Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17096 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30955-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1493/19/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO – SEZ. STACCATA DI LATINA -, depositata il

13/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

P.P. ha impugnato una intimazione di pagamento e 49 cartelle di pagamento riferite a una pluralità di posizioni debitorie aventi quali enti impositori l’Agenzia delle entrate e la Regione del Lazio.

Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado.

L’Agenzia della Entrate Riscossione ha proposto appello e la CTR del Lazio ha riformato la sentenza di primo grado, accogliendo parzialmente il gravame con riferimento alla ventesima e ventunesima cartella di pagamento relative a tasse automobilistiche le cui notifiche erano state eseguite oltre il termine di prescrizione triennale.

Ha rilevato con riguardo ai crediti portati da 21 delle 23 cartelle l’intervenuta prescrizione in quanto le notifiche erano state eseguite oltre cinque anni prima rispetto alla notifica dell’intimazione di pagamento risalente al 11.4.2016. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate riscossione affidandosi a due motivi. Non si è costituito l’intimato.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituito dalla notificazione dell’intimazione di pagamento con riferimento alle cartelle nr. 05720120005655371 e nr. 05720120021975154.

Sostiene che per le pretese portate dalle cartelle indicate in rubrica le relative intimazioni di pagamento erano state notificate in data 10.12.2014 sicchè alla data di notificazione dell’intimazione impugnata, risalente all’11.4.2016, il termine di prescrizione triennale applicabile ai crediti riguardanti le tasse automobilistiche non era ancora decorso.

Osserva che la prova documentale offerta in proposito nel giudizio di merito non era stata in alcun modo considerata.

Con il secondo motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta infatti che per le cartelle riguardanti i numeri da 10 a 19 la CTR sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 2946 c.c. in quanto il termine di prescrizione decennale applicabile ai tributi in questione non era ancora interamente decorso. Il primo motivo è fondato.

Giova ricordare che secondo il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è denunciabile per cassazione solo il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) e le successive pronunce conformi (cfr. Cass., 27325 del 2017; Cass., n. 9749 del 2016) hanno precisato che l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Non solo quindi la censura non può investire argomenti o profili giuridici, ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche l’omesso esame di determinati elementi probatori.

Si è tuttavia chiarito (cfr. Cass. n. 16812 del 2018; n. 19150 del 2016) che può essere denunciato per cassazione anche il mancato esame di un documento, ma ciò solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.

Ciò posto, nel caso di specie la ricorrente ha dato prova di aver depositato nella fase di appello, da un lato, l’intimazione di pagamento notificata in data 14.12.2014 con cui si chiedeva il pagamento delle due cartelle precisate in rubrica e, dall’altro, l’avviso di ricevimento che riportava in alto a destra i numeri identificativi delle intimazioni provando in tal modo il collegamento fra i due atti. Si tratta di documenti decisivi che non sono stati in alcun modo presi in considerazione dalla CTR al fine di verificare l’avvenuta interruzione del decorso del termine triennale.

Il secondo motivo è parimenti fondato.

La CTR non ha fatto corretta applicazione del principio enunciato dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 23397/2016, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.

Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

In altre parole, data la definitività della cartella, il credito tributario mantiene inalterato il regime di prescrizione che gli è proprio, il che rileva per i crediti che abbiano ab origine un termine di prescrizione più breve di quello decennale. Ciò non significa che tutti i crediti tributari abbiano una prescrizione più breve di quella ordinaria, anzi è vero il contrario: secondo consolidata interpretazione di questa Corte (cfr. Cass. n. 24322/14; Cass. n. 22977/10; Cass. n. 2941/07Cass. n. 16713/16; Cass. 12740/2020), “il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948 c.c., n. 4 “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivo”.

I crediti di imposta sono, in via generale, soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, per i contributi previdenziali) e, in particolare i crediti IRPEF, IVA e IRAP, nonchè per imposta di registro sono soggetti alla prescrizione decennale (Cass. 9906/2018; 19969/2019; Cass. 12740/2020). Sono invece soggetti alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c. gli interessi e le sanzioni, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 (Cass. 5577/2019; Cass. 2020 nr 27178).

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con il rinvio alla CTR del Lazio in diversa composizione per un nuovo esame, attenendosi ai principi sopra richiamati, e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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