Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17077 del 10/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17077 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 22506-2011 proposto da:
MARINELLI MARIA MADDALENA, AMMATURO MICHELE
MMTMHL30B14D761X, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato ANNESE PIETRO,
che li rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
PETRACHI BENEDETTO PTRBDT53D22E506P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RINASCIMENTO 11, presso lo studio
dell’avvocato PELLEGRINO GIOVANNI, rappresentato e difeso
dagli avvocati CAMPANELLI MARIA DOMENICA, RINA
VITTORIO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 10/07/2013

avverso la sentenza n. 68/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 10.11.2010, depositata il 31/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBR OSIO;

del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Campanelli Maria Domenica
che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 22506 sez. M3 – ud. 05-06-2013
-2-

udito per i ricorrenti l’Avvocato Pietro Annese che si riporta ai motivi

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1. Con sentenza n. 108/2009 il Tribunale di Brindisi accoglieva, per quanto di
ragione, la domanda proposta da Michele Ammaturo e Maria Maddalena Marinelli
nei confronti del notaio Benedetto Petrachi per il risarcimento del danno
conseguente alla mancata annotazione di un atto di costituzione di fondo

pagamento della somma di € 100.239,17, corrispondente alla somma versata dagli
attori per liberare il bene oggetto dalla convenzione dal pignoramento su di esso
trascritto in seguito alla mancata annotazione.
Con sentenza n. 68/2011 la Corte di appello di Lecce — in accoglimento
dell’appello proposto da Benedetto Petrachi — in totale riforma della sentenza
impugnata, rigettava la domanda attrice, compensando le spese processuali.
La Corte territoriale, pur confermando le valutazioni del primo giudice in
punto di inadempimento contrattuale del notaio, non riteneva raggiunta la prova
del danno; in particolare, precisava che il danno ingiusto, conseguente
all’inadempimento del notaio, non poteva individuarsi nell’esborso effettuato dagli
attori a tacitazione dei loro creditori (esborso, peraltro, tardivamente documentato
sulla base di assegni che andavano espunti dal materiale probatorio, perché
prodotti oltre il termine concesso per l’articolazione dei mezzi istruttori e in forza
della rimessione sul ruolo istruttorio della causa dopo il passaggio in decisione, su
irrituale sollecitazione del giudice) e — ritenuto invece che il danno eziologicamente
riconducibile alla mancata annotazione della convenzione, dovesse identificarsi, in
considerazione della finalità del fondo, con quello conseguente alla sottrazione ai
bisogni della famiglia dei beni costituiti in fondo patrimoniale — evidenziava come
sul punto fosse mancata qualsiasi allegazione da parte degli originari attori.
2. Avverso detta decisione hanno proposto ricorso per cassazione Michele
Ammaturo e Maria Maddalena Marinelli formulando due motivi.
Benedetto Petrachi ha resistito con controricorso.

Rel. dott.

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patrimoniale rogato dal convenuto e, per l’effetto, condannava il convenuto al

3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.
4. Con i motivi di ricorso si denuncia:
a) violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 1362 e segg. 2697
e segg., 2729 cod. civ., 112, 115 e 191 cod. proc. civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.) e
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e

e/o allegazione di un danno quale conseguenza dell’accertata responsabilità
professionale del notaio rogante riguardo all’omessa annotazione dell’atto
pubblico costitutivo del fondo patrimoniale tra coniugi (artt.162 cod. civ. e 34
disp. att. cod. civ.); a parere dei ricorrenti tale danno andava individuato nello
stesso atto di pignoramento, eseguito sul bene oggetto della convenzione, in
conseguenza della mancata annotazione, e nei successivi atti di intervento,
identificandosi con il valore del bene secondo la stima operata dal c.t.u. nella
relativa procedura esecutiva (secondo la principale richiesta svolta in primo grado)
ovvero nell’importo degli assegni, in quanto la somma versata per evitare la
vendita forzata aveva lasciato certamente insoddisfatti comprensibili bisogni
famigliari;
b) insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) con espresso riferimento alle
valutazioni compiute dal primo giudice tra il tipo di inadempimento ascrivibile al
notaio e il danno risarcito in prime cure e segnatamente per non avere tenuto
conto il giudice del gravame che la liberazione degli immobili dal pignoramento
era inevitabilmente correlata all’estinzione dei diritti di credito e ai conseguenti
disagi patiti.
4.1. I due motivi, che si esaminano congiuntamente per la stretta connessione,
risultano al limite dell’inammissibilità e vanno comunque rigettati, atteso che:
innanzitutto parte ricorrente — genericamente richiamando il valore di stima del
bene pignorato e l’importo degli assegni corrisposti anche «a ridosso della costituzione

Rel. do

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decisivo per il giudizio (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) per avere escluso la sussistenza

in giudkio degli attori» – non ha assolto l’onere di cui all’art. 366 n.6 cod. proc. civ.,
dal momento che la norma, secondo l’interpretazione patrocinata dalle Sezioni
Unite di questa Corte (cfr. sentenze 2 dicembre 2008, n. 28547 e 25 marzo 2010,
n. 7161), ponendo come requisito di ammissibilità «la Jpecifica indictkione degli atti
processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda»,
richiede la specificazione della loro avvenuta produzione in sede di legittimità,

in cui gli atti o documenti evocati sono rinvenibili;
in ogni caso il riferimento al suddetto “valore di stima” del bene pignorato non
è conducente in considerazione del giudicato interno sul rigetto della principale
domanda attrice intesa al risarcimento del danno in misura corrispondente a tale
((

valore”, non risultando proposto appello incidentale sul punto;
altrettanto non conducente è il riferimento agli esborsi effettuati per liberare il

bene oggetto della convenzione dal vincolo del pignoramento, in considerazione
della rilevata irritualità della produzione documentale, dichiaratamente “espunta”
dalle acquisizioni probatorie, con statuizione che non è oggetto di specifica
censura in questa sede;
meramente assertiva è la deduzione della certa sottrazione di una disponibilità
monetaria (corrispondente a quanto utilizzato per liberare l’immobile pignorato) ai
bisogni della famiglia, perché — anche a prescindere dal rilievo di inammissibilità
della produzione documentale — risulta, comunque, incensurata l’argomentazione
svolta nella decisione impugnata in ordine al difetto, prima ancora che di prova, di
allegazione sul punto. Sotto quest’ultimo profilo il ricorso — al di là della congiunta
deduzione del vizio della violazione di legge e motivazionale – appare strumentale
ad un’inammissibile revisione del «ragionamento decisorio, contrariamente alla
funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non hanno evidenziato
profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella

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accompagnata dalla doverosa puntualizzazione del luogo all’interno di tali fascicoli,

relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In particolare osserva: che l’indicazione in ricorso del numero d’ordine dei
documenti non è sufficiente ai fini della “specifica indicazione” di cui all’art. 366
n.6 cod. proc. civ. occorrendo anche l’individuazione del fascicolo al cui indice tale
numerazione si riferisce, nonché la specificazione della produzione di detti
documenti in sede di legittimità, all’uopo non essendo sufficiente l’indicazione in

assorbente il rilievo dell’inconferenza, per le ragioni espresse in relazione, vuoi del
riferimento al “valore di stima”, vuoi dell’importo degli assegni, “espunti” dal
materiale documentale.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei
parametri di cui al D.M. n. 140/2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate in € 7.700,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre
accessori come per legge.
Roma 5 giugno 2013

ricorso del deposito dei fascicoli dei precedenti gradi; che, in ogni caso, è

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