Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17079 del 10/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17079 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 24306-2011 proposto da:
ZITARELLI MARIA LAURA ZTLMRL72P66H501Q, elettivamente
domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato CONTE ILLUMINATA, giusta
procura speciale alle liti per atto notaio Alfonsina Capalbo di Roma, in
data 7.10.2011, n. rep. 25713, che viene allegata in atti;

– ricorrente –

Contro
BURGARETTA

SALVATORE

BRGSVT46R23H501B,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GALLIA 2, presso lo
STUDIO LEGALE ASSOCIATO BERTI, rappresentato e difeso
dall’avvocato BERTI CESARE, giusta delega a margine del
controricorso e ricorso incidentale;

– controrkorrente e ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 10/07/2013

- ricorrenti incidentali avverso la sentenza n. 1927/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 4.5.2010, depositata il 13/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA

udito per la ricorrente l’Avvocato Illuminata Conte che si riporta agli
scritti
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 24306 sez. M3 – ud. 05-06-2013
-2-

AMBROSIO;

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. Con sentenza in data 13.10.2010 la Corte di appello di Roma — decidendo
sugli appelli proposti, rispettivamente, in via principale da Maria Laura Zitarelli e
in via incidentale da Salvatore Burgaretta avverso la sentenza n. 3682/2008 resa in
materia di locazione dal Tribunale di Roma — ha dichiarato improcedibile l’appello

le spese del grado.
La Corte territoriale ha motivato il rilievo di ufficio dell’improcedibilità
dell’appello — con consequenziale inammissibilità dell’appello incidentale tardivo sulla base del mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto dall’art. 435 co.
2 cod. proc. civ., posto che la notifica, del ricorso e del decreto presidenziale di
fissazione dell’udienza di discussione, era stata effettuata solo successivamente alla
scadenza di detto termine; ha, in particolare, richiamato la decisione delle SS.UU.
n. 20604 dei 2008, sostenendo che, pur trattandosi di termine ordinatorio,
l’avvenuta scadenza, senza richiesta di proroga, determina conseguenze analoghe a
quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio, quali la non sanabilità della
violazione del termine e la sua rilevabilità d’ufficio.
2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione Maria Laura
Zitarelli formulando un unico motivo.
Salvatore Burgaretta si è costituito con controricorso, proponendo altresì
ricorso incidentale affidato a due motivi.
3. I ricorsi, che vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., possono
essere trattati in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375
cod. proc. civ., in quanto appaiono destinati ad essere accolti.
4.

Con l’unico motivo di ricorso principale si denuncia: violazione e falsa

applicazione dell’art. 435 comma 2 cod. proc. civ..
Dal canto suo il ricorrente incidentale — associandosi alle motivazioni a
sostegno del ricorso principale — denuncia: a) violazione e falsa applicazione

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principale e inammissibile quello incidentale e interamente compensate tra le parti

dell’art. 435 comma 2 cod. proc. civ.; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 334
co. 1 cod. proc. civ..
4.1. Manifestamente fondata è la congiunta denuncia delle parti di violazione
dell’art. 435 co. 2 cod. proc. civ. alla luce del principio ripetutamente affermato da
questa Corte, secondo cui nel rito del lavoro e, conseguentemente, nel c.d. rito
locatizio, al quale 447 bis cod. proc. civ. estende le sue norme in quanto applicabili,

del decreto di fissazione dell’udienza di discussione (art. 435, comma 2, c.p.c.) non
è perentorio e, pertanto, la sua inosservanza non comporta decadenza, sempre che
resti garantito all’appellato lo .spatium deliberandi non inferiore a venticinque giorni
prima dell’udienza di discussione della causa (art. 435, comma 3, c.p.c.), perché egli
possa apprestare le proprie difese (Cass. 14 luglio 2011, n. 15590; 15 ottobre 2010,
n. 21358). Invero — come evidenziato in specie nella sentenza n.21358/2010 —
l’art. 435 c.p.c., comma 2, alla stregua del quale “l’appellante, nei dieci giorni successivi al
deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato”, deve essere
letto ed interpretato in relazione al contenuto del successivo comma 3 dello stesso
articolo, alla stregua del quale “tra la data di notificazione all’appellato e quella
dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni Il che
evidenzia come lo stesso legislatore, nel porre il suddetto termine (ordinatorio) di
cui al comma 2, abbia disciplinato le conseguenze di una eventuale inosservanza di
tale termine, prevedendo, in buona sostanza, al comma 3, che la notifica effettuata
mantiene i suoi effetti, anche in caso di mancato rispetto del termine di cui al
comma precedente, allorchè tra la data di notificazione e quella dell’udienza
permanga un termine non inferiore a venticinque giorni. In altri termini appare
chiaro, dal complesso dei due commi della disposizione all’esame, che il legislatore
ha regolato normativamente le conseguenze della inosservanza del termine di cui
al comma 2, prevedendo in via generalizzata il permanere degli effetti della
compiuta notifica nell’ipotesi prevista dal comma 3, in tal modo superando – alla
stregua delle stesse previsioni codicistiche – la necessità di uno specifico

