Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17070 del 11/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/07/2017, (ud. 12/04/2017, dep.11/07/2017),  n. 17070

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9527-2015 proposto da:

GE CAPITAL INTERBANCA SPA, aderente al Fondo Interbancario di Tutela

dei depositi e Fondo Nazionale di Garanzia, in persona dei suoi

rappresentanti Avv.ti P.S. – (OMISSIS) e

I.D.G. – (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OMBRONE

14, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA CIPOLLA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE FILIPPO MARIA

LA SCALA giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

37, presso lo STUDIO LEGALE FURITANO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ALESSANDRO ALGOZINI, GIORGIO ALGOZINI giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 240/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

– con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 20 febbraio 2014, la Corte di Appello di Palermo ha rigettato l’appello principale proposto da Interbanca S.p.A. ed ha accolto parzialmente l’appello incidentale proposto da B.A. avverso la sentenza del Tribunale di Palermo in data 28 gennaio 2009, condannando l’appellante principale al pagamento delle spese del grado;

– il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda avanzata dal B., cessionario di un credito -per la somma complessiva di lire 4.050.000.000- vantato da Interbanca S.p.A. nei confronti di terzi, ritenendo che con il contratto di cessione del 17 gennaio 2002 la società cedente avesse assunto, come sostenuto dall’attore, la garanzia dell’esistenza sia delle ragioni di credito che dei relativi accessori ai sensi dell’art. 1263 cod. civ., in particolare della garanzia ipotecaria; che parte del credito, che avrebbe dovuto essere assistito da questa garanzia, era risultato non privilegiato – all’esito delle esecuzioni immobiliari intraprese nei confronti dei debitori, nelle quali il B. si era surrogato ad Interbanca -, cosicchè il cessionario aveva subito il pregiudizio corrispondente (pari alla differenza tra l’importo del credito privilegiato garantito dalla cedente e quello riconosciuto dal giudice dell’esecuzione), del quale aveva chiesto il ristoro (oltre al maggior danno) ai sensi dell’art. 1266 cod. civ.; che questo pregiudizio andava quantificato nell’importo complessivo di Euro 361.125,14, oltre interessi;

– la Corte d’appello, confermate le ragioni della decisione sull’obbligo di garanzia della società cedente, ha rideterminato nell’importo complessivo di Euro 407.809,71, oltre interessi, la somma dovuta dalla società cedente, così accogliendo parzialmente l’appello incidentale del cessionario;

– avverso questa sentenza propone ricorso GE Capital Interbanca S.p.A. con un motivo;

– il dott. B.A. si difende con controricorso;

– fissata la trattazione in camera di consiglio ai sensi dall’art. 375 cod. proc. civ., comma 2, il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso; parte ricorrente ha depositato memoria e documenti, notificati alla controparte; anche quest’ultima ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE:

preliminarmente, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso che il controricorrente ha formulato sia perchè il ricorso sarebbe proposto da una società diversa da quella che ha partecipato ai gradi di merito sia perchè la procura alle liti è stata sottoscritta da soggetti diversi dai legali rappresentanti, dunque vi sarebbe carenza di poteri rappresentativi;

– l’infondatezza della prima ragione consegue alla verifica dei dati identificativi della società riportati negli atti introduttivi di merito e nel presente ricorso (codice fiscale e partita IVA), che sono coincidenti, così dimostrando che si tratta soltanto della modificazione della denominazione sociale da Interbanca S.p.A. a GE Capital Interbanca S.p.A.;

– al fine di dare prova dei poteri rappresentativi del dirigente e del quadro direttivo che hanno rilasciato la procura speciale per la presentazione del ricorso, la società ricorrente ha depositato documentazione, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., previa notifica al controricorrente, la cui produzione è consentita poichè attiene appunto all’ammissibilità del ricorso;

si tratta dell’estratto notarile del verbale della riunione del consiglio di amministrazione del 29 novembre 2012 di GE Capital Interbanca S.p.A. nel corso del quale è stata approvata la “Delega generale dei Poteri e delle Facoltà di Firma”;

l’art. 11.3 di questo documento, prodotto in copia unitamente al verbale, prevede il potere di rappresentanza della società, con firma abbinata di un Dirigente e di un Quadro Direttivo, per tutti gli atti esecuzione degli organi competenti, ivi compresa la sottoscrizione di ricorsi ed il conferimento di mandati alle liti per agire o resistere in giudizio;

tra i dirigenti ed i quadri direttivi i cui nomi sono inseriti nell’elenco allegato alla delibera compaiono anche i sottoscrittori della procura speciale rilasciata per il presente ricorso;

questo è perciò ammissibile;

con l’unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1266 cod. civ., la ricorrente sostiene che questa norma non si applicherebbe al caso in oggetto, in quanto presuppone che il credito ceduto sia inesistente, non che difetti soltanto delle qualità promesse, rappresentate, nella specie, dalla natura ipotecaria del credito; in sintesi, secondo la ricorrente, la circostanza che il credito ceduto come privilegiato sia risultato in parte chirografario, non ipotecario come promesso, non può essere equiparata all’inesistenza, ai fini dell’obbligo di garanzia del cedente dell’art. 1266 cod. civ.;

