Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17098 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 17098 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: CULTRERA MARIA ROSARIA

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SENTENZA

sul ricorso 11518-2010 proposto da:
SOLA MARCO (c.f. SLOMRC71D13L885K), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso
l’avvocato CRISCI FRANCESCO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 10/07/2013

difende unitamente all’avvocato PASQUINELLI ENRICO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente-

2013

contro

906

FALLIMENTO PROTEC S.R.L.
persona

del

Curatore

IN LIQUIDAZIONE,
avv.

ITALO

in

FAIETTI,

1

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI
CALAMATTA 16, presso l’avvocato MELITI MARCO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SOVIENI ANSELMO, giusta procura in calce al
controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

260/2010 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 22/05/2013 dal Consigliere
Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CRISCI che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato CORTESI
MASSIMO, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Marco Sola reclamava innanzi alla Corte d’appello di
Bologna la sentenza del Tribunale di Modena n. 149 del
13-14.11.2009 dichiarativa del suo fallimento,

pronunciata per la sua qualità di socio illimitatamente
responsabile della società Protec s.n.c. su istanza del
curatore del fallimento della società Protec s.r.1..
Contestava la sussistenza dei presupposti della sua
fallibilità sull’assunto che il debito che aveva
originato la dichiarazione di fallimento della società
era sorto dopo la sua esclusione dall’ente, disposta in
data 19.11.2008. Seppur derivasse da contratto stipulato
il 12.5.2008 che prevedeva la restituzione dell’azienda
da parte del fallimento della società Protec s.r.l. alla
fallita Protec s.n.c., di cui egli all’epoca era ancora
socio, il credito era sorto successivamente e dopo la sua
esclusione, allorché gli altri soci Varolo e Straforini,
appropriatisi dei corrispettivi dei clienti, non ne
avevano eseguito il previsto contestuale pagamento a
favore del curatore fallimentare della società Protec
s.r.1.. Sosteneva inoltre che l’erroneo computo del
termine annuale previsto dall’art. 147 comma 2 legge fall
siccome eseguito dalla data della pubblicazione nel R.I
della delibera che aveva disposto la sua esclusione dalla

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compagine sociale laddove avrebbe dovuto aversi riguardo
a quella della sua assunzione.
Con sentenza n. 260 depositata il 3.3.2010 e comunicata
al reclamante il 23.3.2010, la Corte territoriale ha
disposto il rigetto del reclamo.

.

Avverso questa decisione Marco Sola ha proposto ricorso
per cassazione sulla base di cinque motivi resistiti dal
solo creditore istante curatore del fallimento Protec
s.r.l. con controricorso, illustrato altresì con memoria
difensiva depositata a mente dell’art. 378 c.p.c. A
seguito di regolare instaurazione del contraddittorio
disposta nei loro confronti, gli altri soci falliti
Varolo e Straforini non hanno spiegato difese. Le parti
hanno depoitato memorie difensive a mente dell’art. 378
c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il l ° motivo il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 147 legge fall. e/o dell’art. 1353 c.c., e
riferendo che le somme riscosse dalla Protec s.n.c. dai
clienti, sufficienti a pagare il debito contratto con la
curatela del fallimento Protec s.r.1., furono sottratte
dagli altri soci dopo aver disposto la sua esclusione
dalla compagine sociale, ascrive alla Corte del merito di

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non aver considerato che l’insorgenza del credito era
sottoposta a condizione sospensiva, nonché l’omesso
rilievo dell’imputabilità dello stato d’insolvenza alla
sola condotta illecita dei detti soci, contro cui egli

agì in giudizio infruttuosamente per ottenerne la revoca
dalla carica di amministratori della società. Non
responsabile di quell’inadempimento, egli non poteva
pertanto essere dichiarato fallito. Solleva questione di
costituzionalità rispetto agli artt. 2, 4, 24, 35, 36 e
41 cost. laddove si ammette l’estensione del fallimento
al socio che non ha avuto responsabilità in ordine
all’originarsi dello stato d’insolvenza né ha mezzi
giuridici per evitarla.
Il controricorrente eccepisce l’inammissibilità del
motivo in quanto la questione rappresentata sarebbe
nuova e comunque ne deduce l’infondatezza atteso che il
debito, laddove fosse da ritenersi condizionato, comunque
è sorto alla data in cui è stato concluso il negozio,
fonte dell’obbligazione rimasta inadempiuta addotta dalla
creditrice istante.
Il motivo merita il rigetto.
inammissibile in quanto

un verso è

Per

affaccia

tesi

difensiva,

argomentata in relazione alla natura condizionata del
credito assunto dal creditore istante a base del ricorso