Rel. do

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il termine di dieci giorni assegnato all’appellante per la notificazione del ricorso e

provvedimento autorizzatmio o di proroga da parte del giudice prima della
scadenza del stesso termine.
4.2. Non contrasta con quanto sopra il principio affermato dalle SS.UU. con
sentenza n. 20604 del 2008, richiamata nella decisione impugnata, posto che esso
si riferisce alle sole ipotesi idonee a comportare un effettivo allungamento del
processo, potenzialmente attribuibile a negligenza della parte attrice, di inesistenza,

di contestuale violazione del termine dilatorio di cui al comma 2 dell’art. 435 cod.
proc. civ. e del termine a tutela del diritto di difesa del resistente fissato dal
successivo terzo comma dello stesso articolo; ne deriva l’inapplicabilità di detto
principio al caso in esame, in cui la notificazione del ricorso e del decreto
dell’udienza in appello è avvenuta nel rispetto del termine dilatorio di cui al
comma 3 del cit. art. 435 cod. proc. civ..
4.3. La non riferibilità della sentenza delle SS.UU. del 2008 all’ipotesi di ritardo
della notificazione nel rispetto tuttavia del termine posto a tutela di controparte
dell’art. 435 c.p.c., comma 3, si evince dalla circostanza che il richiamo operato
nella predetta sentenza all’art. 111 Cost., comma 2, nel testo novellato dalla L. 23
novembre 1999, n. 2, ed alla regola della “ragionevole durata” del processo, non si
attaglia in alcun modo a fattispecie come quella all’esame in cui pacificamente la
notifica, ancorchè in ritardo rispetto al termine di gg. 10 di cui al comma 2 della
norma, è avvenuta entro un termine tale, rispetto a quello dell’udienza di
comparizione fissata dal presidente, da garantire all’altra parte il necessario .spatium
deliberandi.
Peraltro la non pertinenza della decisione delle SS.UU., rispetto alla questione
di diritto in esame, risulta confermata anche dalla Corte costituzionale (ordinanza
n. 60 del 2010), che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 435 c.p.c., prospettata sulla base della suddetta
decisione, per evidente erroneità del presupposto interpretativo.4

Rel. dott. A

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giuridica o di fatto, della notificazione del ricorso e del decreto e, cioè, ad ipotesi

Merita aggiungere che, da ultimo, la Corte Costituzionale con ordinanza n.253
del 2012 — nel dichiarare la manifesta infondatezza della q.l.c. dell’articolo 435
comma 2 cod. proc. civ. sollevata proprio dalla Corte di appello di Roma in
riferimento all’art. 111 Cost. con riguardo all’interpretazione della norma, sopra
esposta e assunta a “diritto vivente” — ha evidenziato che la norma, nella
interpretazione censurata dal collegio rimettente, lungi dal violare la parità delle

difesa. Con il risultato di tutelare, all’un tempo, l’interesse dell’appellante —
impedendo che la sola violazione del termine ordinatorio in questione determini
l’improcedibilità del gravame — e quello dell’appellato, cui resta comunque
garantito un termine a comparire sufficiente ad apprestare le proprie difese.
5. Strettamente conseguenziale è raccoglimento del secondo motivo di ricorso
incidentale, dal momento che la statuizione di inammissibilità dell’appello
incidentale è stata emessa sul presupposto (non esatto) dell’improcedibilità
dell’appello principale.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
In conclusione vanno accolti sia il ricorso principale che quello incidentale; ciò
comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di appello di
Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, li accoglie entrambi; cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di
appello di Roma in diversa composizione.
Roma 5 giugno 2013
IL PRESIDENTE

parti, è finalizzata, invece, a realizzarla sul piano del reciproco diritto di azione e di

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