891), così contrapponendo una propria interpretazione a quella del Tribunale (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197), peraltro ben plausibile, neppure essendo necessario che essa sia l’unica possibile o la migliore in astratto (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178), congruamente argomentata e pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass. 10 maggio 2018, n. 11254);

2.5. in ogni caso, la rinuncia alla solidarietà in questione è nulla: al contrario del consenso che il lavoratore può prestare alla liberazione del cedente (o affittante, a norma dell’art. 2112 c.c., penultimo comma) dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro al tempo del trasferimento, cui sarebbe tenuto in solido con il cessionario (così reso esclusivo responsabile), con le procedure previste dagli artt. 410 e 411 c.p.c. (art. 2112 c.c., comma 2, u.p.), altrettanto non può avvenire per la rinuncia del lavoratore al vincolo di solidarietà dell’affittante, al momento di retrocessione dell’azienda (o di suo ramo, ai sensi dell’art. 2112 c.c., penultimo comma, u.p.), per obbligazioni inadempiute dall’affittuario, non soltanto già dell’affittante (anteriori al trasferimento e non estinte dall’affittuario, come nel caso di specie), ma anche proprie dell’affittuario rimasto inadempiente, in applicazione dei principi stabiliti dall’art. 2112 c.c. anche nell’ipotesi di circolazione regressiva dell’azienda (Cass. 4 settembre 2003, n. 12909; Cass. 26 luglio 2011, n. 15255; Cass. 1 ottobre 2018, n. 23765);

2.5.1. ciò è infatti precluso dalla nullità di eventuali rinunce, anche in forma di conciliazioni in sede giudiziale, amministrativa o sindacale (secondo il rinvio dell’art. 2113 c.c., u.c.), per l‘indisponibilità dal lavoratore rinunciante di diritti che non siano già maturati nè acquisiti al suo patrimonio, ma ancora in via di maturazione o addirittura (come appunto nel caso di specie) destinati a sorgere solo in futuro: con la conseguente nullità dell’atto di rinuncia, siccome diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo (Cass. 26 maggio 2006, n. 12561; Cass. 8 settembre 2011, n. 18405, in specifico riferimento ad invalidità della rinunzia dei lavoratori, con verbale di conciliazione, ai diritti futuri concernenti il nuovo rapporto di lavoro instaurato e così pure del diritto di chiedere l’accertamento della sua effettiva natura: dovendosi escludere che la conciliazione possa riguardare diritti non ancora entrati nel patrimonio del prestatore di lavoro);

3. il ricorso deve pertanto essere rigettato, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Fallimento alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

 

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