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di fallimento, che non risulta prospettata in sede di
merito ma per la prima volta in questa fase di
legittimità. Si sostiene invero nella decisione impugnata
che il debito verso la società istante Protec s.r.l. era

esistente alla data in cui il Sola era ancora socio,
anche se divenne esigibile in seguito. Ed infatti, il
contratto, sottoscritto anche dal Sola, prevedeva che
l’importo di e 150.000,00 sarebbe stato versato al
fallimento Protec s.r.l. contestualmente al ricevimento
da parte di Protec s.n.c. dei corrispettivi pagati dai
committenti. Al giudice di merito non risulta dunque
sottoposta la sussistenza della condizione sospensiva,
che viene ora agitata tra l’altro all’evidente fine di
sollecitare lo scrutinio circa l’interpretazione della
pattuizione controversa, senza neppure precisare i canoni
ermeneutici che la Corte del merito avrebbe violato,
mirando in sostanza al riesame nel merito di quella
contestata esegesi. Per altro verso il motivo è privo di
fondamento dal momento che, ai sensi dell’art. 147 legge
fall. il socio illimitatamente responsabile della società
del tipo sociale considerato fallisce in via automatica
per la veste assunta nella compagine sociale l prescindendo
!
da ogni verifica circa l’imputabilità dell’inadempimento
dedotto dal creditore istante a carico dell’ente. La

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questione di costituzionalità, genericamente argomentata,
appare irrilevante..
Con il 2 ° motivo il ricorrente deduce il difetto di
motivazione riscontrabile nell’affermazione

dell’esistenza alla data della sua esclusione dalla
società del credito dedotto dall’istante che era sorto
non già con la sottoscrizione del contratto ma con
l’incasso dei corrispettivi e/o l’illecita appropriazione
da parte degli altri soci.
Anche

di

questo

motivo

la

resistente

deduce

l’infondatezza.
In quanto pone questione intimamente collegata a quella
questione rappresentata nel precedente mezzo, che la
Corte del merito ha risolto con decisione immune da
errore di diritto ed adeguatamente argomentata, il motivo
a
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deve pertnto essere dichiarato
erita ana

h

inammissibile.
Con il 3 ° motivo il ricorrente deduce ancora violazione
dell’art. 147 comma 2 legge fall. che sarebbe stata
consumata dal giudice del reclamo in relazione
all’individuazione del

dies a quo

del termine annuale

previsto dal disposto normativo in rubrica, siccome
erroneamente identificato nella data dell’iscrizione

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della delibera che decretò la sua esclusione dalla
compagine della società fallita nel R.I., dovendo
piuttosto aversi riguardo alla data della sua assunzione.
La resistente deduce l’infondatezza della censura

richiamando giurisprudenza consolidata che colloca il
parametro temporale in discorso al dato correttamente
individuato dalla Corte distrettuale.

Il motivo espone censura priva di pregio.

Si assume nella decisione impugnata che la delibera di
esclusione del Sola, assunta in data 19.10.2008, ebbe
effetto dalla data del 10.2.2009 della sua iscrizione nel
R.I., sicché la pronuncia di fallimento, emessa il
13.11.2009, cadde nell’arco del termine annuale previsto
dal citato disposto normativo. La statuizione applica
correttamente il principio enunciato con orientamento
fermo, cui questo collegio presta adesione intendendo
darne conferma, che colloca il

dies a quo del termine

annuale previsto dal disposto dell’art. 147 comma 2 legge
fall. al momento in cui all’uscita dalla società del
socio illimitatamente responsabile è stata data
pubblicità ai sensi dell’art. 2290 comma 2 cod. civ.
(cfr. Cass. nn. 2006/19304, 4865/2010). In forza del
principio della certezza delle situazioni giuridiche, la

