Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17067 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17067 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 21952-2011 proposto da:
CAGGIATI

ALBERTO

CGGLRT57P18D612B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUCIO PAPIRIO 83, presso lo
studio dell’avvocato AVITABILE ANTONIO, che lo
rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –

2013
contro

4363

MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELLE POLITICHE
SOCIALI, REPUBBLICA ITALIANA, in persona del
Presidente del Consiglio dei Ministri, MINISTERO
DELL’ECONOMIA

E

DELLE FINANZE, MINISTERO

Data pubblicazione: 10/07/2013

DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA E RICERCA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12,

presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ope legis;
– controricorrenti

3647/2010 della CORTE D’APPELLO

di ROMA del 9/07/2010, depositata il 20/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Ettore Figliolia difensore dei
controricorrenti che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE
PRATIS che ha concluso per l’inammissibilità o il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

R.g.n. 21952-11 (ud. 9.5.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Alberto Caggiani ha proposto ricorso per cassazione contro la Repubblica
Italiana in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministero della Salute, il
Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca Scientifica e Tecnologica, avverso la sentenza del 20 settembre 2010, con la
quale la Corte d’Appello di Roma, ha rigettato il suo appello avverso la sentenza del

Tribunale di Roma, che – investito da esso ricorrente di una domanda intesa ad ottenere, in
relazione alla frequenza di un corso di specializzazione in chirurgia vascolare presso
l’Università “La sapienza” di Roma negli anni dal 1982 al 1986 non conforme alle direttive
comunitarie nn. 362/75, 363/75 e 82/76/, in via principale ed alternativa il riconoscimento
di un’adeguata remunerazione e del risarcimento del danno per l’inidoneità del suo
diploma sul piano comunitario o del risarcimento del danno sotto l’uno e l’altro profilo,
nonché subordinatamente il riconoscimento di un indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c. aveva rigettato sia le domande principali (per intervenuta prescrizione) sia quella
subordinata.
§2. La Corte territoriale, per quanto ancora interessa, ha rigettato l’appello nei
confronti di tutti i Ministeri per difetto di legittimazione passiva, reputando riferibile
quest’ultima soltanto alla Repubblica Italiana, in persona del Presidente del Consiglio di
ministri. Lo ha, invece, rigettato perché la prescrizione, da ritenersi decennale alla stregua
di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, si doveva ritenere decorsa dall’entrata in vigore del
d.lgs. n. 257 del 1991 e, quindi, in assenza di atti internativi anteriori, maturata al
momento dell’introduzione del giudizio di merito.
§3. Gli intimati hanno resistito con congiunto controricorso.
§4. I resistenti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e/o errata applicazione
degli artt. 2043 nonché 2943 e ss. c.c. (n. 3 art. 360 c.p.c.).
Vi si sostiene che erroneamente la Corte territoriale avrebbe fatto decorrere la
prescrizione dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 257 del 1991 e si invoca l’applicazione della
giurisprudenza inaugurata da Cass. n. 10813 del 2011, nel senso che la prescrizione delle
pretese degli specializzandi ebbe a decorrere dal 27 ottobre 1999.
3
Est. CdnL Raffae1e Frasca

R.g.n. 21952-11 (ud. 9.5.2013)

§2. Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione e/o erronea
applicazione degli artt. 346, 329, II comma c.p.c. e 100 c.p.c. (n. 3 art. 360 c.p.c.)”.
L’esordio della illustrazione del motivo espressamente lo riferisce alla decisione di
appello nel punto in cui ha ritenuto che il ricorrente, per essere la domanda di
arricchimento senza causa “non esplicitamente riproposta in appello” fosse incorso in
acquiescenza ai sensi dell’art. 329, secondo comma, c.p.c.
Il successivo argomentare, se mal non si intende il suo poco chiaro tenore, vorrebbe

