Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17095 del 28/07/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 17095 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 30191-2008 proposto da:
ANAS SPA 80208450587 in persona del Direttore
Centrale Legale e Contenzioso, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANASTASIO II 416, presso lo
studio dell’avvocato STEFANO RADICIONI, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale del
2014
1467

Dott. Notaio LEONARDO MILO in ROMA il 11/11/2008,
rep. n. 61970;
– ricorrentecontro

CASTIGLIA VINCENZO;

1

Data pubblicazione: 28/07/2014

- intimato –

avverso la sentenza n. 1293/2008 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 25/09/2008, R.G.N.
345/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato STEFANO RADICIONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO RASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

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udienza del 05/06/2014 dal Consigliere Dott.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Vincenzo Castiglia citò in giudizio l’ANAS davanti al
Tribunale di Verbania, chiedendo che fosse condannata al
risarcimento dei danni subiti dalla vettura di sua proprietà,
la quale era rimasta schiacciata da un masso rotolato sulla

strada statale n. 24, in località Cannobio.
Si costituì in giudizio l’ANAS, chiedendo il rigetto
della domanda.
Istruita la causa con prova per documenti, il Tribunale
rigettò la domanda.
2. La pronuncia è stata appellata dal Castiglia e la
Corte d’appello di Torino, con sentenza del 25 settembre
2008, ha riformato la decisione di primo grado, ha dichiarato
l’ANAS responsabile dell’evento dannoso e l’ha condannata al
risarcimento nella misura di euro 5.954,23, nonché al
pagamento delle spese del doppio grado.
Ha osservato la Corte territoriale che nella specie
doveva trovare applicazione l’art. 2051 cod. civ.,
trattandosi di evento verificatosi su una strada pubblica e
non avendo rilievo il fatto che la vettura del Castiglia
fosse in sosta. Poiché la strada è costituita, secondo la
Corte d’appello, «non solo dal suo sedime, e da tutte le sue
pertinenze, ma dallo stesso tracciato», l’area del sinistro,
costituita da uno slargo davanti ad un’abitazione, non poteva
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sede stradale mentre si trovava in sosta ai margini della

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che rientrare nel concetto di strada. L’ente convenuto,
quindi, avrebbe dovuto dimostrare, per essere esentato da
responsabilità, l’esistenza del caso fortuito; impresa
definita “improba”, perché il Castiglia aveva parcheggiato in
uno spazio nel quale era possibile la caduta massi, tanto che

non certo imprevedibile, l’ANAS avrebbe dovuto realizzare le
necessarie opere di contenimento, dovendo, in difetto, essere
ritenuto responsabile.
La Corte d’appello, poi, ha riconosciuto che l’ente
sarebbe stato da ritenere responsabile del fatto dannoso
anche in caso di applicazione dell’art. 2043 cod. civ.,
«perché la colpa del custode è positivamente comprovata
dall’inidoneità dei mezzi predisposti (il muro di
contenimento) ad evitare fatti del genere di quello
verificatosi».
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Torino
propone ricorso l’ANAS, con atto affidato a quattro motivi.
Il Castiglia non ha svolto attività difensiva in questa
sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 cod. civ., nonché
del principio degli artt. 14, 24, 30 e 31 del codice della
strada.
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il pericolo era segnalato. Trattandosi, perciò, di un evento

Rileva la società ricorrente che la sentenza non avrebbe
considerato che, secondo i citati articoli del codice della
strada, l’onere di realizzazione delle opere necessarie a
proteggere la sede stradale – e in particolare le ripe – va
posto a carico dei proprietari delle aree limitrofe. Nel caso

parete rocciosa da un’altezza di circa 300 metri, il che
esclude la sussistenza di quel potere fisico sulla cosa che
costituisce il fondamento del potere di custodia di cui
all’art. 2051 del codice.
1.1. Il motivo non è fondato.
Alla base delle censure ivi contenute, infatti, sta
l’affermazione secondo cui, poiché l’obbligo di manutenzione
delle ripe sovrastanti o sottostanti rispetto alla sede
stradale spetta ai proprietari delle medesime ai sensi degli
invocati articoli del codice della strada, ciò
determinerebbe,

eo ipso,

il venir meno della responsabilità

dell’ANAS odierno ricorrente.
Le argomentazioni del ricorso, apparentemente suggestive,
sono in realtà prive di fondamento, alla luce di quanto già
affermato da questa Corte nella sentenza 11 novembre 2011, n.
23562, che l’odierno Collegio integralmente condivide.
In quella pronuncia, dopo aver richiamato gli
orientamenti di fondo sull’applicazione dell’art. 2051 cod.
civ. relativamente alla custodia delle strade, si è detto
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specifico, il masso è caduto da una roccia sovrastante la

che, «essendo funzione primaria dell’ente proprietario della
strada quella di garantire la sicurezza della circolazione
(D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 14) e spettando
all’ANAS, tra l’altro, il compito di adottare i provvedimenti
necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade e

