Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17088 del 12/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 12/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 12/08/2016), n.17088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 376/2012 proposto da:

M.R., (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso l’avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SETTIMIO DI SALVO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI NAPOLI, (p.i. (OMISSIS)), in persona del Presidente

della Giunta pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PROPAGANDA 16, presso l’avvocato GENNARO FAMIGLIETTI, rappresentata

e difesa dall’avvocato ALDO DI FALCO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3596/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SETTIMIO DI SALVO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi secondo

e terzo ed il rigetto del primo motivo (ove non venga ritenuto

assorbito).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.R. convenne in giudizio la Provincia di Napoli, per sentirla condannare al risarcimento del danno per l’occupazione della sua proprietà, autorizzata con un decreto del 1981 per la sistemazione e l’ampliamento della strada provinciale (OMISSIS), e divenuta illegittima per l’avvenuta realizzazione della strada e per l’assenza di decreto ablativo. Il Tribunale adito accolse la domanda risarcitoria e condannò l’Ente al deposito dell’indennità di occupazione, ma decisione fu riformata dalla Corte d’Appello di Napoli, che, con sentenza in data 2.11.2010, osservò che: a) la determinazione dell’indennità di occupazione era intervenuta in ultrapetizione, avendo il proprietario lamentato, con l’atto introduttivo del giudizio, solo, il danno da perdita della proprietà; b) l’eccezione di prescrizione della domanda risarcitoria doveva ritenersi ritualmente proposta, ancorchè non fosse stato indicato il termine applicabile o la data del suo inizio, la cui individuazione spettava al giudice, e, nel merito, fondata, tenuto conto che i lavori erano stati ultimati il 21.4.1981 e la citazione introduttiva notificata il 19.10.1995, essendo, perciò, decorso il termine quinquennale, nella specie applicabile.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso M.R., affidato a tre mezzi, illustrati da memoria, ai quali la Provincia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2938 c.c., per avere la Corte territoriale accolto l’eccezione di prescrizione, che era stata proposta genericamente della Provincia, con una formula di stile. Non essendo rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 2938 c.c., sarebbe stato necessario, afferma il ricorrente, che la Provincia, che la aveva eccepita, avesse indicato sia il termine iniziale del suo decorso che la relativa scadenza: trattandosi di un’ipotesi di occupazione acquisitiva, la deduzione non poteva prescindere dall’indicazione della data in cui si era avuta l’irreversibile trasformazione del fondo.

2. Col secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione per essersi la sentenza discostata dalla più recente giurisprudenza che individua nei casi di mancata emissione del provvedimento di espropriazione un’ipotesi di illecito permanente.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in cui è incorsa la Corte napoletana nel ritenere non proposta la domanda indennitaria, senza valutare l’intero tenore dell’atto introduttivo del giudizio.

4. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità dei motivi pienamente autosufficienti, i primi due, da valutarsi congiuntamente, sono fondati per le seguenti considerazioni.

5. L’impugnata sentenza ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento del danno, qualificando, espressamente, il caso come un’occupazione appropriativa. Ma, tale istituto, di genesi pretoria, sorto a seguito della sentenza n. 1464 del 1983 delle Sezioni Unite di questa Corte, e successivamente variamente sviluppato e sempre applicato in giurisprudenza, è stato riconsiderato dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la sentenza n. 735 del 2015, hanno, invece, ritenuto il predetto istituto non conforme con il principio enunciato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo cui l’espropriazione deve sempre avvenire in “buona e debita forma”, e, pertanto, superando il pregresso indirizzo conservativo, lo hanno esattamente equiparato a quello della c.d. occupazione usurpativa (Cass. n. 1814 del 2000), caratterizzata dalla mancanza di dichiarazione di pubblica utilità e costituente un illecito a carattere permanente. In entrambi i casi, resta, dunque, esclusa l’acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, e va riconosciuto al proprietario – rimasto tale nonostante la manipolazione, illecita, del bene da parte dell’amministrazione – la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell’ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell’immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell’art. 2043 c.c.. Trattandosi, dunque, sempre, di un’ipotesi d’illecito permanente, lo stesso viene a cessare, solo, per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente.

6. Proprio tale richiesta è stata avanzata dal danneggiato sin dalla citazione introduttiva del giudizio, con la quale ha chiesto la tutela per equivalente; dovendo, appena, aggiungersi che il principio applicato nella sentenza impugnata era già stato superato da questa Corte (Cass. n. 8965 del 2014), che – cercando di elidere i punti di criticità della disciplina dell’istituto dell’occupazione acquisitiva rispetto all’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU – aveva affermato che il dies a quo del termine di prescrizione del danno inizia a decorrere non dalla data dell’irreversibile trasformazione (o se antecedente dalla scadenza del periodo dell’occupazione legittima), ma dal momento in cui l’azione dell’Amministrazione venga o possa essere percepita dal proprietario come danno ingiusto ed irreversibile, e che la prova del relativo dato incombe sull’Amministrazione stessa.

7. Anche il terzo motivo è fondato. L’impugnata sentenza dà atto che, costituendosi in appello, il danneggiato ha espressamente concluso per la conferma della sentenza di primo grado.

8. A tale stregua, ogni questione relativa alla contestata proposizione della domanda indennitaria, già in prime cure, appare superflua: la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere al suo esame in unico grado, in conformità della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “ove il Tribunale abbia disposto il risarcimento del danno da occupazione appropriativa e determinato l’indennità di occupazione legittima, siccome riguardo a quest’ultima è configurabile la competenza della Corte d’appello in unico grado, ben può, davanti a detto giudice, resistendo all’appello da altri proposto dall’occupante avverso la statuizione concernente l’indennità, per l’incompetenza del Tribunale, contestualmente riproporsi domanda per la determinazione dell’indennità, per la quale, non essendo richiesta la forma dell’appello incidentale, è sufficiente la richiesta di conferma della sentenza del primo giudice” (cfr. Cass. n. 14687 del 2007; n. 25966 del 2009).

9. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione anche, per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2016

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