sostenere che vi sarebbe stato un effetto devolutivo del riesame della domanda di
arricchimento senza causa in ragione della censura della decisione di rigetto delle domande
principali per prescrizione, ma come e perché giuridicamente ciò sarebbe stato possibile
non è spiegato. Il motivo, del resto, in disparte tale spiegazione, evoca poi Cass. n. 17350
del 2011, ma in modo incomprensibile e, quindi, assumendo che la Corte territoriale si
sarebbe dovuta adeguare ai principi di cui a detta sentenza sostiene che Essa sarebbe
incorsa nell’errore di dichiarare il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri.
§3. Preliminarmente il Collegio rileva che il ricorso appare inammissibile nei
confronti dei Ministeri, perché nessuno dei due motivi censura la decisione della Corte
capitolina sul punto in cui ha escluso la legittimazione in senso sostanziale dei medesimi.
Il primo motivo è, infatti, riferito alla statuizione sulla prescrizione che quella Corte
ha svolto dopo avere negato quella legittimazione e, quindi, riguardo alla domanda contro
la Repubblica Italiana. Esso, dunque, non riguarda le statuizioni della sentenza impugnata
riguardo ai Minister
Il secondo motivo parimenti non censura la statuizione di difetto di legittimazione,
posto che la parte finale della sua illustrazione non sembra poter essere intesa come
censura, essendo quella proposta nel motivo relativa all’azione di arricchimento, sulla
quale la sentenza impugnata ha statuito con riferimento alla posizione della Repubblica
Italiana e, quindi, all’esclusiva legittimazione ad Essa riconosciuta.
Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile nei riguardi dei Ministeri.
Dovrebbe esserlo comunque se il secondo motivo, per il contenuto della sua parte
finale, fosse da intendere come propositivo di censura nei riguardi dei Ministeri: si
tratterebbe, infatti, di censura inammissibile, sia perché non vi corrisponderebbe
l’indicazione delle norme di diritto violate (che non possono essere quelle indicate nella
intestazione del motivo), sia perché non ci si farebbe carico della motivazione della
sentenza impugnata, essendo anzi la censura priva di argomentazioni.

4
Est. C ns. Raffaele Frasca

R.g.n. 21952-11 (ud. 9.5.2013)

§4. Il primo motivo, da considerarsi rivolto solo nei confronti della Repubblica
Italiana, sarebbe fondato, perché effettivamente vi si invoca la giurisprudenza di questa
Corte che ormai regola la prescrizione della pretesa dei medici specializzandi e che si è
affermata dopo la sentenza qui impugnata.
Tuttavia, la sentenza stessa, là dove ha confermato il rigetto della domanda del
ricorrente appare conforme a diritto sulla base di una motivazione diversa da quella
fondata sulla prescrizione e che si rinviene nel fatto che il ricorrente non è mai divenuto

titolare di un diritto a far valere l’inadempimento statuale alle note direttive comunitarie.
Ciò, per la ragione che egli ha iniziato il corso di specializzazione prima che si
verificasse quell’inadempimento. E’ infatti, incontroverso ed emerge sia da quanto si dice
nel ricorso, sia da quanto si dice nella sentenza impugnata che il corso venne frequentato
negli anni dal 1982 al 1986 e, quindi, ebbe inizio nell’anno accademico 1982, allorquando
l’inadempimento statuale non si era ancora verificato, essendosi esso realizzato solo con il
31 dicembre 1982.
Ora questa Corte ha già ritenuto che, avendo gli specializzandi iscrittisi a corsi di
specializzazione anteriormente al 31 dicembre 1982 frequentato un corso che
legittimamente sul piano del diritto comunitario era iniziato in una situazione nella quale lo
Stato italiano non era ancora divenuto inadempiente all’obbligo di ottemperare alle note
direttive ed essendo l’obbligo statuale di adempiere le direttive correlato all’organizzazione
del corso nella sua completezza e, quindi, fin dal suo inizio, deve ritenersi che la situazione
di inadempienza dello Stato verificatasi a far tempo dal 1° gennaio 1983 fosse riferibile
soltanto all’organizzazione di corsi di specializzazione a far tempo da quella data e, quindi,
a corsi iniziati da essa. Con la conseguenza che il diritto nascente dalla situazione di
inadempienza non poteva riguardare i medici che a quella data stavano frequentando già
corsi di specializzazione iniziati anteriormente, in quanto ciò si sarebbe risolto in una sorta
di inammissibile retroattività degli effetti dell’inadempimento statuale, cioè del fatto
costitutivo del diritto dei singoli che dopo il 31 dicembre 1982 si vennero a trovare nelle
condizioni di fatto in cui, se le direttive fossero state adempiute, avrebbero potuto
beneficiare dei diritti da esse previsti: tali condizioni di fatto erano, infatti, riferibili
all’inizio del corso di specializzazione dopo il 31 dicembre 1982 e non alla frequenza di un
corso iniziato anteriormente.
Al riguardo, va considerato che al momento di inizio dei corsi prima del 31 dicembre
1982 lo Stato, non essendo ancora scaduto il termine per adempiere, nell’organizzare i
corsi senza tener conto delle direttive tenne un comportamento pienamente legittimo sul
5
Est. Co . Raffaele Frasca