quali essa esercita i diritti e i poteri attribuiti all’ente
proprietario (D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, art. 2), poco
importa, in questa sede, stabilire su chi dovesse, in
definitiva, gravare il costo economico del risanamento delle
sponde laterali, costo del quale segnatamente si occupano il
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, artt. 30 e 31». Ciò in quanto
«l’Ente non poteva consentire la circolazione su un tratto di
strada di cui aveva la custodia, senza adottare – o
assicurarsi che venissero da altri adottati i presidi
necessari ad eliminare i fattori di rischio conosciuti e
conoscibili con un attento e doveroso monitoraggio del
territorio. Tale prospettiva disvela l’assoluta inconsistenza
dell’assunto secondo cui, una volta riconosciuta la
concorrente responsabilità del titolare del diritto
dominicale sul fondo interessato dal fenomeno franoso, l’ANAS
doveva essere mandata assolta dalle istanze attrici». Ed
infatti «l’inerzia del proprietario nella realizzazione degli
interventi idonei a bonificare il terreno adiacente alla
strada non elimina di certo quella del proprietario o del
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sulle autostrade che le sono affidate e in relazione alle

concessionario dell’area su cui i massi rocciosi erano,
ineluttabilmente, destinati a cadere – e caddero infatti mettendo a repentaglio quella sicurezza della circolazione
che, come testé specificato, costituisce uno dei compiti
primari dell’ANAS».

attaglia perfettamente all’odierna fattispecie e che dimostra
l’infondatezza del motivo in esame; né può in alcun modo
sostenersi l’ipotesi del caso fortuito, poiché – come la
Corte d’appello ha correttamente posto in evidenza, con
accertamento di fatto non sindacabile in questa sede – la
presenza della segnalazione di pericolo, unitamente
all’esistenza di un muro di contenimento, dimostra che la
caduta dei massi era evento assolutamente prevedibile, che
l’ente oggi ricorrente aveva il dovere di fare tutto il
possibile per impedire (v., in argomento, anche la sentenza
28 settembre 2012, n. 16542).
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione
e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., nonché
illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Secondo la ricorrente non sarebbe ravvisabile, nella
specie, alcuna colpa in capo all’ANAS. In base all’art. 2043
cod. civ., infatti, non è sufficiente affermare che l’evento,
cioè la caduta del masso, fosse prevedibile ed evitabile, ma
occorre anche provare l’esistenza dell’insidia non visibile e
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Si tratta, com’è evidente, di una pronuncia che si

non prevedibile; e su questo punto la sentenza sarebbe del
tutto carente, per non dire affatto mancante.
2.1. L’esame di questo motivo è assorbito dalla decisione
di rigetto di quello precedente. La Corte d’appello, infatti,
ha correttamente richiamato, in relazione alla caduta dei

sicché è evidente che non avrebbe alcun senso occuparsi dei
profili della possibile colpa ai sensi dell’art. 2043 cod.
civ., poiché la responsabilità è regolata dall’art. 2051 cod.
civ., i cui presupposti, anche in termini di onere della
prova, sono completamente diversi (sul punto v., tra le
altre, la sentenza 20 gennaio 2014, n. 999).
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione
del principio che vieta al giudice di fare ricorso alla
propria scienza privata.
La costante giurisprudenza riconosce che il ricorso alle
nozioni di comune esperienza è un fatto eccezionale, che
implica una deroga al principio dispositivo. La Corte
d’appello – rilevando che la caduta di un masso di grandi
proporzioni è, in montagna, un fatto tutt’altro che
eccezionale ed imprevedibile – avrebbe invocato il concetto
al di fuori delle ipotesi consentite, poiché calcolare la
possibile traiettoria di un masso non costituisce una
circostanza rientrante nelle nozioni di comune esperienza.

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massi sulla strada, l’obbligo di custodia gravante sull’ANAS,

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta omessa
motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Nel corso dell’istruttoria era stata svolta anche una
c.t.u., le cui conclusioni non sono state tenute in
considerazione dalla Corte d’appello. In particolare,

strada, il c.t.u. aveva concluso che il masso caduto sulla
strada faceva parte di un blocco ben più grande interessato
dal crollo; e, nella specie, aveva seguito un percorso di
caduta particolare, diverso rispetto agli altri. In tale
circostanza l’ANAS aveva sottolineato la configurabilità del
caso fortuito, con conseguente sussistenza della prova
liberatoria ai sensi dell’art. 2051 del codice.
5.

Il terzo ed il quarto motivo,

da trattare

congiuntamente in considerazione della affinità dei problemi
in essi posti, sono entrambi privi di fondamento.
Essi, infatti, contengono considerazioni attinenti la
valutazione delle prove e si risolvono, al di là dalle
formali contestazioni, in un evidente tentativo di ottenere
da questa Corte un nuovo e non consentito esame del merito.
D’altra parte, la Corte d’appello ha dato conto delle
ragioni del proprio convincimento con motivazione adeguata e
priva di vizi logici, sicché non è prospettabile alcuna
censura di vizio di motivazione.
6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
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accertata l’esistenza di un muro paramassi in quel tratto di

Non occorre provvedere sulle spese, attesa la mancata
costituzione dell’intimato.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

Terza Sezione Civile, il 5 giugno 2014.

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