Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17071 del 08/08/2011

Cassazione civile sez. un., 08/08/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 08/08/2011), n.17071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12287/2009 proposto da:

ENI S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS Lucio, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LUCCHETTI ANNA MARIA, per delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 332/2008 del Tribunale di Catanzaro – Sezione

distaccata di CHIARAVALLE CENTRALE, depositata il 30/05/2008;

udita la redazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato Lucio NICOLAIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.M. convenne in giudizio innanzi al Giudice di pace di Chiaravalle Centrale l’E.N.I. s.p.a., con cui aveva stipulato un contratto per adesione per la fornitura di gas per usi domestici e di riscaldamento per civile abitazione, per ottenere la condanna della società convenuta al rimborso della somma corrispondente alla differenza tra l’IVA versata alla stessa nei periodo di riferimento e quella effettivamente dovuta, pari alla metà, sul rilievo che l’E.N.I. aveva sempre applicato ai consumi di gas l’IVA con aliquota del 20 per cento, senza operare alcuna distinzione tra la fornitura di gas ad uso domestico e quella per riscaldamento. Tale mancata distinzione sarebbe stata illegittima per il periodo compreso tra il mese di aprile e il 15 ottobre di ciascun anno, atteso che in tale periodo è vietato far uso del riscaldamento, con la conseguenza che si sarebbe dovuta applicare la tariffa T1 del 10 per cento, relativa ai soli usi domestici.

L’ENI s.p.a. si costituì in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, poichè la domanda si sarebbe dovuta rivolgere al Ministero dell’economia e delle finanze, e l’infondatezza della domanda perchè l’agevolazione dell’aliquota IVA si applicherebbe, a termini della circolare del Ministero delle finanze n. 226 del 1999 esplicativa del provvedimento del C.I.P. n. 37 del 1986, alle sole forniture di gas usato come combustibile per usi domestici di cottura dei cibi e di produzione di acqua calda, mentre nei casi di utenza ed utilizzazione promiscua, ove non sia possibile determinare la parte impiegata nei citati usi domestici per mancanza di distinti contatori, l’imposta si applicherebbe con all’quota ordinaria. Il giudice di pace, respinta la eccezione di carenza di legittimazione passiva per essere oggetto del giudizio il solo rapporto contrattuale di fornitura di gas tra l’ENI e l’utente, accolse la domanda, ritenendo che l’ENI avesse violato i canoni della correttezza e buona fede nel non informare i propri clienti della possibilità di avvalersi delle due differenti aliquote semplicemente istallando due diversi contatori.

Il Tribunale di Catanzaro, sezione distaccata di Chiaravalle centrale, dichiarò inammissibile l’appello proposto dall’ENI per mancanza di idonea procura alle liti, avendo di ufficio rilevato che il relativo mandato era stato conferito dal direttore generale della divisione Refining and Marketing della società, i cui poteri di rappresentanza della stessa risultavano da una procura notarile non prodotta. Avverso questa decisione ricorre l’ENI sulla base di due motivi, illustrati anche da successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 156, 157 e 163 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 1 e 3. Avrebbe errato il Tribunale nel dichiarare di ufficio la inammissibilità dell’impugnazione rilevando che la procura alle liti asseritamene conferita dall’E.N.I. al direttore generale della divisione Refining & Marketing non risultava allegata al fascicolo, senza considerare che della procura medesima erano stati indicati analiticamente nell’atto introduttivo del giudizio di appello i riferimenti all’atto notarile nel quale la procura era contenuta, e che, trattandosi di procura concernente il potere di rappresentanza di una società per azioni, la stessa era stata iscritta nel registro delle imprese, sicchè il suo contenuto era conoscibile.

