Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17071 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18500/2016 proposto da:

S.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

ANDREOLI 2, presso lo studio dell’avvocato DIEGO ALLOCCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAMILLO NABORRE;

– ricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;

– intimato –

avverso il decreto n. 7295/2016 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO,

depositata il 23/06/2016, R.G.N. 846/2015.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con decreto del 23 giugno 2016, il tribunale di Ascoli Piceno ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) srl proposto dal lavoratore S.H. che, chiesta l’insinuazione per complessivi Euro 86.216 per differenze retributive, aveva visto annesso e passivo solo parte dei crediti (e precisamente quelli portati da decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo), restando invece escluse le differenze retributive ricollegate all’asserito svolgimento di mansioni superiori e di orario straordinario ed a differenze con la giusta retribuzione relative al lavoro prestato.

2. In particolare, il tribunale ha ritenuto che il ricorrente aveva rinunciato alle differenze retributive ed ha ritenuto non provato lo svolgimento di prestazione difforme rispetto a quella contrattuale; il tribunale ha altresì ritenuto non rilevante la concessione per parte del credito di ordinanza ex art. 423 c.p.c., comma 2, (per somme di cui si era ritenuta raggiunta la prova) in altro giudizio interrotto per il sopravvenuto fallimento. Il tribunale ha infine condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite.

3. Avverso tale provvedimento ricorre il lavoratore per quattro motivi, illustrati da memoria; il fallimento è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4 Con il primo motivo si lamenta, ex art. 360, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., e travisamento dei fatti e vizio di motivazione, per aver rinunciato il lavoratore alle differenze con le mansioni superiori, ma non anche alle differenze rispetto alla retribuzione giusta ex art. 36 Cost., ed alle differenze per il TFR e per il credito riconosciuto nell’altro giudizio ex art. 423 c.p.c., comma 2.

5. Con il secondo motivo si deduce, ex art. 360, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 24 Cost., e assenza e difetto di motivazione del decreto, per aver esso travisato la portata della rinuncia del ricorrente all’udienza, includendo somme per la determinazione delle quali il ricorrente aveva chiesto CTU o somme che costituivano oggetto di capo autonomo diverso di domanda rispetto alla domanda di differenze retributive.

6. I due motivi possono esaminarsi congiuntamente: essi sono inammissibili.

7. Il ricorrente, infatti, non riporta il verbale di causa dell’udienza richiamato, dal quale si sarebbe potuto evincere il contenuto e la portata della rinuncia da lui in quella sede operata, nè riporta il contenuto dell’ordinanza ex art. 423 c.p.c., comma 2, (provvedimento relativo ad altro giudizio e quindi non direttamente conoscibile da questa Corte), dalla quale si sarebbero potuto ricavare i crediti e l’ammontare degli stessi per i quali era stata in quel diverso giudizio ritenuta raggiunta la prova.

8. I motivi violano il principio di autosufficienza del ricorso, non consentendo a questa Corte di verificarne il fondamento (tra le tante, Sez. 5 -, Sentenza n. 13625 del 21/05/2019, Rv. 653996 – 01; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24340 del 04/10/2018, Rv. 651398 – 01).

9. Con il terzo motivo si lamenta, ex art. 360 n. 3, violazione dell’art. 163, n. 4, artt. 414, 184, 421, 424 e 420 bis, nonchè vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, e violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., e artt. 2697, 2699, 2670, 2720, 2727, 2730 e 2740, per avere il decreto comunque ritenuto la domanda di differenze retributive non provata, trascurando che l’applicazione del contratto collettivo era non contestata.

10. Il motivo resta assorbito in ragione dell’incontestabilità del capo di decisione che ha ritenuto i relativi diritti oggetto di rinuncia.

11. Con il quarto motivo si deduce, ex art. 360, n. 3, violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alle spese di lite.

12. Il motivo è del tutto infondato, essendosi applicato dalla corte territoriale il criterio della soccombenza, non essendovi motivo alcuno per derogarvi.

13. Per quanto detto il ricorso deve essere rigettato.

14. Nulla per spese, essendo il fallimento rimasto intimato.

15. Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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