Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17094 del 26/06/2019

Cassazione civile sez. I, 26/06/2019, (ud. 29/01/2019, dep. 26/06/2019), n.17094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

su ricorso n. 08464/2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in Roma Corso Trieste 85

presso lo studio dell’Avv.to Tiziana Ajello, rappresentata e difesa

dall’Avv.to Stefano Cozzetto del foro di Milano giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in Brescia Via Solferino 55

presso lo studio dell’Avv.to Leonora Mazzocchi che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n.3528/2016 della CORTE DI APPELLO DI BRESCIA in

data 11/1/2018;

udita la relazione del Consigliere Dott. Marina Meloni svolta nella

camera di consiglio della prima sezione civile in data 29/1/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Brescia con sentenza in data 11/1/2018, ha riconosciuto la sentenza straniera del Tribunale bosniaco limitatamente alla pronuncia di scioglimento degli effetti civili del matrimonio contratto dalla ricorrente con M.A. mentre, per quanto riguarda i figli della coppia As. e Al., in parziale accoglimento dell’appello incidentale del M. ha riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Brescia ed affidato in esclusiva al padre i figli minori della coppia ponendo a carico della ricorrente l’obbligo di versare al padre Euro 350,00 mensili per ciascun figlio.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione F.A. affidato a tre motivi e memoria. M.A. si è costituito con controricorso.

Il P.G. presso la Suprema Corte di Cassazione ha depositato requisitoria e chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 281 del 1995, art. 67 e art. 101 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto il giudice territoriale ha tenuto conto della sentenza del Tribunale di Zavidovici passata in giudicato solo limitatamente alla pronuncia di scioglimento degli effetti civili del matrimonio contratto dalla ricorrente con M.A. ma non per le statuizioni relativi alle figli cosicchè coesistono allo stato due pronunce contrastanti avendo l’autorità bosniaca affidato in via esclusiva i figli alla madre e quella italiana in via esclusiva al padre.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 281 del 1995, art. 65 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto il giudice territoriale ha applicato il regolamento Ce sebbene la Bosnia non faccia parte dell’Unione Europea.

Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la omessa e falsa applicazione di un fatto decisivo in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto che i minori non risiedevano in Italia al momento della pronuncia della sentenza ma erano stati portati in Bosnia subito dopo la sentenza del Tribunale di Zavidovici passata in giudicato e quindi lecitamente.

Il ricorso proposto è inammissibile.

La sentenza impugnata con ampia e congrua motivazione dà conto delle ragioni da cui deriva l’affidamento esclusivo al padre dei figli minori e cioè l’avvenuto trasferimento di questi ultimi in Bosnia senza il consenso del padre deciso dalla madre subito dopo la pronuncia della sentenza di primo grado.

La ricorrente censura l’omessa dichiarazione di nullità della sentenza straniera da parte della Corte di Appello senza cogliere tuttavia la ratio decidendi della sentenza impugnata che si è pronunciata sul punto escludendo la “inutilizzabilità” di tale decisione, per il fatto che la sentenza straniera era – in realtà – riconoscibile solo nella parte in cui pronuncia il divorzio, ma non anche nella parte in cui regola i rapporti genitori-figli. Del pari non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza la censura relativa al mancato espletamento della procedura di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 67 con mutamento del rito da sommario ad ordinario, laddove la decisione di appello ha rilevato che l’appellante non ha proposto un autonomo giudizio L. n. 218 del 1995, art. 67 a fronte della contestazione dell’appellato circa la riconoscibilità della sentenza bosniaca. La Corte territoriale ha, inoltre, motivatamente accertato – in conformità all’orientamento espresso da questa Corte (Cass. 8038/2011) che, in relazione al rapporto genitori-figli, manca il presupposto di cui all’art. 64, lett. a) (che presupporrebbe che il giudice bosniaco possa conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale proprio dell’ordinamento italiano), essendo la giurisdizione del giudice italiano fondata sull’art. 8 del Regolamento CE 2201/2003 (la Bosnia non fa parte della UE) che la radica sulla residenza abituale del minore, che in fatto la Corte ha accertato fosse in Italia alla data della domanda giudiziale). Sul punto la censura introduce valutazioni di merito.

La L. n. 218 del 1995, art. 65 infine, non è applicabile nella specie. Infatti la disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, così come desumibile dalla L. 31 maggio 1995, n. 218, non ha delineato un trattamento esclusivo e differenziato delle controversie sui rapporti di famiglia mediante l’art. 65, ma ha descritto, con l’art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale, riservato in sè alle sole sentenze, valido per tutti tipi di controversie, ivi comprese perciò quelle in tema di rapporti di famiglia. Rispetto ad un tale generale modello operativo, la legge ha affidato, poi, all’art. 65 la predisposizione di un meccanismo complementare più agile di riconoscimento (allargato alla più generale categoria dei “provvedimenti”) riservato all’esclusivo ambito delle materie della capacità delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità, il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della “non contrarietà all’ordine pubblico” e dell’avvenuto “rispetto dei diritti essenziali della difesa”, esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i “provvedimenti” in questione siano stati assunti dalle autorità dello Stato la cui legge sia quella richiamata dalle norme di conflitto (Cass. 17463/2013).

Del pari infondato è il terzo motivo di ricorso, oltre che mancante di autosufficienza. Infatti il motivo involge un accertamento riservato al giudice di merito e la ricorrente non offre alcuna documentazione dalla quale evincere la data di sottrazione dei minori nel senso da lei affermato.

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese di giudizio in favore del controricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente del doppio contributo unificato.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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