Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17069 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7791-2019 proposto da:

G.O., C.M. e C.P.M.,

rappresentati e difesi dall’avv. GIANDOMENICO DANIELE e domiciliati

presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il

02/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

16/04/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto n. 224/2017 la Corte di Appello di Firenze liquidava in favore di G.O., figlia ed erede di L.N.G., l’indennizzo per l’irragionevole durata di un giudizio avente ad oggetto la domanda di riconoscimento di una pensione di guerra, condannando il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 6.960,00. Avverso detta pronuncia proponeva opposizione la G., lamentando che il primo giudice avesse erroneamente limitato la condanna del Ministero nei soli limiti della quota ereditaria spettante all’istante. Si costituiva il Ministero, resistendo al gravame e proponendo a sua volta opposizione incidentale, lamentando l’erroneo riconoscimento dell’indennizzo.

Con il decreto oggi impugnato la Corte di Appello di Firenze, in accoglimento del gravame incidentale della parte pubblica, riformava la prima decisione, rigettando la domanda proposta da G.O., che condannava alle spese di lite.

Ricorre per la cassazione di detta decisione G.O., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamentano l’errata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, perchè la Corte distrettuale avrebbe erroneamente escluso l’indennizzo per l’irragionevole durata di un giudizio protrattosi per 53 anni, a fronte della ravvisata manifesta infondatezza della domanda proposta dagli eredi di G.D.. Ad avviso della ricorrente, costui aveva contratto la tubercolosi mentre lavorava presso un campo di aviazione in Germania e, quindi, aveva maturato il diritto al riconoscimento della pensione di guerra, a fronte della malattia che, a distanza di anni dal rimpatrio, lo aveva poi condotto alla morte.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta l’ulteriore profilo di violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, perchè la Corte fiorentina avrebbe erroneamente omesso di considerare che la pensione di guerra non spetta soltanto ai soldati o ai prigionieri di guerra, ma anche ai civili che, per motivi riconducibili all’evento bellico, abbiano contratto una malattia o ricevuto una menomazione rilevante.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili.

La Corte territoriale ha ravvisato la manifesta infondatezza della domanda di riconoscimento del trattamento pensionistico per motivi bellici proposta dagli eredi del G.D. perchè “Dalla documentazione agli atti emerge con chiarezza, e non è contestato, che Gu.Du., padre della ricorrente, recatosi in Germania volontariamente per motivi di lavoro nel 1942, non fu mai vittima di episodi di guerra, nè fu mai coinvolto in episodi bellici. Il suo decesso causato dalla tubercolosi, patologia manifestatasi al momento del suo rientro in patria, non ha dunque alcun nesso con il conflitto bellico che ha tormentato l’Europa in quegli anni. Di tali circostanze doveva essere ben consapevole la vedova, L.N.G., al momento del deposito del ricorso con il quale avanzava richiesta di pensione di guerra. Ciò si evince anche dalla narrativa laconica del ricorso da lei depositato nel 1962 avanti alla Corte di Conti, con cui impugnava il provvedimento di diniego adottato in sede amministrativa, ricorso nel quale non si fa alcun riferimento ad un episodio specifico connesso al conflitto mondiale, quale causa della malattia contratta dal coniuge” (cfr. pag.4 del provvedimento impugnato). Tale passaggio della motivazione non viene specificamente attinto dai motivi di ricorso, nei quali la G. non indica alcun evento astrattamente riconducibile agli eventi bellici, ma si limita ad invocare un inammissibile riesame nel merito, estraneo alla finalità ed alla natura del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). La manifesta infondatezza della pretesa, ravvisata dalla Corte di Appello, costituisce elemento idoneo ad escludere il diritto all’indennizzo L. n. 89 del 2001 ex art. 2, comma 2-quinquies, considerato che “In tema d’irragionevole durata del processo, l’elenco di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, non è tassativo, sicchè l’indennizzo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche in assenza della condanna per responsabilità aggravata, a cui si riferisce la lett. a), potendo il giudice del procedimento di equa riparazione, già prima delle modifiche di cui alla L. n. 208 del 2015, autonomamente valutare la temerarietà della lite, come si desume, peraltro, dalla lett. f), che attribuisce carattere ostativo ad ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali” (Cass. Sez. 6-2, Sentenza n. 9100 del 05/05/2016, Rv. 639641; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24190 del 13/10/2017, Rv. 645589).

Da quanto precede deriva l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

 

 

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