R.g.n. 21952-11 (ud. 9.5.2013)

piano comunitario e non può sostenersi, stante il carattere unitario del corso, che una volta
sopravenuta la scadenza del termine per adempiere, detto comportamento venne colpito da
una sorta di illegittimità sopravvenuta. E ciò né in via retroattiva e, quindi, per tutta la
durata del corso, cioè sia per quella collocantesi prima del 31 dicembre 1982 e per quella
collocantesi dopo, né soltanto dopo quella data, cioè per gli anni di durata del corso
successivi.
E’ vero, d’altro canto, che, scegliendo tale interpretazione si finisce per ammettere

che lo Stato, nel consentire l’organizzare dei corsi di specializzazione fino al 31 dicembre
1982 e particolarmente di quello iniziato nello stesso anno 1982, là dove la durata di essi
avesse comportato il loro proiettarsi oltre il 31 dicembre 1982, si sarebbe posto nella
condizione di perpetuare dopo tale data la durata di corsi non conformi alle note direttive,
ma ciò non potè integrare un inadempimento delle direttive riguardo ad essi dopo quella
data, perché le direttive e segnatamente quella di c.d. coordinamento n. 82 del 1976 non
prevedevano, nel fissare la scadenza del 31 dicembre 1982 che a far tempo da quella data
gli Stati membri dovessero rendere conformi alle direttive i corsi pendenti.
La domanda del ricorrete, dunque, risulterebbe legittimamente rigettata, in base al
seguente principio di diritto: <> (così Cass. n. 21719 del 2012; adde, da ultimo, Cass. n. 587 del 2013).
§5. Il secondo motivo, una volta riferito alla sola Repubblica Italiana, risulta
inammissibile, per l’assorbente ragione che nella sua illustrazione non viene svolta alcuna
argomentazione, o almeno alcuna argomentazione intellegibile che dimostri come e perché
la Corte territoriale abbia ritenuto l’acquiescenza sulla statuizione del primo giudice
. riguardo ad essa. In particolare, essendo stata rigettata la domanda, non si dice dove e
come la statuizione era stata appellata, mentre la logica dell’appello per implicazione per
effetto della impugnazione della statuizione sulla prescrizione risulta priva di una benché
minima argomentazione e, quindi, come tale controllabile.
§6. Il ricorso è, conclusivamente dichiarato inammissibile nei riguardi dei Ministeri e
rigettato quanto alla Repubblica Italiana previa correzione della motivazione nei sensi
indicati.

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Est. Co . Raffaele Frasca

R.g.n. 21952-11 (ud. 9.5.2013)

Le spese del giudizio di cassazione, atteso che solo con la sentenza n. 21719 del 2012
questa Corte ha risolto la specifica questione dei c.d. specializzandi “a cavalo” della data
del 31 dicembre 1982, variamente decisa dai giudici di merito, possono compensarsi pe
tale ragione nei riguardi della Repubblica Italiana. L’oggettiva incertezza delle, questioni
di legittimazione relative alle pretese degli specializzandi induce a compensare le spese
anche riguardo ai Ministeri, tenuto conto che non è stata prospettata la questione di

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti dei Ministeri. Lo rigetta nei
riguardi della Repubblica Italiana. Compensa le spese del giudizio di cassazione riguardo a
tutti i rapporti processuali.
osi deciso ella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile-3 il 9 maggio 2013.
Il Presidente

inammissibilità dai medesimi.

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