Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17065 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 13/08/2020), n.17065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23056-2018 proposto da:

CS TRASPORTI S.R.L., IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PINCIANA 25, presso lo studio dell’avvocato FLAVIO

IACOVONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA

MATTACE RASO;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA ANGELA SCAFFIDI

DOMIANELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/03/2018, R.G.N. 1763/2014.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Che la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 175/2018, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato da CS Trasporti s.r.l. a B.A. e condannato la società datrice alla riassunzione del lavoratore o, in mancanza, al versamento di un’indennità pari a complessivi Euro 5.865,63 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali;

1.1. che la declaratoria di illegittimità del licenziamento è stata fondata sulla mancanza di prova in relazione all’addebito rappresentato dall’appropriazione di otto pallets vuoti di proprietà della Exide Technologie s.r.l., cliente della società datrice di lavoro, e sul difetto di proporzionalità della sanzione espulsiva in relazione all’altro addebito rappresentato dall’effettuazione di soste non autorizzate nell’espletamento dell’attività di autista per conto della CS Trasporti s.r.l.;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso CS Trasporti s.r.l. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;

3. che CS Trasporti s.r.l. in liquidazione, ha depositato memoria di costituzione richiamando le difese e le conclusioni svolte da CS Trasporti s.r.l. con il ricorso per cassazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Che con il primo motivo parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., e dell’art. 116 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere ritenuta indimostrata l’appropriazione da parte del B. dei pallets di proprietà della Exide Technologie s.r.l. sul presupposto della impossibilità di identificazione di tali pallet con i bancali rinvenuti sul camion aziendale condotto dal B.. Si duole, in particolare, del mancato ricorso al ragionamento presuntivo pur in presenza di circostanze che assume essere gravi, precise e concordanti nel senso della responsabilità del dipendente per il fatto ascritto; a tal fine richiama l’ammissione formulata dal dipendente nell’atto introduttivo, di essere solito caricare, all’insaputa del datore di lavoro, sul furgone di proprietà aziendale, pallets che gli venivano dati in regalo dalle ditte clienti e che egli provvedeva a rivendere, la presenza sul veicolo dei bancali al momento dell’allontanamento dal magazzino della società cliente, la circostanza che i dipendenti di questa si erano avveduti che dal magazzino mancavano dei bancali;

2. che con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., e dell’art. 116 c.p.c., censura la sentenza impugnata in quanto, sul presupposto (peraltro) erroneo della carenza di prova in ordine al furto perpetrato dal dipendente, aveva escluso la configurabilità della giusta causa di recesso, trascurando di considerare che risultava, comunque, provato che il lavoratore utilizzava il camion di proprietà aziendale per svolgere attività abusiva di compravendita di pallets in orario di lavoro e che effettuava pause non autorizzate nell’espletamento dell’attività;

3. che il primo motivo di ricorso è infondato. La sentenza impugnata ha premesso che secondo quanto emergente dalla lettera di contestazione e dalla missiva di licenziamento l’addebito contestato concerneva in primo luogo l’appropriazione, senza consenso della società Exide, di otto bancali di proprietà di quest’ultima ed ha richiamato il verbale della società Exide nonchè la deposizione del teste M. ritenendo che alla stregua degli stessi, non potesse dirsi provato che otto dei diciotto pallets rinvenuti sul camion del B. fossero certamente di proprietà della società cliente della CS Trasporti s.r.l.. Tale ricostruzione non è inficiata dalle censure svolte nel motivo in esame posto che le conclusioni attinte dal giudice del merito risultano senz’altro plausibili alla luce degli elementi in atti non evidenziandosi alcuna assoluta illogicità e contraddittorietà nel mancato ricorso da parte del giudice di merito al ragionamento presuntivo. Tanto è sufficiente a determinare il rigetto del motivo in esame in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. n. 8023 del 2009, Cass. n. 17596 del 2003);

4. che il secondo motivo è infondato. La sentenza impugnata, richiamata la lettera di contestazione e quella di licenziamento, ha osservato che l’addebito formulato al dipendente concerneva “innanzitutto” l’appropriazione, senza consenso della società Exide, di otto bancali di proprietà di quest’ultima e, quindi, le soste stradali non autorizzate. Ha ritenuto il primo addebito non provato ed il secondo, ammesso dal dipendente, inidoneo, di per sè, a giustificare la sanzione espulsiva sotto il necessario profilo della proporzionalità all’entità della condotta. La questione dell’utilizzo abusivo del camion per l’attività di compravendita dei bancali, quale oggetto di ulteriore addebito a carico del Buonaiuto oppure quale elemento destinato ad incidere sulla lesione del vincolo fiduciario, non è stata espressamente affrontata dalla Corte di merito di talchè costituiva onere della odierna parte ricorrente, onere in concreto non assolto, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente ciò era avvenuto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (Cass. n. 20694 del 2018Cass. n. 1435 del 2013, Cass. n. 20518 del 2008, Cass. n. 22540 del 2006);

4.1. che con riferimento al secondo illecito contestato la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza della giusta causa di licenziamento in ragione della lieve entità dell’addebito, ulteriormente evidenziando che non risultavano provate le gravi conseguenze (quali costi aggiuntivi per pedaggi autostradali extra, ritardo nella produzione e nello smistamento logistico del materiale ritirato presso la clientela, aggravio economico di ore di straordinario pagate al personale del magazzino) di quelle soste indicate nella lettera di licenziamento, soste giustificate dal lavoratore con l’esigenza di andare a prendere un caffè;

4.2. che tanto premesso la valutazione del giudice di merito, sotto il profilo della violazione dell’art. 2119 c.c., poteva essere incrinata solo dalla denunzia di incoerenza dei parametri ai quali era stata ancorata la verifica della lesione del vincolo fiduciario con quelli destinati ad integrare, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la clausola generale di cui all’art. 2119 c.c., vale a dire i principi costituzionali, quelli generali dell’ordinamento, precise norme suscettibili di applicazione in via estensiva o analogica, o regole che si configurano, per la costante e pacifica applicazione giurisprudenziale e per il carattere di generalità assunta, come diritto vivente (Cass. n. 7406 del 2018, Cass. n. 7305 del 2018, Cass. 6498 del 2012, Cass. 16037 del 2004);

4.3. che parte ricorrente, nell’articolazione della censura, non denunzia la violazione di uno specifico parametro tra quelli destinati ad integrare la clausola generale di cui all’art. 2119 c.c., ma tende, in concreto, a sollecitare una diversa valutazione del fatto oggetto di addebito sotto il profilo della proporzionalità della sanzione espulsiva alla sua reale entità e quindi investe un tipico accertamento devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta, come nel caso di specie, da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. n. 8923 del 2012, Cass. n. 7498 del 2011);

5. che a tanto consegue il rigetto del ricorso con condanna della parte ricorrente alle spese di lite;

6. che sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019);

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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