Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17076 del 10/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17076 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

ORDINANZA
sul ricorso 20007-2011 proposto da:
APICERNI FLORIANA PRCFRN73B41H501F, SARTI EUROSIA
SRTRSE15E62G551V, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
DEL FORTE TIBURTINO 160, presso lo studio dell’avvocato
SAMMARCO ANNUNZIATO, che le rappresenta e difende, giusta
delega a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
REGIONE LAZIO in persona del Presidente della Regione Lazio
(quale successore di BNP PARIBAS REAL ESTATE
INVESTIMENT MANAGEMENT ITALY SGR PA – già BNL
Fondi Immobiliari SGR p.a. che ha trasferito alla Regione la quota del
Fondo Lazio), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA M.
COLONNA 27, presso l’AVVOCATURA REGIONALE,

Data pubblicazione: 10/07/2013

rappresentata e difesa dall’avvocato BOLOGNA GIULIANO, giusta
delega a margine del controricorso;

– controricorrente nonchè contro

ROSA CRLRS044B65F839T;

– intimate avverso la sentenza n. 1008/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 9.3.2010, depositata il 21/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;
udito per le ricorrenti l’Avvocato Annunziato Sammarco che si riporta
agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO
FRESA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 20007 sez. M3 – ud. 05-06-2013
-2-

DEL GENIO ANTONIA DLGNTN71A67F839H, CARELLI

Svolgimento del processo e motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
« 1. Con sentenza n. 1008 del 2010 la Corte di appello di Roma ha dichiarato
improcedibile l’appello proposto da Eugenia Sarti e Floriana Apicerni avverso la
sentenza del Tribunale di Roma n. 1904/2008 di rigetto della domanda, avente ad
oggetto il riconoscimento di prelazione conseguente a rapporto di locazione,

BNP Paribase Real Estate Investment Management Italy Sgr p.a., di seguito
brevemente BNP Paribas Real Estate) nella qualità di soggetto gestore ex art. 36
D.lgs. n. 58 del 1998 del Fondo “Lazio- Fondo Comune di Investimento
Immobiliare di Tipo Chiuso”, nonché nei confronti di Rosa Carelli e di Antonia
Del Genio, nella qualità di acquirenti dell’immobile in contestazione.
1.1. La Corte territoriale — dato atto della costituzione della BNP Paribas, di
Rosa Carelli e di Antonia Del Genio, le ultime due anche appellanti incidentali —
ha motivato il rilievo di ufficio dell’improcedibilità dell’appello, sulla base del
mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto dall’art. 435 co. 2 cod. proc.
civ., posto che la notifica, del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione
dell’udienza di discussione, era stata effettuata solo successivamente alla scadenza
di detto termine; ha, in particolare, richiamato la decisione delle SS.UU. n. 20604
del 2008, sostenendo che, pur trattandosi di termine ordinatorio, l’avvenuta
scadenza, senza richiesta di proroga, determina conseguenze analoghe a quelle
ricollegabili al decorso del termine perentorio, quali la non sanabilità della
violazione del termine e la sua rilevabilità d’ufficio.
2. Avverso detta decisione hanno proposto ricorso per cassazione Eurosia Sarti
e Floriana Apicerni formulando due motivi.
La Regione Lazio si è costituita con controricorso con il quale ha dedotto
l’inammissibilità, oltre che l’infondatezza del ricorso.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte delle intimate BPN Paribas
Real Estate, Rosa Carelli e Antonia Del Genio.

Rel. dott. A.

3

proposta dalle appellanti nei confronti della BNL Fondi Immobiliari Sgr p.a. (poi

3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt.
376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere accolto il
secondo motivo, assorbito il primo.
4. Non appare fondata l’eccezione preliminare di inammissibilità prospettata
da parte della Regione Lazio, la quale è intervenuta nel giudizio di cassazione con
atto formalmente denominato “controricorso”, deducendo che i beni immobili

Lazio 16 giugno 1994 n.18 e gestiti, mediante apporto a Fondo comune di
investimento immobiliare di tipo chiuso, da BPN Paribas Real Estate — sono stati
trasferiti alla Regione ex art. 1, comma 5 L.R. Lazio n.14/2008.
A fondamento dell’eccezione la Regione Lazio assume che, in conseguenza del
mutato quadro normativo, è venuto meno il potere di rappresentanza della BNP
Paribas Real Estate e che l’estinzione del Fondo con il trasferimento dei beni alla
Regione è equiparabile a una successione tra enti con la conseguenza che il ricorso
doveva essere notificato alla Regione.
4.1. L’eccezione non appare fondata, tenuto conto che: a) il (ri)trasferimento
dei beni già trasferiti alle ASL di cui agli 23 e 24 della legge regionale 16 giugno
1994, n. 18 in favore della Regione, come previsto dall’art. 1, comma 5 L.R. Lazio
del 11 agosto 2008, n.14, appare riconducibile a un fenomeno di successione a
titolo particolare; b) peraltro, successivamente all’entrata in vigore della richiamata
L.R. Lazio n. 14 del 2008 e, precisamente in data 21.12.2009, si costituì in appello
la BNP Patibas Real Estate, quale soggetto gestore del Fondo; c) sono state
correttamente intimate, oltre alla BNP Paribas Real Estate, le litisconsorti Carelli e
Del Genio.
5. Con i motivi di ricorso si denuncia: a) violazione o falsa applicazione dell’art.
435 comma 2 cod. proc. civ. e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 nn.3 e 5 cod. proc.
civ.); b) violazione o falsa applicazione dell’art. 435 comma 3 cod. proc. civ. e

Rel. dott. A.

