Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17068 del 11/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/07/2017, (ud. 29/03/2017, dep.11/07/2017),  n. 17068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29244-2015 proposto da:

C.C., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANIELLO CIRILLO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M. & C SAS in persona del legale rappresentante pro

tempore M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BARNABA ORIANI, 85, presso lo studio dell’avvocato DARIO D’AURIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO COPPOLA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1727/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SALVATORE SARACINO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In data 24 febbraio 2010 C.C., in qualità di proprietaria dell’immobile locato ad uso commerciale alla società P.M. & Co s.a.s., notificava a quest’ultima intimazione di sfratto per morosità e atto di citazione a comparire per la relativa convalida dinnanzi al Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Marano di Napoli.

C.C. lamentava il mancato pagamento dei canoni, dal mese di maggio 2009 al mese di febbraio 2010, per un importo totale di Euro 3100,00. Richiedeva, per questi motivi, all’adito Tribunale un provvedimento di convalida di sfratto per morosità o, in caso di opposizione, un’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile, e la dichiarazione in ogni caso della risoluzione del rapporto contrattuale per grave inadempimento del conduttore con contestuale condanna al pagamento dei canoni locativi scaduti ed in scadenza fino al momento del rilascio.

Resisteva la società convenuta eccependo il pagamento dei canoni contestati a mezzo diverso, rispetto a quanto convenuto dai contraenti, a causa dei ripetuti tentativi effettuati presso il domicilio dell’attrice, anche a mezzo dell’ufficiale giudiziario, esperiti senza successo.

Prima dell’intimazione di sfratto infatti, il conduttore provvedeva al versamento delle somme dovute per i canoni scaduti di aprile, maggio e giugno in data 18 febbraio 2010 a mezzo vaglio postale e, per quelli scaduti da luglio 2009 a febbraio 2010 in data 26 febbraio 2010 a mezzo bonifico, rispettivamente per importi pari a 930 Euro e 2480 Euro. Sosteneva inoltre l’ingiusta pretesa dei predetti canoni a causa dell’inagibilità del locale commerciale dichiarata dal Comune, con ordinanza nell’aprile 2009.

Il Tribunale adito con sentenza n. 174 del 2013 accoglieva l’attorea domanda in ordine alla risoluzione del rapporto contrattuale e, confermando quanto disposto con l’ordinanza di rilascio, condannava al pagamento dei canoni scaduti ed in scadenza, per somme pari ad curo 2790,00 (ritenendo non dovuti i canoni dal maggio al novembre 2009 a causa dell’inagibilità dichiarata).

2. La società soccombente proponeva appello avverso la sentenza resa in primo grado censurando la mancata considerazione dell’offerta reale del canone avvenuta a mezzo ufficiale giudiziario ex art. 1209 c.c., che escludeva ex se la mora debendi, e dell’ordinanza di inagibilità del locale disposta dal Comune dal mese di aprile 2009.

La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1727 del 6 maggio 2015, modificava parzialmente la sentenza di primo grado rigettando la domanda di risoluzione del contratto di locazione e condannando C.C. a restituire l’immobile de quo all’appellante. La Corte, altresì, ordinava la correzione dell’errore materiale presente in dispositivo (ove era scritto Euro 2.790,00 doveva intendersi Euro 4.030,00).

Secondo la Corte il pagamento effettuato dal conduttore, seppur con modalità non previste nel contratto (bonifico bancario), equivale ad un’offerta non formale ai sensi dell’art. 1220 c.c. idonea ad impedire la risoluzione per inadempimento in quanto diretta ad immettere la somma nella disponibilità del locatore e, dunque, indicativa della seria volontà del conduttore di adempiere. Aggiungeva, inoltre, il giudice del merito che il conduttore era stato indotto a corrispondere il canone dovuto mediante le suddette modalità a seguito del mancato reperimento del locatore presso il suo domicilio.

3. Avverso tale pronunzia propone ricorso per Cassazione C.C., sulla base di tre motivi.

3.1. Resiste con controricorso P.M. & C.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione dell’art. 1220 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte d’Appello avrebbe applicato erroneamente l’art. 1220 cod. civ. nel ritenere che l’invio del vaglia postale e del bonifico bancaria fossero idonei ad escludere la mora debendi.

Il motivo a parte i profili di inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 6 e art. 360 bis, poichè il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Cassazione, sarebbe ugualmente infondato.

Secondo costante orientamento di questa Corte, infatti, l’offerta non formale della prestazione è idonea ad escludere la mora del debitore soltanto se sia seria, tempestiva e completa, e consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto integrale della prestazione dovuta nella disponibilità del creditore, nonchè nella comunicazione di tale fatto al medesimo. Il parametro valutativo della sussistenza dei caratteri della serietà e della completezza è costituito dalla esaustività della posizione assunta dal debitore con l’offerta stessa, nel senso che il creditore deve potervi aderire senza ulteriori accordi ed ottenere la prestazione limitandosi semplicemente a riceverla, ovvero a porre il debitore nelle condizioni di poterla materialmente effettuare (Cass. n. 21924/2015; Cass. n. 25155/2010; Cass. n. 15352/2006). Nel caso di specie la Corte Territoriale con accertamento di merito ha valutato il pagamento effettuato dal conduttore seppur con modalità non concordata, indicativa comunque della seria volontà del conduttore di adempiere. Quindi ha ritenuto tale pagamento un’offerta non formale connotata dei caratteri della serietà.

4.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Si duole del fatto che il giudice del merito non avrebbe valutato che il prolungato mancato pagamento dei canoni di locazione avrebbe con figurato un inadempimento degli obblighi contrattuali del conduttore tale da determinare l’accoglimento della richiesta di risoluzione del contratto di locazione per morosità ai sensi dell’art. 1453 cod. civ. e della L. n. 392 del 1978, artt. 5 e 55.

4.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La parte resistente avrebbe mancato di provare l’assenza di colpevolezza nell’inadempimento del contratto di locazione.

Il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente e, a parte i profili di inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 6, sono infondati.

La pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento richiede un accertamento non limitato al solo parametro oggettivo, vale a dire diretto a verificare che l’inadempimento, avuto riguardo all’interesse delle parti, abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto negoziale producendo uno squilibrio sensibile del sinallagma del contratto, ma si estende anche al profilo soggettivo della colpa al fine di valutare la condotta di entrambe le parti (Cass. n. 6463/2008). Mediante la valutazione della non scarsa importanza, dal profilo oggettivo può emergere una situazione tale da escludere un inadempimento colpevole o da attenuare il giudizio di gravità dell’inadempimento. Inoltre, nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, l’art. 1455 cod. civ.pone una regola di proporzionalità secondo cui la risoluzione del vincolo contrattuale è legata esclusivamente all’inadempimento delle obbligazioni che rivestano una notevole importanza.

La valutazione circa la notevole importanza dell’inadempimento ai fini dell’accoglimento della relativa domanda è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito ed, appunto, nel caso di specie è stata esclusa con motivazione scevra da vizi logico giuridici.

Inoltre il presupposto per l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto de quo non è costituito dalla sussistenza dell’elemento oggettivo bensì dalla suddetta valutazione della gravità dell’inadempimento stesso, che nel caso di specie è stata esclusa.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in curo 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2017

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