Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17092 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 17092 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 15832-2011 proposto da:
RISTORA ITALIA S.R.L.

IN LIQUIDAZIONE

(p.i.

03481620874), già FOOD ITALIA GROUP S.R.L., in
persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 10/07/2013

domiciliata in ROMA, VIA PESCAGLIA 71, presso
l’avvocato FERRARA C. FABRIZIO, che la rappresenta
2013

e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

658

contro

COMUNE DI GROTTAFERRATA (C.F. 02838140586), in

1

persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI 20,
presso l’avvocato PICOZZA PAOLO, che lo
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso;
controri corrente

avverso la sentenza n. 3794/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/04/2013 dal Consigliere
Dott. RENATO BERNABAI;
udito,

per

il

controricorrente,

l’Avvocato

GIANLUCA FUSCO, con delega, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito

il

P.M.,

in

persona

del

Sostituto

Procuratore Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato 1’8 settembre 2001 la Food
Italia Group s.r.I.- più tardi Ristora Italia s.r.I.- conveniva dinanzi al
Tribunale di Roma il comune di Grottaferrata, esponendo
– che con contratto stipulato il 15 febbraio 1999 l’ente pubblico
delle mense scolastiche;
– che il servizio era stato regolarmente svolto fino a quando, a
partire dalla fine dell’anno 2000, erano insorte gravi difficoltà nei
rapporti con il comune, che aveva posto in essere un
comportamento contrario agli obblighi di cooperazione e di buona
fede, sollevando contestazioni ingiustificate sulla qualità del
servizio, culminate con l’invio di una diffida al rispetto delle
condizioni igienico-sanitarie entro il termine di cinque giorni, cui
aveva fatto seguito la risoluzione del contratto;
– che tale atteggiamento era da mettere in relazione con il
mutamento del quadro politico e l’insediamento di un nuovo
sindaco e di una diversa giunta.
Tutto ciò premesso, chiedeva accertarsi l’inefficacia della
diffida intimatale dal sindaco, organo incompetente in materia, e
della successiva risoluzione contrattuale, con accertamento
dell’inadempienza del Comune di Grottaferrata e la conseguente
condanna al risarcimento del danno.
Costituitosi ritualmente, il comune di Grottaferrata contestava
le avverse pretese e svolgeva, a sua volta, domanda
riconvenzionale di accertamento dell’intercorsa risoluzione del
contratto e di condanna al ristoro dei danni.

1

le aveva rinnovato l’affidamento triennale del servizio di gestione

Con sentenza 11 settembre 2006 il Tribunale di Roma
rigettava la domanda principale e in accoglimento della
riconvenzionale dichiarava la risoluzione del contratto, rigettando,
peraltro, la domanda di danni, in quanto sprovvista di prova.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 27 settembre 2010
respingeva i successivi gravami

hinc et inde

proposti, con

compensazione delle spese di giudizio.
Motivava, per quanto ancora rilevante in questa sede,

che l’impresa si era resa inadempiente agli obblighi

previdenziali per vari mesi e omesso di presentare le denunce di
legge, senza mai regolarizzare la sua posizione, in violazione di
clausole del contratto;
– che tale violazione, era di per sé idonea a giustificare la
risoluzione, anche se appariva invece indimostrata la concorrente
allegazione della mediocre qualità del servizio reso.
Avverso la sentenza, non notificata, la Ristora Italia s.r.l.
proponeva ricorso per cassazione, articolato in otto motivi e
notificato il 7 giugno 2011.
Deduceva
1)

l’ultrapetizione nella conferma dell’accoglimento della

domanda riconvenzionale, fondata però su una

causa petendi

diversa da quella apprezzata dal giudice di primo grado, in assenza
di appello incidentale condizionato sul punto.
2) la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento al
principio della domanda:
3) la violazione del principio della domanda nel rigetto delle
richieste risarcitorie direttamente collegate all’inadempimento
contrattuale dell’ente committente;

2

4) ancora la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. per omessa
disamina del motivo di gravame concernente la domanda di
pagamento delle fatture insolute, su cui il tribunale non si era
pronunciato;
5) la carenza di motivazione del rigetto della domanda di

corrispettivo di pasti erogati nell’arco temporale di un quinquennio
a scolari non in possesso di buoni pasto;
6) la carenza di motivazione in ordine al rigetto della domanda
di pagamento dei maggiori oneri sostenuti per effetto della modifica
delle modalità di acquisizione dei buoni pasto;
7) la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la carenza di
motivazione nel mancato riconoscimento dei costi di pulizia
straordinaria;
8)

la violazione di legge nel regolamento delle spese

processuali.
Resisteva con controricorso il comune di Grottaferrata.
Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art.
378 cod. proc. civile.
All’udienza del 18 aprile 2013 il Procuratore generale e il
difensore del comune di Grottaferrata precisavano le rispettive
conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I primi due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto
relativi alla medesima censura di ultrapetizione, sono infondati.

