Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17081 del 10/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17081 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 28126-2011 proposto da:
MANCINI GIUSEPPE MNCGPP67A04A271A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 9, presso lo studio
dell’avvocato MORRONE VITTORIO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DI PIETROPAOLO CLAUDIO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
SOCIETA’ COOPERATIVA FILIPPO ALBERGHINA A RL. IN
LCA in persona dei Commissari Liquidatori, elettivamente domiciliata
in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato MITTIGA ZANDRI PATRIZIA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato COSENTINO ANTONELLA, giusta
procura in calce al controricorso;

(Pc’ky/

.13

Data pubblicazione: 10/07/2013

- controricotrente nonchè contro
SANFELICE 1893 BANCA POPOLARE SOC. COOP P.A.,
VESTA FINANCE SRL;

avverso il provvedimento n. 3671/2011 del TRIBUNALE di
BOLOGNA del 15.9.2011, depositata il 16/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA.

Ric. 2011 n. 28126 sez. M3 – ud. 05-06-2013
-2-

– intimate –

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. Con ricorso ex art. 617 cod. proc. civ. Giuseppe Mancini, creditore
procedente nei confronti della soc. coop. Filippo Alberghina a r.l. posta in
liquidazione coatta amministrativa in pendenza della esecuzione immobiliare a suo
carico (R.G.E. 329/2007) innanzi al Tribunale di Bologna, chiedeva

dell’improcedibilità dell’esecuzione individuale, previa pronuncia della sospensione
dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e l’adozione degli altri
necessari e opportuni provvedimenti consequenziali.
Costituitasi la soc. coop. Filippo Alberghina a r.l. in 1.c.a., che resisteva
all’opposizione, nonché le creditrici Sanfelice 1983 Banca Popolare soc. coop. p.a.
e Vesta Finance s.r.l. (la prima per rimettersi alla decisione del giudice, la seconda
per chiedere la revoca del medesimo provvedimento), con ordinanza in data
16.09.2011 il G.E. del Tribunale di Bologna rigettava la richiesta di sospensione,
compensando integralmente le spese di lite.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso straordinario Giuseppe
Mancini formulando un unico motivo.
La soc. coop. Filippo Alberghina a r.l. in 1.c.a. ha resistito con controricorso,
deducendo l’inammissibilità del ricorso straordinario
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte della Sanfelice 1983 Banca
Popolare soc. coop. p.a. e della Vesta Finance s.r.l.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato
inammissibile.
4. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione di legge in relazione
agli artt. 617 co.2 e 618 co. 1 e 2 cod. proc. civ., sul presupposto dell’abnormità del
provvedimento, avente natura sostanziale di sentenza, in considerazione

Rel. d

3

l’annullamento dell’ordinanza del G.E. in data 10.02.2011 dichiarativa

dell’omessa fissazione di un termine per la proposizione del giudizio di merito e
della regolazione delle spese.
4.1. Il ricorso appare inammissibile perché proposto contro un provvedimento
che in alcun modo può essere qualificato sentenza agli effetti dell’art. 111, comma
7 Cost.. Invero costituisce ius recepturn che sono impugnabili con ricorso
straordinario per Cassazione, i provvedimenti pronunciati dagli organi

natura di decisione, perché giudicano in ordine a situazioni di diritto sostanziale
delle parti e, perciò, presentano attitudine alla formazione del giudicato, e sono
definitivi, nel senso di non essere soggetti secondo la legge a riesame, né da parte
del giudice che li ha emessi, né da parte di altro giudice.
4.2. Orbene i provvedimenti che il giudice del tribunale, quale giudice
dell’esecuzione, adotta, di norma, con la forma dell’ordinanza, secondo quanto
previsto dall’art. 487 cod. proc. civ., non presentano tutti e due i caratteri prima
indicati, posto che — quand’anche intervenienti su situazioni di diritto soggettivo —
non statuiscono su di esse e in particolare mancano di quello della definitività: ciò,
in quanto l’art. 487, comma 1, cod. proc. civ. prevede che lo stesso giudice possa
modificarli o revocarli sino a che non siano stati eseguiti; perché le ordinanze, che
dichiarano l’estinzione o rigettano la relativa eccezione, sono soggette a reclamo
che è deciso con sentenza (art. 630, comma 3, cod. proc. civ.); perché anche i
provvedimenti sulla sospensione, positivi o negativi che siano, adottabili
nell’ambito di opposizioni esecutive ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 cod. proc.
civ. sono soggetti a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies in forza del richiamo, da
parte dell’art. 624 c.p.c., coma 4, al comma 2, della stessa norma (cfr. Cass. ord.
n. 11243 del 2010); perché infine e, in linea generale, il sistema di controllo dei
provvedimenti del giudice dell’esecuzione è garantito, come avverso ogni atto
esecutivo, attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod.
proc. civ..

Rel. dott.

