Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17082 del 12/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 12/08/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 12/08/2016), n.17082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1654/2011 proposto da:

D.B.N. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso l’avvocato VALERIA BISCARDI,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO MOLIMPO S.R.L. (p.i. (OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LARINO, depositato il 26/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. – Con decreto del 26 ottobre 2010 il Tribunale di Larino ha respinto il reclamo proposto ai sensi della L. Fall., art. 26, dall’avvocato D.B.N. nei confronti del Fallimento Molimpo S.r.l. contro il decreto del 12 agosto 2010 con il quale il giudice delegato aveva liquidato in suo favore il complessivo importo di Euro 4.089,14 (di cui Euro 89,14 per esborsi ed il resto per diritti ed onorari) a titolo di compenso per la redazione e successiva notificazione di quattro atti di precetto.

Ha osservato il Tribunale:

-) che, secondo la tesi del D.B., dopo la iniziale intimazione di due precetti, l’uno all’amministratore unico della società poi fallita, l’altro ai soci della stessa società, essi avevano dovuto essere reiterati, a causa del fatto che gli intimati, ricevuti detti iniziali precetti, avevano avanzato una proposta transattiva rimasta però senza esito, con conseguente perenzione dei precetti medesimi per lo spirare del loro termine di efficacia;

-) che, secondo lo stesso D.B., neppure i successivi precetti avevano potuto essere coltivati per essere medio tempore emersa una situazione di insolvibilità dei debitori;

-) che dalla documentazione versata in atti e dalla stessa ricostruzione dei fatti prospettata dall’opponente emergeva che la reiterazione dei precetti era stata effettuata senza ragione;

-) che, difatti, non vi era prova che i termini di efficacia dei precetti inizialmente intimati fossero scaduti in pendenza di serie trattative di bonario componimento della lite;

-) che neppure era stata fornita dimostrazione del fatto che le notizie negative concernenti la solvibilità dei debitori non potessero essere acquisite prima di detta reiterazione.

p.2. – Per la cassazione del decreto pronunciato in sede di reclamo D.B.N. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Il Fallimento Molimpo S.r.l. non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. – Il ricorso contiene due motivi.

3.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione della L. 13 giugno 1942, n. 749, art. 24, e la D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè dei principi in materia di determinazione e liquidazione dei diritti, onorari e spese di avvocato. Inesistenza di motivazione in punto di calcolo degli onorari e rimborso delle spese vive anticipate”.

Si ricorda nel motivo che il giudice fallimentare soggiace, nella liquidazione del compenso al difensore del fallimento, all’osservanza della tariffa professionale, in conformità della quale e D.B. aveva formulato la propria parcella per un importo complessivo, riferito ad entrambi i precetti, di Euro 7.745,32.

Si aggiunge che il decreto del giudice delegato, confermato in sede di reclamo, avrebbe violato la tariffa, discostandosi peraltro da essa in totale mancanza di motivazione.

p.3.2. – Il secondo motivo è svolto sotto la rubrica: “Mancanza di motivazione per inidoneità delle argomentazioni a rilevare la ratio decidendi (motivazione apparente), e comunque fra loro logicamente inconciliabili e/o perplesse od obiettivamente incomprensibili, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe svolto argomenti contraddittori, confusi e incomprensibili, avendo per un verso ritenuto che non fosse provata l’esigenza ed utilità di reiterazione dei due precetti e per altro verso riconoscendo che anche il compenso per la reiterazione di essa era dovuto.

Si aggiunge inoltre che il Tribunale, procedendo ai sensi dell’art. 738 c.p.c., comma 3, avrebbe assunto informazioni direttamente dal curatore presente all’udienza del 19 ottobre 2010, il quale avrebbe confermato l’esistenza di proposte transattive da parte dei debitori e che le informazioni sulle negative condizioni patrimoniali erano emerse successivamente alla notifica degli ultimi precetti.

p.4. – Il ricorso è inammissibile.

p.4.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

Esso, infatti, omette totalmente di cimentarsi con la ratio decidendi posta dal Tribunale a conferma del decreto del giudice delegato, ratio decidendi compendiata in ciò, che il D.B. non aveva comprovato nè che la reiterazione dei precetti fosse stata motivata da una ragionevole scelta di soprassedere all’inizio dell’esecuzione forzata in conseguenza di serie trattative intavolate tra le parti, nè che la sostanziale insolvibilità dei debitori, tale da rendere inutile il coltivare i precetti intimati in reiterazione, fosse emersa solo dopo di essa, e non potesse essere accertata – con conseguente risparmio di una spesa inutile – prima di procedere alla seconda precettazione.

E va da sè che, svolgendo generiche considerazioni in ordine all’efficacia cogente della tariffa professionale ed agli obblighi motivazionali ai quali il giudice è soggetto ove voglia discostarsi dalla parcella dell’avvocato, senza misurarsi con la motivazione svolta nel provvedimento impugnato, la doglianza manca dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 360 c.p.c. (v. p. es. Cass. 22 settembre 2014, n. 19959), ossia di idoneità, valutata in astratto ed ex ante, a demolire l’impalcatura su cui tale provvedimento si fonda.

p.4.2. – Il secondo motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.

Esso è infondato nella parte in cui denuncia il carattere di mera apparenza ed insanabile contraddittorietà della motivazione posta a sostegno del decreto di rigetto del reclamo proposto dal D.B..

Quanto alla mera apparenza della motivazione, il Tribunale, lungi dal limitarsi a stabilire la regola del caso concreto fondandola sul mero rinvio a precedenti o a massime giurisprudenziali o ad atti o a risultanze istruttorie richiamate in modo generico ed acritico e non riconducibili in modo immediatamente comprensibile alla fattispecie controversa, così da impedire l’identificazione stessa della ratio decidendi, ha spiegato in modo chiaro e lineare le ragioni della decisione adottata: ragioni riassumibili come si è visto in ciò, che il professionista, con la reiterazione dei due iniziali precetti, aveva svolto per propria iniziativa un’attività processuale priva di qualunque utilità.

Quanto alla contraddittorietà, è vero che il Tribunale, nel confermare il provvedimento del giudice delegato, ha in definitiva riconosciuto al D.B. un quid anche per la reiterazione dei precetti: ma in ciò nessuna contraddittorietà, tale da inficiare la motivazione del provvedimento, può essere rilevata, sol che si consideri che la liquidazione operata dal giudice delegato era stata reclamata soltanto dal D.B., e non dal Fallimento, sicchè essa certo non avrebbe potuto essere ridimensionata senza violare la regola di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c..

Il motivo è invece inammissibile per totale difetto del requisito di autosufficienza nella parte in cui sostiene che lo svolgimento delle trattative con i debitori e l’emersione delle loro condizioni economiche, tali da renderle insolvibili, sarebbero emerse dopo la seconda notificazione dei precetti.

Ed infatti non si comprende dalla formulazione della censura quali informazioni il Tribunale avrebbe richiesto ed in qual modo, nè come il Curatore abbia ammesso le circostanze in discorso.

p.5. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento resistente, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre Iva e quant’altro dovuto per legge.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2016

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