Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17072 del 11/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/08/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 11/08/2016), n.17072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12530-2014 proposto da:

M.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via

CARDINAL DE LUCA 1, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

CONDELLO, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO EVOTAPE PACKAGING S.r.l. in liquidazione e in concordato

preventivo, elettivamente domiciliata in ROMA, alla via della B

ALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato CONCETTA TROVATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI FIORETTI, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LATINA, depositato l’8/04/2014;

R.G. n. 5642/13;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott.ssa CRISTIANO Magda;

udito l’avvocato M., che si riporta al ricorso;

udito l’avvocato Antonio Di Julio, per delega dell’avv. Fioretti,

difensore del controricorrente, che insiste per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1) Il Tribunale di Latina ha respinto l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta dall’avv. M.G.A. per ottenere l’ammissione in prededuzione allo stato passivo del Fallimento Evotape Packaging s.r.l., già ammessa al concordato preventivo, dell’intero credito professionale (quantificato secondo le tariffe approvate col D.M. n. 127 del 2004) vantato per l’attività di consulenza svolta in favore della società poi fallita in funzione della ammissione alla procedura minore; credito che era stato ammesso dal C.D. in misura ridotta in ragione sia dell’applicazione delle tariffe di cui al D.M. n. 140 del 2012, sia della natura collegiale dell’attività.

Il giudice del merito, accogliendo la nuova eccezione sollevata dal curatore in sede di opposizione, ha ritenuto dirimente il rilievo che difettava ogni prova dell’avvenuta esecuzione della prestazione.

2) Il decreto è stato impugnato dall’avv. M. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.

3) Con il primo motivo il ricorrente sostiene che, in virtù della precedente parziale ammissione del credito in sede di verifica del passivo, l’accertamento concernente l’avvenuto svolgimento dell’attività era coperto da giudicato.

Il motivo appare manifestamente fondato.

Non v’è dubbio infatti che l’avvenuta ammissione allo stato passivo del credito dell’opponente (pienamente riconosciuto nell’al: e ridotto solo a causa dell’applicazione di una diversa tariffa e della natura collegiale dell’attività) precludesse al curatore, che non ha impugnato il provvedimento del G.D., di sollevare in giudizio La questione (erroneamente definita eccezione dal tribunale) del difetto di prova dell’avvenuta esecuzione della prestazione, ormai coperta da giudicato endofallimentare.

Si dovrebbe pertanto concludere per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il Fallimento ha depositato memoria.

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, non utilmente contrastate dal Fallimento nella memoria depositata.

L’ammissione allo stato passivo del credito insinuato, ridotto solo in ragione della diversa tariffa ritenuta applicabile e della natura collegiale dell’attività svolta dall’avv. M., implicava il riconoscimento dell’ avvenuta esecuzione delle prestazioni professionali dedotte in giudizio. Sulla questione concernente l’an della pretesa il G.D. si era dunque già pronunciato, con accertamento idoneo ad assumere valenza di giudicato endofallimentare nei confronti del curatore, che quindi avrebbe dovuto contrastarlo mediante autonoma impugnazione del provvedimento di ammissione, proposta nel termine di cui alla L. Fall. art. 99, comma 1.

Il giudizio L. Fall., ex art. 98, ha infatti pur sempre natura impugnatoria, con la conseguenza che le nuove eccezioni ed i nuovi mezzi di prova in esso proponibili non possono avere ad oggetto le questioni già decise dal G.D. e (implicitamente od esplicitamente) coperte dal giudicato. Le eccezioni, del resto, si innestano, tipicamente, sul tema introdotto in giudizio dalla controparte; sicchè, nella specie, il fatto che l’opponente avesse posto in discussione la decisione sul quantum della pretesa non autorizzava il curatore (ed il giudice) a riaprire la controversia anche in ordine all’an.

E’ peraltro evidente che all’affermazione della mancanza di prova dello svolgimento delle prestazioni, sarebbe dovuto conseguire il rigetto integrale della domanda del M. e non il rigetto della sola opposizione: tanto bastava ad escludere che il tribunale potesse fondare la propria pronuncia su una ragione di fatto inconciliabile con la decisione che il G.D. aveva già assunto e che, non essendo stata impugnata dal curatore, era rimasta impregiudicata.

L’eccezione (in realtà qualificabile come mera difesa) sollevata dal Fallimento era dunque inammissibile non perchè “nuova” (ovvero non proposta in precedenza), ma perchè introduceva in giudizio un nuovo thema decidendum, precluso dal contrario accertamento compiuto dal giudice delegato sul quale, in difetto di impugnazione del curatore, si era formato il giudicato endofallimentare.

Non v’è chi non veda, d’altro canto, come, aderendo alla tesi difensiva del Fallimento, il giudizio L.Fall., ex art. 98, verrebbe ad essere equiparato in tutto e per tutto ad un giudizio di primo grado (analogo a quello di opposizione a decreto ingiuntivo), in cui, indipendentemente da quanto deciso dal G.D. e dall’oggetto specifico dell’opposizione, sul creditore continuerebbe sempre a gravare l’onere dell’integrale prova del credito.

In conclusione, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi e rinvio della causa al Tribunale di Latina in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Latina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016

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