4

giurisdizionali, che, sebbene non qualificati dalla legge come sentenze, hanno

Si rammenta che è stato più volte evidenziato da questa Corte, in fattispecie
analoghe a quelle in esame, come non sia consentito all’interprete discostarsi dal
modello normativamente delineato, adottando forme ritenute più idonee o
convenienti ed è stato, quindi, affermato il principio, secondo cui in mancanza dei
requisiti formali e sostanziali richiesti per le sentenze, nonché (come nella specie)
in caso di provenienza da un giudice – quello dell’esecuzione – al quale le legge non

procedimento, il provvedimento adottato non può avere portata maggiore di
quella propria dell’atto esecutivo, contro il quale non è esperibile, a pena di
inammissibilità, il rimedio dell’immediato ricorso per cassazione (Cass. 6 aprile
2006, n. 8113).
4.3. Nel caso di specie la decisione impugnata risulta assunta nella forma
dell’ordinanza riservata; “la richiesta”, sulla quale il G.E. si era riservato di
provvedere e che ha, quindi, rigettato con il provvedimento all’esame, è quella “di

sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”,

risultando, in tale

prospettiva, la valutazione dell’infondatezza dei motivi di opposizione svolta
esclusivamente in funzione dell’eventuale emissione dei provvedimenti
indilazionabili e urgenti.
In sostanza — vertendosi in materia di opposizione agli atti esecutivi, secondo la
qualificazione contenuta nel provvedimento impugnato — il provvedimento deve
ritenersi assunto in quella fase della procedura esecutiva, prevista dal comma 2
dell’art. 618 cod. proc. civ., nella quale il giudice dell’esecuzione (nel testo
risultante dalle modifiche operate dalla legge 24-2-2006, n. 52, qui applicabile) “dà

con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilnionabili ovvero sospende la procedura”.
Ne consegue che, in ragione del momento dell’opposizione in cui venne
emesso, il provvedimento all’esame avrebbe dovuto essere impugnato con il
reclamo, non già con il ricorso straordinario per cassazione, dovendo respingersi
perché non costituzionalmente orientata, un’interpretazione della norma che,
nell’ambito dell’opposizione agli atti esecutivi, riconoscesse la reclamabilità del

Rel. dott. A.

5

conferisce il potere di emettere provvedimenti definitivi di chiusura del

provvedimento ai sensi dell’art. 624 co.2 cod. proc. civ. al solo il provvedimento
concessivo della sospensione dell’esecuzione e non anche quello negativo di essa.
4.4. Valga altresì considerare che il sistema introdotto dalla legge 24-2-2006, n.
52, ha innovato le modalità di evoluzione delle opposizione esecutive verso la
cognizione piena, posto che — a differenza che nel sistema previgente in cui era lo
stesso giudice dell’esecuzione che provvedeva all’istruzione della causa di

dell’opposizione all’esecuzione di competenza di diverso ufficio giudiziario) —
risulta escluso qualsivoglia automatismo, prevedendo gli “attuali” art.616 e 618
cod. proc. civ. che il giudice dell’esecuzione — adottati o meno i provvedimenti
indilazionabili ovvero disposta la sospensione dell’esecuzione — fissi un termine
perentorio «per l’introdnione del giudkio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della
parte interessata ( ..)» e valorizzando l’art. 186 bis att. cod. proc. civ. la “cesura” tra la
fase “cautelare” e il merito dell’opposizione, con la previsione che il giudizio di
opposizione agli atti esecutivi sia trattato “da un magistrato diverso da quello che ha
conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposkione”.
Insomma il provvedimento all’esame è stato assunto, nell’ambito del processo
di esecuzione, in una fase in cui al giudice di quel processo è assegnata una potestas
di tipo cautelare (di sospensione dell’esecuzione o, in genere, in caso di
opposizione ex art.617 cod. proc. civ., di pronuncia dei provvedimenti
indilazionabili) e, più esattamente, in una fase procedimentale inidonea a dare
luogo ad una decisione definitiva, risultando questa condizionata alla preventiva
instaurazione del giudizio di merito, di modo che è da escludere che il
provvedimento stesso – per quanto irrituale per l’omessa fissazione del termine di
introduzione del giudizio di merito e la regolazione delle spese — possa assumere il
carattere della definitività e decisorietà.
In tale prospettiva è stato affermato che nell’ipotesi (come quella di cui trattasi)
in cui il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento positivo o negativo della
tutela emessa a chiusura della fase sommaria delle opposizioni di cui agli artt. 615,

Rel. dott. A.

6

opposizione a norma degli artt. 175 e segg. cod. proc. civ. (salvo il caso

secondo comma, 617 e 619 cod. proc. civ., ometta di fissare il termine per
l’introduzione del giudizio di merito (o – nelle opposizioni ex art. 615 e 619) per la
riassunzione davanti al giudice competente, la parte interessata, tanto se vi sia
provvedimento sulle spese quanto se manchi, può alternativamente o chiedere al
giudice dell’esecuzione la fissazione del termine con istanza ai sensi dell’art. 289
cod. proc. civ. nel termine perentorio previsto dalla detta norma o introdurre o

esclusa comunque l’esperibilità contro l’irrituale provvedimento del ricorso in
cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. (Cass. civ., Sez. III,
24/10/2011, n. 22033)»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio osserva che, in prossimità dell’adunanza camerale, parte ricorrente ha
rinunciato al ricorso con atto sottoscritto anche dai difensori e che la rinuncia è
stata accettata da parte resistente, come da atto sottoscritto dai commissari
liquidatori e dai difensori.
Non resta che dichiarare estinto il giudizio di cassazione con compensazione
delle relative spese, giusta richiesta delle parti.
P . Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione e compensa interamente tra le
parti costituite le relative spese.
Roma 5 giugno 2013

riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito sempre nel detto termine, restando

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