Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17079 del 11/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/07/2017, (ud. 09/05/2017, dep.11/07/2017),  n. 17079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7885/2015 proposto da:

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE AGRIGENTO, in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. F.S.L.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A REGOLO 19, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE MASSIMO CANNELLA, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

LABORATORIO DI ANALISI CLINICHE DOTTRI C. C. B. M. SNC,

domiciliato ex lege presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE LO GIUDICE giusta

procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1488/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 23/9/2014, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dal Laboratorio di Analisi Cliniche dei dott.ri C. C. e B. M. s.n.c. per il pagamento di corrispettivi riferiti a prestazioni sanitarie eseguite dalla società ricorrente per conto dell’azienda sanitaria locale ingiunta;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha ritenuto infondate le ragioni di doglianza avanzate dall’azienda sanitaria in sede di opposizione circa il difetto di liquidità ed esigibilità del credito vantato dalla società avversaria, atteso che, seppure la società istante aveva proposto il ricorso per decreto ingiuntivo prima della scadenza del termine previsto (dalla normativa applicabile), in favore dell’amministrazione sanitaria, ai fini della liquidazione dei compensi richiesti, detta scadenza era comunque intervenuta prima dell’emissione del decreto ingiuntivo, senza che l’azienda ingiunta avesse provveduto al pagamento di quanto incontestatamente dovuto;

che, avverso la sentenza d’appello, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria;

che il Laboratorio di Analisi Cliniche dei dott.ri C. C. e B. M. s.n.c. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del Decreto Assessoriale della Regione siciliana 21 dicembre 2005, nonchè dell’art. 113 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale trascurato di tener conto dell’insussistenza dell’avverso credito, avendo la società avversaria superato, con la mensilità di settembre 2006, il budget complessivo assegnatogli, con la conseguenza che, a norma dell’art. 5 del Decreto Assessoriale richiamato, alle prestazioni riferite ai successivi periodi (come quelle oggetto dell’odierno giudizio) avrebbe dovuto essere applicata la prevista regressione tariffaria;

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame del Decreto Assessoriale della Regione siciliana 21 dicembre 2005, art. 5 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale trascurato di tener conto della ricondu-cibilità, delle prestazioni per le quali la società avversaria aveva invocato il pagamento del credito rivendicato, alla regressione tariffaria prevista dall’art. 5 cit., avendo detta società superato, con la mensilità di settembre 2006, il budget assegnato in suo favore;

che entrambi i motivi sono inammissibili;

che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), la ricorrente si sia sostanzialmente spinta a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;

che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione della norma richiamata (Decreto Assessoriale della Regione siciliana 21 dicembre 2005, art. 5) sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente l’Azienda ricorrente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, quanto al profilo concernente il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, la stessa si è spinta a delineare i tratti di un vaglio di legittimità esteso al riscontro di pretese omissioni contabili, secondo uno schema argomentativo del tutto inidoneo a soddisfare i requisiti imposti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, altresì in totale assenza di adeguate allegazioni documentali e argomentative indispensabili ai fini dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4;

che sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata l’inammissibilità del ricorso, dev’essere disposta la condanna dell’Azienda sanitaria ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2017

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