La illustrazione della censura si conclude con la formulazione dei seguenti quesìti di diritto: “Dica la Corte che qualora la procura al difensore per la difesa in giudizio di una società per azioni sia conferita da soggetto specificamente individuato ed indicato quale direttore generale della società, del quale venga indicata con riferimenti precisi la procura notarile che lo abilita a rappresentare la società in giudizio ed a conferire incarichi a legali, la conoscenza del contenuto della ridetta procura notarile assente dagli atti di causa possa essere sopperita dalla conoscibilità derivante dalla natura di atto pubblico della procura notarile e/o dalla sua iscrizione presso il registro delle imprese”.

“Dica la Corte che in assenza delle condizioni di cui al quesito n. 1 si determina nullità relativa, che solo la controparte può eccepire ed unicamente con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c..

“Dica la Corte che in assenza di specifica eccezione sollevata dalla controparte con le modalità di cui al quesito n. 1.2. la relatività della nullità preclude al giudice il rilievo d’ufficio.

La doglianza è fondata nei termini di seguito specificati.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è motivo di discostarsi, in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poichè i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa (v. Cass., Sez. Un., ord. n. 20596 del 2007; Cass., sentt. n. 9908 del 2010, n. 22605 e 22287 del 2009, n. 28401 del 2008).

Nella specie, il giudice di secondo grado non si è attenuto al richiamato principio di diritto. Per tale ragione, la sentenza va cassata, rimanendo assorbito in tale decisione l’esame del secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto la violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., per il mancato invito all’E.N.I., avuto riguardo all’omesso deposito della procura, a completare la propria produzione.

Non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto, sicchè la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2 – come richiesto dalla stessa ricorrente.

La eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata dalla ricorrente per la prima volta nella presente sede, è inammissibile, per essersi formato sulla questione il giudicato implicito (v. Cass. Sez. Un., sent. n. 24883 del 2008 e successive).

Fondata è, invece, la censura dell’E.N.I., relativa alla insussistenza dei presupposti per l’applicazione, nella specie, dell’aliquota IVA nella misura del 10 per cento, in essa restando assorbite le ulteriori censure.

E’, infatti, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio di diritto secondo il quale, in tema di aliquote IVA applicabili al corrispettivo di forniture di gas metano per uso promiscuo, contrasta con i principi informatori della materia e con norme comunitarie di rango superiore a quelle ordinarie, alla cui osservanza il giudice di pace è tenuto anche nel pronunciare secondo equità ai sensi dell’art. 113 cod. proc. civ., comma 2, la sentenza con cui sia stata accolta la domanda di restituzione delle maggiori somme indebitamente pagate al predetto titolo, in virtù dell’affermazione che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata del 10 per cento, occorre far riferimento esclusivamente alle modalità di concreta fruizione del servizio (nella specie, per cottura di cibi o produzione di acqua calda, anzichè per riscaldamento). Premesso, infatti che, nella materia in questione, il regime tariffario e d’imposta non è legato alle predette modalità, ma al tipo di utenza e d’impianto, che è unico e permanente, non stagionale, lo Stato italiano, nel dare attuazione alla direttiva CEE n. 92/77/CE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, che ha completato ti sistema comune dell’IVA modificando la direttiva n. 77/388/CE del Consiglio, del 17 maggio 1977, si è avvalso, con il D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 36, comma 3, conv. in L. 29 ottobre 1997, n. 427, della facoltà di applicare un’aliquota ridotta soltanto per i contratti soggetti alla Tariffa T1, relativa alla somministrazione di gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua calda, sicchè l’applicazione di tale riduzione in via equitativa anche ai contratti soggetti alla Tariffa T2 si risolve nella creazione di un principio in contrasto con la normativa comunitaria (v. Cass., sentt. n. 18521 del 2009, n. 15246 e n. 15314 del 2007, n. 19978 e n. 19997 del 2005).

Per le esposte ragioni, va rigettata la domanda della L..

Avuto riguardo alla natura della controversia, e al dipanarsi della vicenda processuale si ritiene equo disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di L.M.. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2011

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