– sebbene l’interpretazione da darsi a questa norma sia controversa, il motivo è infondato per la peculiarità del caso di specie, secondo quanto appresso;

– è definitivamente accertato, in punto di fatto, che il credito ceduto da Interbanca S.p.A. ad B.A. era esistente e nella titolarità della cedente, ma che l’importo di Euro 1.162.638,91, che è stato ceduto come garantito da ipoteca, non era per intero assistito da garanzia reale, ma è risultato in parte di natura chirografaria;

– dato ciò, è vero che la dottrina non è univoca nell’individuazione dell’ambito operativo della garanzia dell’art. 1266 cod. civ. dal punto di vista del suo oggetto, mentre non si riscontrano precedenti giurisprudenziali in termini, se non la sentenza, risalente nel tempo, di cui a Cass. 6 agosto 1947, n. 1476, citata in ricorso;

– la recente sentenza di questa Corte n. 16049/15, non ha affatto preso posizione -al contrario di quanto sostiene parte ricorrente nella memoria- sulla questione interpretativa in discorso, ma ha condiviso l’equiparazione della garanzia dell’art. 1266 cod. civ. alle c.d. garanzie della vendita, al solo fine di dirimere la ben diversa questione -su cui pure la dottrina è divisa tra risoluzione e nullità- delle conseguenze della garanzia in caso di inesistenza originaria del credito, optando decisamente per l’esclusione della nullità;

– tuttavia, questa conclusione non ha nulla a che vedere con l’ambito oggettivo di operatività della garanzia;

– quanto a quest’ultimo, l’interpretazione rigorosamente letterale dell’art. 1266 cod. civ. fa leva sull’espressione “esistenza del credito” per escludere che la garanzia si estenda alla esistenza/inesistenza degli accessori, parificando questi ultimi alle qualità ovvero alle caratteristiche intrinseche del credito ceduto;

questa interpretazione è giustificata, oltre che con la lettera della legge, con la considerazione che l’obbligazione di garanzia del cedente costituisce un effetto naturale del contratto (come affermato da questa Corte già col precedente n. 9428/87, nonchè di recente dalla citata Cass. n. 16049/15), che ha la funzione di assicurare il ristoro dell’interesse positivo del cessionario alla cessione nel caso in cui manchi, in tutto o in parte, l’effetto traslativo del contratto a causa dell’inesistenza del credito o per altro impedimento equipollente; cosicchè non di una vera e propria garanzia si tratta, ma, analogamente alle c.d. garanzie della vendita, è un effetto naturale del negozio di cessione a tutela del cessionario, con la conseguenza che ogni altra garanzia, non inerendo naturaliter al negozio, dovrebbe essere espressamente prevista dalle parti;

secondo un’altra interpretazione, pure autorevolmente sostenuta in dottrina, l’art. 1266 cod. civ. andrebbe coordinato con il precedente art. 1263 cod. civ., sicchè, se gli accessori del credito ivi previsti (per quanto qui rileva, l’ipoteca), siano stati esplicitamente promessi e menzionati nell’atto di cessione, ad essi dovrebbe intendersi esteso anche l’obbligo di garanzia del cedente di cui all’art. 1266 cod. civ., poichè la loro considerazione espressa ad opera delle parti ne dimostrerebbe l’essenzialità per delineare il complessivo assetto degli interessi dei contraenti;

secondo questa stessa opinione dottrinale, diversa e più articolata dovrebbe essere la conclusione nel caso in cui gli accessori del credito non siano espressamente menzionati in contratto, perchè si imporrebbe un’indagine da condurre caso per caso sull’essenzialità loro riconosciuta dalle parti, con onere della prova a carico del cessionario;

– va aggiunto che, anche tra coloro che privilegiano l’interpretazione più restrittiva dell’art. 1266 cod. civ., vi sono quelli che, comunque, ritengono applicabili in via analogica – nel caso in cui il tipo contrattuale della cessione in concreto adoperato dalle parti sia quello della vendita del credito (cfr., per il riferimento al contratto sottostante alla cessione, già Cass. n. 3887/1975) – le norme sugli obblighi e le responsabilità del venditore;

– con la conseguenza che, in un caso quale quello di specie, la domanda risarcitoria dell’attore potrebbe trovare legittimo fondamento – come sottolineato nelle conclusioni del pubblico ministero- nella generale azione di risarcimento per responsabilità contrattuale che può sempre essere proposta insieme o in alternativa alla domanda di risoluzione del contratto di vendita ai sensi dell’art. 1497 c.c. o per consegna di aliud pro alio;

– il collegio ritiene che, nel caso di specie, non sia necessario ricorrere nè all’applicazione estensiva dell’art. 1266 cod. civ. nè all’applicazione analogica delle norme sulla vendita;