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cui attuazione è stata assicurata secondo i dettami del
giudice delle leggi -sent. n. 319/2000- con la previsione
del limite temporale al fallimento dell’ex socio già
illimitatamente responsabile, ai fini del decorso del

termine è necessario che l’evento sia opponibile ai
terzi, in quanto portato a loro conoscenza con i mezzi di
pubblicità legalmente prescritti, non producendo in
assenza i suoi effetti al di fuori dell’ambito
societario. E dunque la delibera che decretò l’espulsione
disposta a carico del Sola, incontrovertibilmente
pubblicizzata nell’arco temporale dell’anno precedente la
declaratoria del suo fallimento in estensione, vale ai
fini in esame non certo dalla data della sua assunzione
ma da quella, successiva, in cui venne portata a
conoscenza dei terzi coincidente con l’iscrizione nel
R. I. .
Con il quarto mezzo il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 5 legge fall. e censura l’impugnata
sentenza:l.- per l’omesso rilievo che, ai fini della
verifica dello stato di decozione della società fallita,
il giudice del reclamo avrebbe dovuto attribuire
all’esistenza dell’ingente credito vantato nei confronti
della società Fraer Leasing s.p.a. a titolo di
restituzione

di

canoni

versati,

all’atto

della

risoluzione del contratto di leasing con essa stipulato,
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per l’ammontare di euro 500.00,00,

ben superiore

all’importo di euro 150.000,00 del credito posto a base
del ricorso di fallimento; 2.- per non aver considerato
che l’attività sociale era cessata alla data del

fallimento benché la società non fosse stata formalmente
in liquidazione.
Il

resistente

deduce

infondatezza

della

censura

richiamando giurisprudenza che esclude la legittimazione
del socio fallito in estensione contestare le condizioni
di fallibilità dell’ente.
Il motivo è inammissibile. Lo stato d’insolvenza della
– società fallita, ad avviso del giudice del reclamo,
risultava conclamato alla luce dei debiti riportati in
bilancio, della mancanza di liquidità e di disponibilità
dì beni aggredibili in sede esecutiva. La censura induce
palesemente alla rivisitazione nel merito dei fatti
apprezzati quali sintomi della condizione di
irreversibile dissesto della società fallita, il cui
vaglio critico risulta adeguatamente argomentato,
sollecitando scrutinio cui questa Corte non è abilitata
e, secondo la giurisprudenza citata dal resistente (Cass.
n. 20166/2004, n. 12170/2005), neppure ammesso in caso di
opposizione, ora reclamo, proposto dal socio
illimitatamente responsabile,

dichiarato fallito in

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estensione a mente dell’art. 147 legge fall… Ed invero
questi non può discutere sul fondamento dei presupposti
del fallimento della società da cui è dipeso il proprio
fallimento, ma solo delle condizioni che attengono alla

sussistenza del vincolo sociale, dunque alla sua
personale fallibilità. La sentenza dichiarativa del
fallimento della società, in assenza d’impugnazione, che
deve essere da essa proposta, fa stato erga omnes, anche
dunque nei confronti dei soci, attuali e precedenti se
fallibili, accertandone ormai con forza di giudicato
l’insolvenza e dunque i fatti e le condizioni che ne
hanno conclamato la sussistenza.
Analoga sorte, per le medesime ragioni, merita l’ultimo
motivo con il quale il ricorrente deduce violazione
dell’art. l legge fall. in ordine alla ritenuta esistenza
della soglia di fallibilità della società relativa ai
ricavi, nel 2008 risultarono inferiori ad euro
200.000,00. Teso a nuovo apprezzamento, il mezzo in esame
agita questione riferita alla società.
Il ricorso per l’effetto deve essere rigettato
condanna del ricorrente al pagamento delle

con

spese del

presente giudizio liquidate come da dispositivo.
PQM

11

La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità
200,00
E 3.000,00 di cui
liquidandole in complessivi

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22
maggio 2013.

per esborsi, oltre accessori di legge.

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