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regionali destinati a rendite patrimoniali – già trasferiti alle ASL ex art. 24 L.R.

omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.).
5.1. Il secondo motivo di ricorso appare manifestamente fondato sulla base del
principio ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui nel rito del lavoro
e, conseguentemente, nel c.d. rito locatizio, al quale 447 bis cod. proc. civ. estende
le sue norme in quanto applicabili, la violazione del termine (di dieci giorni) dal

proc. civ. resta sanata, come nella specie, dal rispetto del termine c.d. a comparire,
di cui al terzo comma dello stesso articolo 435.
Valga considerare che il termine di dieci giorni assegnato all’appellante per la
notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione (art.
435 comma 2, cod. proc. civ.) non è perentorio e, pertanto, la sua inosservanza
non comporta decadenza, sempre che resti garantito all’appellato lo

spatium

deliberandi non inferiore a venticinque giorni prima dell’udienza di discussione della
causa (art. 435, comma 3, cod. proc. civ.), perché egli possa apprestare le proprie
difese (Cass. 14 luglio 2011, n. 15590; 15 ottobre 2010, n. 21358). Invero — come
osservato in specie nella sentenza n.21358/2010 — l’art. 435 c.p.c., comma 2, alla
stregua del quale “l’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla
notifica del ricorso e del decreto all’appellato”, deve essere letto ed interpretato in
relazione al contenuto del successivo comma 3 dello stesso articolo, alla stregua
del quale “tra la data di notificaione all’appellato e quella dell’udiena di discussione deve
intercorrere un termine non minore di venticinque giorni”. Il che evidenzia come lo stesso
legislatore, nel porre il suddetto termine (ordinatorio) di cui al comma 2, abbia
disciplinato le conseguenze di una eventuale inosservanza di tale termine,
prevedendo, in buona sostanza, al comma 3, che la notifica effettuata mantiene i
suoi effetti, anche in caso di mancato rispetto del termine di cui al comma
precedente, allorchè tra la data di notificazione e quella dell’udienza permanga un
termine non inferiore a venticinque giorni. In sostanza appare chiaro, dal
complesso dei due commi della disposizione all’esame, che il legislatore ha

Rel. dott. A

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deposito dal decreto di fissazione di udienza di cui al comma 2 dell’art. 435 cod.

regolato normativamente le conseguenze della inosservanza del termine di cui al
comma 2, prevedendo in via generalizzata il permanere degli effetti della compiuta
notifica nell’ipotesi prevista dal comma 3, in tal modo superando – alla stregua
delle stesse previsioni codicistiche – la necessità di uno specifico provvedimento
autorizzatorio o di proroga da parte del giudice prima della scadenza del stesso
termine.

richiamata dalla decisione impugnata, all’ipotesi di ritardo della notificazione nel
rispetto tuttavia del termine posto a tutela di controparte dell’art. 435 comma 3,
cod. proc. civ., si evince dalla circostanza che il richiamo operato nella predetta
sentenza all’art. 111 Cost., comma 2, nel testo novellato dalla L. 23 novembre
1999, n. 2, ed alla regola della “ragionevole durata” del processo, non si attaglia in
alcun modo a fattispecie come quella all’esame in cui pacificamente la notifica,
ancorchè in ritardo rispetto al termine di gg. 10 di cui al comma 2 della norma, è
avvenuta entro un termine tale, rispetto a quello dell’udienza di comparizione
fissata dal presidente, da garantire all’altra parte il necessario 43atium deliberandi.
Peraltro la non pertinenza della decisione delle SS.UU. del 2008, rispetto alla
questione di diritto in esame, risulta confermata anche dalla Corte costituzionale
(ordinanza n. 60 del 2010), che ha ritenuto manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 435 c.p.c., prospettata sulla base della suddetta
decisione, per evidente erroneità del presupposto interpretativo
5.3. Merita aggiungere che, da ultimo, la Corte Costituzionale con ordinanza
n.253 del 2012 — nel dichiarare la manifesta infondatezza della q.l.c. dell’articolo
435 comma 2 cod. proc. civ. sollevata proprio dalla Corte di appello di Roma in
riferimento all’art. 111 Cost. con riguardo all’interpretazione della norma, sopra
esposta e assunta a “diritto vivente” — ha evidenziato che la norma, nella
interpretazione censurata dal collegio rimettente, lungi dal violare la parità delle
parti, è finalizzata, invece, a realizzarla sul piano del reciproco diritto di azione e di
difesa. Con il risultato di tutelare, all’un tempo, l’interesse dell’appellante —

Rel. dott.

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5.2. Del resto la non riferibilità della sentenza delle Sezioni Unite n. 20604/08,

impedendo che la sola violazione del termine ordinatorio in questione determini
l’improcedibilità del gravame — e quello dell’appellato, cui resta comunque
garantito un termine a comparire sufficiente ad apprestare le proprie difese.»
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
In conclusione va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il precedente;

appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito l’altro; cassa la
sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte
di appello di Roma in diversa composizione.
Roma 5 giugno 2013

ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di

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