– come nota il controricorrente, ma evidenzia anche il pubblico ministero, con il contratto per cui è processo la società cedente aveva garantito, con apposita clausola contrattuale (art. 3, riportato in sentenza, pag. 5, ed in controricorso, pag. 2, dove si legge che “Interbanca garantisce l’attuale esistenza delle ragioni di credito come sopra indicate e determinate, nonchè delle garanzie che le assistono e che pure sono trasferite ai sensi dell’art. 1263 c.c. (…)) l’esistenza non solo delle ragioni di credito, ma anche delle garanzie che le assistevano; queste erano inoltre dettagliatamente descritte quali oggetto della cessione così come specificato nello stesso contratto (all’art. 2, riportato in sentenza, pagg. 3-4, dove si legge che le ragioni di credito determinate dalla società ed accettate dal cessionario comprendono, tra l’altro, l’importo di “(…) lire 2.251.182.849 (oggi Euro 1.162.638,91) con privilegio ipotecario, valuta 30 settembre 2001 (…)”);

– la Corte d’appello di Palermo, richiamando la sentenza di primo grado, fondata su dette clausole contrattuali, ed espressamente affermando di condividerne l'”argomentare giuridico”, ha fatto propria l’interpretazione data al contratto dal primo giudice;

– pertanto, ha presupposto che la cessione comprendesse espressamente la garanzia ipotecaria e che la garanzia dell’art. 1266 cod. civ. fosse stata estesa sia alle ragioni di credito che alle garanzie;

– per questo aspetto interpretativo del contratto la sentenza non è censurata;

– nè il risultato interpretativo appare in contrasto con l’art. 1266 cod. civ., atteso che, in primo luogo, le parti, espressamente contemplando la garanzia ipotecaria, hanno mostrato di considerare essenziale oggetto della cessione, appunto questa garanzia;

– non convince del tutto, nell’impostazione dottrinale richiamata dalla ricorrente, l’equiparazione che viene fatta tra accessori del credito, soprattutto le garanzie reali, dotate evidentemente di una propria autonomia, e qualità o caratteristiche intrinseche del credito, prive di tale autonomia;

– quindi non si è trattato della cessione di un credito caratterizzato da una “qualità” intrinseca, bensì dell’espressa considerazione della garanzia ipotecaria per un importo di notevole entità, la cui quantificazione ed apposita menzione conferma l’importanza decisiva per la conclusione del negozio;

– per di più, la cedente ha espressamente garantito l’attuale esistenza della garanzia ipotecaria, sicchè il richiamo successivamente fatto, nella stessa clausola contrattuale, all’art. 1266 cod. civ. non può certo essere inteso -come pretenderebbe la ricorrente – nel senso di limitare siffatta garanzia convenzionale: sia perchè è possibile la deroga convenzionale alla previsione legale, non certo il contrario; sia perchè, per quanto detto sopra, la norma è perfettamente compatibile con l’estensione dell’obbligo di garanzia agli accessori del credito che siano espressamente considerati dalle parti;

– infine, tenuto conto degli argomenti difensivi della ricorrente, va precisato che è vero che anche la garanzia relativa agli accessori è limitata alla c.d. veritas, cioè alla loro esistenza, e non si estende alla idoneità ad assicurare la soddisfazione del cessionario (c.d. bonitas), a meno che non sia espressamente previsto dai contraenti;

– tuttavia, rientra nella garanzia della c.d. veritas dell’ipoteca anche l’ammontare del credito per il quale il cedente ha assicurato la sussistenza della garanzia reale, poichè, se successivamente risulta che l’ipoteca sia a garanzia del credito per un ammontare inferiore (come è stato nella specie), quella stessa ipoteca, per la parte non garantita, è, appunto, inesistente; quindi comporta l’operatività della garanzia dell’art. 1266 cod. civ.;

altra, invece, è la c.d. bonitas, cioè la possibilità di realizzo del credito come ipotecario, quando l’ipoteca, pur iscritta per l’intero credito, non consente al creditore di soddisfarsi interamente avvalendosi del privilegio (cfr., il lontano precedente citato in ricorso di cui a Cass. n. 1476/1947); questa effettivamente non è ricompresa nella garanzia del art. 1266 cod. civ., ma non risulta essere ipotesi ricorrente nel caso di specie;

in conclusione, va affermato che, in tema di cessione del credito, se le parti espressamente prevedono nel contratto di cessione che questa comprenda determinate garanzie del credito ceduto, in particolare la garanzia ipotecaria, fatta oggetto di trasferimento ai sensi dell’art. 1263 cod. civ., ed il cedente garantisca l’attuale esistenza sia delle ragioni di credito che delle garanzie che le assistono, si deve intendere che si estenda a queste ultime, l’obbligo di garanzia del cedente ai sensi dell’art. 1266 cod. civ., sia quanto all’esistenza dell’iscrizione ipotecaria che quanto all’ammontare del credito da questa garantito;

poichè la decisione impugnata è, infine, conforme a questo principio di diritto, il ricorso va rigettato, con le statuizioni consequenziali di cui al dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in Euro 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2017

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