Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17066 del 11/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/07/2017, (ud. 29/03/2017, dep.11/07/2017),  n. 17066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25804-2015 proposto da:

TRIVENETA SRL in persona del legale rappresentante Prof.

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ANTONINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato DAVIDE CAMPORESE giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA (OMISSIS) in persona del procuratore Dott.

CA.RO., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ENZO

ROBALDO, PIETRO FERRARIS giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 737/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DAVIDE CAMPORESE;

udito l’Avvocato ENZO ROBALDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2010, la Triveneta S.r.l. adì il Tribunale di Padova con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. nei confronti di Telecom Italia S.p.a. (già TIM Telecom Italia Mobile S.p.a.), esponendo di aver concesso in sublocazione nel 2001 a Blu S.p.a. una porzione di un’area sita in (OMISSIS), nonchè parte della superficie del traliccio ivi situato; che in data 13 marzo 2003 aveva ricevuto una lettera da TIM spa con la quale le era stata comunicata l’avvenuta fusione per incorporazione della Blu ed il conseguente subentro nel contratto di sublocazione, nonchè la volontà di recedere dal contratto stante la gravosità dello stesso; che a tale comunicazione aveva riscontrato in data 27 aprile 2003; che le richieste di pagamento dei canoni erano sempre rimaste inevase. Chiese quindi la declaratoria di illegittimità del recesso esercitato dalla resistente, nonchè la condanna della medesima resistente al pagamento dei canoni dovuti in virtù del suddetto contratto.

Si costituì in giudizio Telecom Italia S.p.a., chiedendone il rigetto della domanda attore, stante la legittimità del recesso.

Il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 2364/2012, accolse la domanda della Triveneta, ritenendo che la comunicazione del recesso non recasse la specificazione dei motivi che inducevano il subconduttore a ritenere eccessivamente gravosa la prosecuzione del rapporto.

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 737 del 24 aprile 2015.

Ad avviso della Corte di Appello, Telecom, nella lettera del 13 marzo 2003, aveva rappresentato in modo sufficientemente chiaro, seppur sintetico, le ragioni del recesso ovvero l’eccessiva onerosità della prosecuzione del rapporto a seguito dell’avvenuta fusione per incorporazione di Blu e l’evidente antieconomicità di conservare i contratti finalizzati alla trasmissione del segnale, avendo TIM già una propria rete mobile.

La specificità dei motivi di recesso poteva ritenersi sufficientemente esplicitata mediante il richiamo alla fusione tra le due compagnie.

Peraltro, il complessivo comportamento tenuto dalla Triveneta dimostrerebbe univocamente l’accettazione del recesso da parte della sublocatrice, la quale, riscontrando la lettera di Telecom del 13 marzo 2003, non ha provveduto a contestare la legittimità del recesso, nè, fino al 2009, ha richiesto l’adempimento del contratto mediante il pagamento di canoni.

Secondo la Corte, inoltre, non assumono rilevanza nè la comunicazione con la quale la Ciet S.p.a. comunicava alla Triveneta di aver ricevuto da TIM l’incarico di pervenire ad una conclusione del rapporto (in quanto tale comunicazione, proveniente da un terzo, non ha efficacia probatoria circa i rapporti tra le parti), nè la circostanza riferita da terzi che Triveneta avrebbe impedito a Ciet di rimuovere le apparecchiature di Telecom, che non può avere il valore di una effettiva messa in mora del conduttore inadempiente.

3. Avverso tale sentenza, propone ricorso in Cassazione Triveneta S.p.a., sulla base di tre motivi illustrati da memoria.

3.1. Resiste con controricorso Telecom Italia S.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c. (art. 360, n. 3) così come interpretato ed applicato nel diritto vivente”, la “violazione dell’art. 2697 c.c.”, l’ultrapetizione, nonchè la “violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti (art. 1362 e s.s.) in quanto applicabili agli atti unilaterali fra vivi ex art. 1342 c.c.”.

La decisione della Corte di appello contrasterebbe con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto di recesso, il conduttore deve comunicare al locatore i gravi motivi, indipendenti dalla sua volontà, che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto.

