Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17099 del 08/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/08/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 08/08/2011), n.17099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18205/2009 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

180, presso lo studio dell’avvocato CASTELLUCCI Ignazio, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDI ANTONIO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’,

20, presso lo studio dell’avvocato MIRENGHI Michele, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/03/2009 r.g.n. 257/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato LUIGI CIMINO per delega LEONARDI ANTONIO;

udito l’Avvocato MIRENGHI MICHELE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 22.1.2009/21.3.2009 la Corte di appello di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta da T.A. per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimato dall’Agenzia delle Entrate l’8.3.2006.

Osservava in sintesi la corte territoriale che, pur a fronte del provvedimento di distacco adottato dal Commissario delegato per l’emergenza rifiuti, la dipendente non poteva esimersi dal verificare che fosse stato emesso il provvedimento di nulla osta, doveroso o sindacabile che fosse, che l’esimeva dall’obbligo di prestare l’attività lavorativa presso l’ufficio di appartenenza e che, comunque, specie dopo che il Tribunale, in sede di reclamo, aveva revocato il precedente provvedimento che l’autorizzava a prestare servizio a (OMISSIS) presso la struttura commissariale, indebitamente si era rifiutata di ritornare a lavorare presso l’agenzia di Breno, trincerandosi dietro la cogenza di un provvedimento che tale non era stato ritenuto dal giudice ed, in definitiva, dalla stessa lavoratrice che, per tal fine, aveva instaurato apposito giudizio.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso T.A. con un unico motivo. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico articolato motivo, la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione della L. n. 225 del 1992, art. 5, del D.L. n. 15 del 2003, art. 1 ter, della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 14, con riferimento all’ordinanza del Ministero dell’Interno n. 2983 del 1999, ed ancora della L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, degli artt. 2118, 2104, 2106, 11745 e 1375 c.c., nonchè vizio di motivazione.

Osserva, al riguardo, che la corte territoriale, pur affermando che per la soluzione della controversia si poteva prescindere dall’esame e dalla disapplicazione di alcun atto amministrativo, per doversi la situazione controversa esaminare solo alla luce dei principi che presiedono alla esecuzione del rapporto di lavoro, nondimeno aveva provveduto all’esame del provvedimento di distacco del Commissario, censurandolo, fra l’altro, inammissibilmente nel merito, ed aveva, quindi, utilizzato tale accertamento a sostegno della ritenuta legittimità del licenziamento.

Rilevava, altresì, che, con motivazione illogica, i giudici di appello avevano ritenuto che era onere della lavoratrice rappresentare al datore di lavoro la situazione conseguente al distacco, prima di allontanarsi dal posto di servizio, anche al fine di consentire all’amministrazione le opportune tutele in sede giurisdizionale, e ciò sebbene quest’ultima fosse a conoscenza sin dal maggio 2004 del provvedimento del Commissario delegato, addebitandole così un comportamento non conforme alle regole di buona fede e correttezza, che, nella realtà, la stessa aveva puntualmente osservato, “ritenendo di adempiere ad un provvedimento legittimo, e che tale era…al contrario di come ritenuto dalla sentenza gravata”.

Il ricorso è inammissibile non risultando i quesiti di diritto coerenti con la prescrizione dell’art. 366 bis c.p.c..

Deve, infatti, ribadirsi, in conformità all’insegnamento di questa Suprema Corte, che il principio di diritto che la parte ha l’onere di formulare espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilità deve consistere in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali che dalla risposta negativa o affermativa che ad essa si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile non solo il ricorso nel quale il quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in termini del tutto generici, limitandosi la parte a richiedere alla Corte se vi sia stata violazione di una determinata disposizione di legge o se ricorrono i presupposti di astratta individuazione della stessa, ovvero ancora ove sia formulato in modo inconferente rispetto all’illustrazione dei motivi di impugnazione (cfr. ad es. SU n. 20360/2007; Cass. n. 14385/2007; Cass. n. 482/2009; Cass. 19769/2008) sicchè, in definitiva, il quesito non risulti esaustivamente riferibile alla questione controversa posta col motivo di impugnazione, rappresentandone la sintesi logico-giuridica.

I quesiti posti, nel caso, dalla ricorrente (“Dica la Suprema Corte…a) se le ordinanze emesse dal Commissario Delegato con i poteri conferiti dall’ordinanza n. 2983 del 1999 in tema di distacco siano provviste o meno della immediata esecutorietà o se debbano essere sottoposte alla concertazione ed alle autorizzazioni delle Amministrazioni di provenienza del personale stesso; b) se la immediata esecutorietà debba ritenersi limitata soltanto al personale dipendente dello Stato o a tutto il personale dipendente della Pubblica Amministrazione; c) se il personale ritenuto necessario per il funzionamento dell’Ufficio del commissario debba essere distaccato o comandato soltanto nell’ambito della Regione siciliana; d) se discenda dall’applicazione della L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E e dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, il potere del GO di disapplicare l’ordinanza commissariale n. 515 del 2005 con una valutazione del merito della scelta compiuta dal Commissario delegato…e) se avuto riguardo a quanto oggetto dei superiori quesiti ed alle risposte che agli stessi possono darsi, il giudice del merito abbia violato le disposizioni del codice civile in ordine all’adempimento della prestazione lavorativa tale da giustificare l’applicazione nei confronti della ricorrente del disposto dell’art. 2118 c.c., con una corretta ed adeguata valutazione dei principi discendenti dagli artt. 2104 e 2106 c.c., in tema di contratto di lavoro e del contenuto degli artt. 1175 e 1375 c.c., in tema di esecuzione dei contratti secondo i generali principi di buona fede e correttezza”) non appaiono conformi ai canoni interpretativi indicati, in quanto non risultano idonei ad esprimere, in termini riassuntivi e concretamente pertinenti all’articolazione delle censure in relazione alla fattispecie controversa, il vizio di violazione di legge addebitato alla decisione.

Ed, in realtà, anche a prescindere dalla necessità che i quesiti si accompagnino a singoli motivi, deve constatarsi che i motivi da a) a d) si limitano a porre alla Corte delle interrogazioni in ordine ad una molteplicità di situazioni senza che sia percepibile l’interpretazione che, in relazione ai fatti di causa rilevanti, la ricorrente ritenga conforme al diritto e l’errore che, per contro, risulta ascrivibile alla decisione impugnata secundum ius, in modo da chiarire, in termini sintetici e concretamente riferibili alla fattispecie controversa, le censure mosse alla sentenza, individuando i principi applicabili, in luogo di quelli formulati dal giudice di merito disattendendo le norme nel caso rilevanti.

Erronea impostazione, si deve soggiungere, che si riflette anche sull’ultimo quesito, dal momento che lo stesso, non solo si impernia sulle “risposte che… possono darsi” ai precedenti laddove, in realtà, tali risposte avrebbero dovuto essere offerte, sulla base della alternativa ermeneutica evidenziata, dalla parte medesima), ma si manifesta esso stesso del tutto generico, facendo riferimento, in termini astratti, a molteplici disposizioni normative senza in alcun modo chiarire lo specifico collegamento che tali disposizioni determinano rispetto alla concreta fattispecie controversa, alla luce della questione giuridica che, a fronte di quella che si prospetta come corretta, la parte assume erroneamente ricostruita dal giudice.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2011

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