Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17068 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17068 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 27014-2011 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580,
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA
SALUTE 96047640584, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE
UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti contro

MILITO MARIAGABRIELLA MLTMGB60R55D086J, MUTO ROSSELLA

Data pubblicazione: 10/07/2013

MTURSL58L69D086Q, BLASI VINCENZO BLSVCN59T17D086N,
GRECO GREGORIO GRCGGR59P21D086Z, GONZALES ROSANNA
GNZRNN62M69D0861, CHIAPPETTA SALVATORE
CHPSVT58D10D086P, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato

MORCAVALLO ALESSANDRA giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 3658/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 27/04/2010, depositata il 20/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Figliolia Ettore difensore dei
ricorrenti che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocto Morcavallo Alessandra difensore dei
controricorrenti che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE
PRATIS che ha concluso per l’accoglimento del secondo
motivo con rinvio.

FARSETTI MASSIMO, rappresentati e difesi dall’avvocato

R.g.n. 27014-11 (ud. 9.5.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. La Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della Salute, il Ministero
dell’Istruzione, Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e Finanza hanno
proposto ricorso per cassazione contro Salvatore Chiappetta, Rosanna Gonzales, Vincenzo
Blasi, Mariagabriella Milito, Rosella Muto e Gregorio Greco avverso la sentenza del 20
settembre 2010, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha parzialmente riformato la

sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, che — per quanto ancora interessa – aveva
rigettato per difetto di titolarità passiva del diritto, essendo esso configurabile solo nei
confronti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, la domanda degli intimati, volta
ad ottenere la condanna dei qui ricorrenti al risarcimento del danno da loro sofferto, in
conseguenza dell’inadempimento statuale alle direttive CEE 75/362, 75/363 76/82/75 ed in
ragione dell’aver dovuto essi frequentare in anni accademici anteriori al 1991/1992 corsi di
specializzazione medica presso detta Università regolati in modo non conforme a quanto
imposto da dette direttive.
§2. La Corte territoriale, sull’appello dei medici, ha riformato la sentenza di primo
grado reputando che la loro pretesa non fosse riferibile all’Università bensì
all’Amministrazione Centrale dello Stato e, quindi, espressamente individuando come
unico legittimato passivo con riferimento ad essa la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ha, quindi, qualificato in iure la detta pretesa alla stregua di Cass. sez. un. n. 9147 c.c., ha
considerato tardiva e comunque infondata l’eccezione di prescrizione fatta valere dalle
Amministrazioni, ed ha, di seguito, riconosciuto ai medici somme corrispondenti a quanto
previsto dal d.lgs. n. 257 del 1991 con riferimento a ciascun anno di durata del corso di
specializzazione, peraltro escludendo, quanto alla Gonzales ed alla Muto rispettivamente la
debenza del risarcimento per l’ultimo anno di corso per gli ultimi due anni di corso, in
quanto seguiti allorquando la disciplina del detto d.lgs. era già vigente ed avrebbe
consentito, a dire della Corte capitolina, di domandare la corresponsione per tali anni della
borsa di studio prevista dal d.lgs., di modo che per quegli anni il risarcimento non poteva
riconoscersi <>.
§3. Al ricorso hanno resistito con congiunto controricorso i medici intimati, che
hanno anche depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3
Est. Coné Rffae1e Frasca

R.g.n. 27014-11 (ud. 9.5.2013)

§1. Preliminarmente il Collegio rileva che va disattesa l’eccezione di tardività del
ricorso prospettata dai resistenti.
Invero, il ricorso è stato consegnato per la notificazione il 7 novembre 2011.
Il termine c.d. lungo di un anno dalla pubblicazione, al lordo dei 46 giorni di
sospensione dei termini per il periodo feriale dell’anno 2011, veniva a scadere il giorno 5
novembre 2011 (sommando all’anno solare dalla pubblicazione, scaduto il 20 settembre