Infatti, nella missiva con cui ha comunicato la volontà di recedere, Telecom si sarebbe limitata ad indicare, quale motivo, l’avvenuta fusione per incorporazione, senza addurre l’antieconomicità del mantenimento del sito.

La circostanza per cui gli impianti di Blu S.p.a. sarebbero stati ridondanti, avendo già TIM una propria rete mobile, oltre a non essere stata provata, sarebbe stata specificata tardivamente, solo a causa instaurata.

Il fatto che TIM disponesse già di una propria rete mobile non implicava necessariamente che gli impianti di Blu fossero inutili, giacchè potevano servire ad incrementare le potenzialità tecniche.

Inoltre il giudice di secondo grado non avrebbe tenuto conto che i fatti tardivamente invocati dalla resistente per giustificare l’impossibilità di proseguire il rapporto non sarebbero nè imprevedibili nè involontari.

Il motivo è fondato.

Costituisce principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’onere per il conduttore, di specificare i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, ancorchè non espressamente previsto da detta norma, deve ritenersi conseguente alla logica dell’istituto, atteso che al conduttore è consentito di sciogliersi dal contratto solo se ricorrano gravi motivi e il locatore deve poter conoscere tali motivi già al momento in cui il recesso è esercitato, dovendo egli assumere le proprie determinazioni sulla base di un chiaro comportamento dell’altra parte del contratto, anche al fine di organizzare una precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso stesso (cfr. Cass. ord. 27 ottobre 2011, n. 22392; Cass. 06 giugno 2008, n. 15058; Cass. 29 marzo 2006, n. 7241; Cass. 26 novembre 2002, n. 16676). E’ stato in particolare precisato che – pur non avendo il conduttore l’onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, nè di darne la prova (perchè queste attività devono essere svolte in caso di contestazione da parte del locatore) – si tratta pur sempre di recesso “titolato”, per cui la comunicazione del conduttore non può prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (cfr Cass. 17 gennaio 2012, n. 549).

I motivi del recesso, quindi, devono essere enunciati nella dichiarazione stessa, e non possono essere esplicitati successivamente (Cass. civ. Sez. 3, Sent., 30-06-2015, n. 13368; Cass. 17.1.2012 n. 549).

Nel caso di specie Telecom, comunicando all’odierna ricorrente la propria volontà di recedere, ha fatto riferimento, in maniera generica, alla gravosità del mantenimento del contratto di sublocazione in cui era subentrata conseguentemente all’avvenuta fusione per incorporazione di Blu, senza specificare le ragioni. Pertanto non può essere sufficiente tale affermazione ad integrare i requisiti previsti dalla L. n. 392 del 1978, art. 27.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta, sotto un altro profilo, la “violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c. (art. 360, n. 3) così come interpretato ed applicato nel diritto vivente”.

La Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il comportamento della Triveneta dimostrasse l’accettazione del recesso.

In realtà, la ricorrente non avrebbe avuto l’onere di contestare il recesso, perchè Telecom non avrebbe specificato alcun grave motivo. Di conseguenza, il silenzio della sublocatrice, non essendo circostanziato, non avrebbe potuto essere interpretato come accettazione o acquiescenza.

Sarebbe al contrario significativo il comportamento di Telecom, che non avrebbe risposto ai solleciti di pagamento e avrebbe atteso tre anni prima di incaricare una mandataria per provvedere alla risoluzione del contratto.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.” nonchè la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1703 e ss. c.c. in tema di mandato”.

La Corte di Appello avrebbe errato nel non attribuire rilevanza al fax con cui CIET S.p.a. aveva comunicato alla Triveneta di essere stata incaricata da TIM di gestire la conclusione del rapporto, nonchè al contratto di mandato allegato al medesimo fax, da cui si evinceva che TIM aveva affidato alla mandataria le attività di perfezionamento della risoluzione dei contratti di locazione.

Il mandatario che opera nei limiti del mandato conferitogli non potrebbe essere considerato terzo rispetto al mandante.

Il secondo e il terzo motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo.

7. Pertanto, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo e terzo, cassa in relazione, come in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia, che provvederà anche per le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

 

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo e terzo, cassa in relazione, come in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia, che provvederà anche per le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2017

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