3

condanna al pagamento della somma di euro 70.213,41, a titolo di

La domanda riconvenzionale del comune di Grottaferrata era
fondata su una duplice causa petendi: la carenza di qualità e
– quantità dei cibi somministrati ed il mancato versamento dei
contributi previdenziali. Il Tribunale di Roma ha accolto la
domanda, accertando il primo dei due inadempimenti allegati,

rimasta assorbita e poteva essere riproposta, quindi, a sostegno
della medesima domanda, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civile,
senza necessità di impugnazione incidentale, eventualmente
condizionata.
Ciò premesso, la corte territoriale ha dato atto che il comune
di Grottaferrata nel richiedere il rigetto del gravame principale della
Ristora Italia aveva esplicitamente richiamato x l’inadempimento
previdenziale, non menzionato dal primo giudice quale
decidendi

ratio

(cfr. sentenza pagg. 4,5), reiterando la domanda

assorbita. Non è dunque incorsa nel vizio di ultrapetizione nel
confermare la pronunzia del giudice di primo grado, pur fondandosi
sulla seconda causa petendi prospettata.
Il rigetto delle precedenti censure assorbe il terzo motivo, di
natura consequenziale, concernente la violazione del principio della
domanda nel rigetto delle richieste risarcitorie direttamente
collegate al preteso inadempimento contrattuale dell’ente
committente.
Anche il quarto motivo è infondato.
La risoluzione contrattuale per inadempimento dell’appaltatrice
del servizio importa il venir meno del diritto al pagamento delle
prestazioni. Né si può addurre, in contrario, il carattere continuativo
di queste ultime, ai sensi dell’art. 1458, primo comma, seconda

4

senza nulla dire del secondo. Ne consegue che la questione è

parte, dal momento che l’inadempimento rilevante ai fini della
risoluzione ( omessa contribuzione previdenziale), era già maturato
– nel corso della esecuzione delle prestazioni: pur se non per
l’insufficiente qualità dei pasti, parimenti lamentata dall’ente
committente. L’eventuale domanda restitutoria, per aestimationem,

quella di pagamento del corrispettivo previsto in contratto – che
presuppone, per contro, l’esatto adempimento del contratto sotto
ogni profilo – e non risulta essere stata proposta ritualmente dalla
Ristora Italia s.r.l.
Con il quinto motivo quest’ultima deduce la violazione del
principio dell’onere della prova, perché sarebbe spettato all’ente
committente di dimostrare l’adempimento della propria
obbligazione contrattuale del prezzo.
In realtà, il tribunale, in primo grado aveva rigettato tale
– domanda sotto il profilo che la documentazione prodotta non era
idonea a determinare l’eventuale residuo credito dell’appaltatrice e
che era quanto meno dubbio che vi fosse stato l’inadempimento
lamentato, stante la genericità delle deposizioni rese dai testi
escussi sul punto. La sentenza d’appello, con la motivazione
sintetica, e certo non inappuntabile, che l’impresa non aveva
provato che l’amministratore non avesse remunerato i pasti erogati
effettivamente agli scolari, ed in ogni caso il loro esatto numero, va
quindi integrata con la motivazione del primo giudice, non
emendata sul punto, a conferma della mancanza di prova certa del
fatto costitutivo del credito.

5

delle prestazioni comunque erogate, è oggettivamente diversa da

Il sesto e settimo motivo, con cui si deduce la carenza di
motivazione in ordine al rigetto della domanda di pagamento dei
– maggiori oneri affrontati nel corso del rapporto, si palesano
infondati alla luce della risoluzione del contratto; oltre che connotati
anche da valutazioni attinenti al merito che non possono trovare

Anche l’ultimo motivo, concernente la violazione di legge nella
compensazione delle spese processuali si palesa infondato, stante
la reciproca soccombenza.
Il ricorso dev’essere dunque rigettato l con la conseguente
condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in
dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e
complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione
delle spese di giudizio, liquidate in complessivi C
15.200,00, di cui C 15.000,00 per compenso, oltre gli
accessori di legge.

Roma, 18 Aprile 2013

ingresso in sede di legittimità.

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