2011, i dieci giorni fino al 30 settembre successivo, i trentuno del mese di ottobre ed i
primi cinque del mese di novembre, fino appunto ad arrivare a giorni 46), che, però,
cadeva di sabato.
Ai sensi dell’art. 155, quinto comma, c.p.c. (aggiunto dall’art. 2 della 1. n. 263 del
2005 e divenuto applicabile alla controversia, con effetto per il futuro e, quindi, per i
termini da calcolarsi successivamente all’entrata in vigore della legge, in forza dell’art. 58,
comma 3, della 1. n. 69 del 2009) il termine, cadendo di sabato vene di diritto prorogato al
giorno successivo, cioè al 6 novembre 2011, che, però cadeva di domenica, onde ai sensi
del quarto coma dello stesso art. 155 c.p.c., il termine venne a sua volta prorogato al
successivo lunedì 7 novembre, che, dunque, era l’ultimo giorno utile per notificare dal
punto di vista delle ricorrenti.
Il ricorso è, pertanto, tempestivo.
§2. Il ricorso dei tre Ministeri è inammissibile, perché nessuno dei due motivi che
esso propone impugna le statuizioni della sentenza impugnata che li riguardano.
Esse sono: a) per un verso quella che ha escluso la legittimazione passiva sostanziale
dei Ministeri, così determinando la loro posizione di vincitori nel giudizio e, dunque,
dovendosi escludere la stessa possibilità di una sua impugnazione da parte loro; b) per altro
verso quella relativa alla compensazione delle spese del grado di appello, riguardo alla
quale si sarebbe potuto configurare un interesse ad impugnare funzionale ad ottenere il
riconoscimento del favore delle spese, ma esso non si è attualizzato con uno specifico
motivo.
Le spese del giudizio di cassazione possono compensarsi, atteso che i resistenti non
hanno svolto il rilievo di inammissibilità e considerato che le ragioni poste a suo
fondamento non risultavano di immediata percezione nella sentenza impugnata, che alla
statuizione della motivazione circa il difetto di legittimazione non fece corrispondere
apposito capo dichiarativo di esso nel suo dispositivo. Il che rende scusabile l’errore della
difesa rariale.
4
Est. Cons.tRifteIe Frasca

R.g.n. 27014-11 (ud. 9.5.2013)

§3. I due motivi di ricorso sono da esaminare, dunque, esclusivamente riguardo alla
Presidenza del Consiglio dei ministri.
§3.1. Con il primo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 6,
commi 1 e 2, divo 257/91 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” e vi si sostiene che, una volta
individuata la fonte normativa alla quale era da riconoscere la pretesa dei medici era il
d.lgs. n. 257 del 1991, la Corte territoriale avrebbe dovuto, come aveva fatto il Tribunale,
reputare che la legittimazione sostanziale passiva competesse esclusivamente

all’Università e non alle Amministrazioni statali, onde avrebbe dovuto respingere il motivo
di appello con cui esse avevano censurato la decisione del primo giudice.
§3.2. Con un secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art.
2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Vi si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe violato le norme sull’onere della
prova nel parametrare il dovuto ai medici alla stregua di quanto previsto dal d.lgs. n. 257
del 1991, giacché lo avrebbe fatto senza che i medici avessero fornito la dimostrazione di
essersi trovati nelle condizioni fattuali richieste dal detto d.lgs., particolarmente quanto alla
dimostrazione di non avere svolto altra attività lavorativa libero-professionale remunerata.
In secondo luogo, si adduce che sarebbe anche mancata la dimostrazione della frequenza
dei corsi secondo i requisiti stabiliti dalla direttiva CEE 75/363 e nell’allegato 1 alla
direttiva CEE 82/76. Si assume ancora che la sola produzione delle certificazioni relative
alla frequentazione del corso di specializzazione ed al conseguimento del diploma non
darebbe garanzia che i medici non avessero frequentato effettivamente il corso per una
durata inferiore a quella di legge, ad esempio accelerando il corso degli esami. Non
rileverebbe, d’altro canto, che la possibilità di frequentare i corsi senza dover sottostare
all’obbligo del tempo pieno derivasse dalla situazione di inadempienza dello Stato alle
direttive che prevedevano la formazione a tempo pieno, perché oggetto della controversia
sarebbe la pretesa ad una adeguata remunerazione, che le stesse direttive prevedevano per
il caso di svolgimento della formazione a tempo pieno, con divieto di svolgere attività
libero professionale.
§3.3. Lo scrutinio dei due motivi deve muovere dal rilievo che sia il primo che il
secondo si dolgono che il diritto ricollegabile all’inadempimento delle note direttive sia
stato riconosciuto erroneamente a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri in base
al d.lgs. n. 257 del 1991 e che, quindi, il danno sia stato correlato a quanto prevede tale
d.lgs.

5
Est. Cons

ele Frasca

R.g.n. 27014-11 (ud. 9.5.2013)

Ora, l’errore si configura, ma per ragioni diverse da quelle indicate dai due motivi e
alle quali, tuttavia, questa Corte può dare rilievo nell’esercizio dei poteri sottesi al
principio iura novit curia in quanto tale esercizio resti nei confini del finalismo della
censura.
E’ stato, infatti, già affermato che <

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