Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17058 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 16/06/2021), n.17058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossanna – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20813-2019 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GUBBINI DANIELE;

– ricorrente –

contro

P.A.A., elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE DELLE ARMI 18, presso lo studio dell’avvocato CALAMONERI

MAURIZIO, rappresentata e difesa dall’avvocato LATINI LEONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 259/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona – Sezione distaccata di Fabriano, con sentenza n. 82 depositata il 14 aprile 2013, accoglieva la domanda di risoluzione di contratto di compravendita di immobile sito in Fabriano per i gravi vizi del bene tali da renderlo inidoneo all’uso proposta da F.G., nella qualità di acquirente, nei confronti di P.A.A. venditrice.

In virtù di appello interposto dalla P.A., la Corte di appello di Ancona, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 259 del 2019, in accoglimento del gravame e della preliminare eccezione di decadenza dal diritto di garanzia quanto alla riconoscibilità dei vizi, in riforma della decisione di prime cure, rigettava la originaria domanda attorea escludendo la operatività della garanzia ex art. 1491 c.c., con compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di appello dorica il Fracasso propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, cui resiste la P.A. con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente notificata ai difensori delle partì, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti, ricorrente e controricorrente, hanno depositato memoria illustrativa.

Atteso che:

con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con conseguente violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1490,1491 e 1492 c.c. per non avere il giudice distrettuale tenuto conto che l’appartamento era stato venduto già ristrutturato proprio per mascherare la reale situazione e il grave problema di umidità che affliggeva l’appartamento compravenduto. Aggiunge che le informazioni rese all’acquirente da parte venditrice al momento della visita dell’immobile erano state tutt’altro che univoche e trasparenti.

La censura è inammissibile prima che infondata e con essa il ricorso.

Rileva la Corte che, in caso di vendita di un bene appartenente ad un edificio condominiale di costruzione molto risalente nel tempo, i difetti materiali conseguenti al concreto ed accertato stato di vetustà ovvero alla risalenza nel tempo delle tecniche costruttive utilizzate, non integrano un vizio rilevante ai fini previsti dall’art. 1490 c.c..

La garanzia in esame, infatti, è esclusa tutte le volte in cui, a norma dell’art. 1491 c.c., il vizio era facilmente riconoscibile, salvo che, in quest’ultimo caso, il venditore non abbia dichiarato che la cosa era immune da vizi.

Nel caso di specie, la corte d’appello, con apprezzamento di fatto sottratto a sindacato in sede di legittimità (Cass. n. 24731 del 2016), ha incontestatamente accertato non solo che la venditrice non aveva dato alcuna assicurazione circa l’inesistenza dei difetti poi riscontrati, ma anzi che la medesima aveva reso edotto l’acquirente della effettuazione di alcuni interventi sull’immobile per ovviare al problema dell’umidità (v. deposizione dei testi B. e A.). Ha, inoltre, aggiunto che si trattava di appartamento inserito in un fabbricato risalente agli anni 60, con caratteristiche costruttive non propriamente eccellenti, come poi emerso dalla c.t.u. D’altro canto era stata dalla P.A. accordata una riduzione del prezzo nel corso delle trattative proprio per le condizioni dell’immobile e dello stabile, in generale, per cui il compratore avrebbe dovuto attentamente esaminarlo, secondo il principio che colui che acquista un immobile di non recente costruzione ha l’onere di verificare con cura le condizioni di manutenzione, facendo uno sforzo di diligenza, onde riscontrarne, se non i vizi che si sono in seguito manifestati, quanto meno le cause della loro possibile verificazione, le quali, pertanto, sebbene in fatto ignorate, erano dall’acquirente, con un minimo sforzo di diligenza (e, quindi, “facilmente”), conoscibili: l’esclusione della garanzia nel caso di facile riconoscibilità dei vizi della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1491 c.c., consegue all’inosservanza di un onere di diligenza del compratore in ordine alla rilevazione dei vizi che si presentino di semplice percezione, sebbene il grado della diligenza esigibile non possa essere predicato in astratto, ma debba essere apprezzato in relazione al caso concreto, avuto riguardo alle particolari circostanze della vendita, alla natura della cosa ed alla qualità dell’acquirente (richiamata in sentenza Cass. n. 24343 del 2016, ma già in tal senso Cass. n. 2981 del 2012).

In altri termini, questa Corte ha chiarito che l’esclusione della garanzia nel caso di facile riconoscibilità dei vizi della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1491 c.c. (che costituisce, come accennato, applicazione del principio di autoresponsabilità, e consegue all’inosservanza di un onere di diligenza del compratore in ordine alla rilevazione dei vizi che si presentino di semplice percezione), non consenta di predicare in astratto il grado della diligenza esigibile, dovendo essere apprezzato in relazione al caso concreto, avuto riguardo alle particolari circostanze della vendita, alla natura della cosa ed alla qualità dell’acquirente, essendo la garanzia in esame esclusa tutte le volte in cui, a norma dell’art. 1491 c.c. il vizio era facilmente riconoscibile salvo che il venditore abbia dichiarato che la cosa era immune da vizi.

La sentenza impugnata risulta avere fatto puntuale applicazione di tali principi, sottolineando come un onere di diligenza più elevato fosse esigibile dal compratore in ragione delle condizioni non rassicuranti dello stabile nel suo complesso, evidenziando anche come la presenza di tali anomalie costruttive, il cui riscontro non richiedeva competenze tecniche particolarmente elevate, fosse evincibile anche dall’esterno del bene, di tal che la critica complessivamente mossa dal ricorrente mira piuttosto a contestare l’apprezzamento di fatto in punto di riconoscibilità del vizio operato dal giudice di merito.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nè può trovare accoglimento l’istanza formulata dalla controricorrente ai sensi dell’art. 89 c.p.c. che oltre ad essere estremamente generica, non ritiene il Collegio che le affermazioni contenute nel ricorso travalichino i limiti di un’esposizione di un civile esercizio del diritto di difesa e di critica.

Le spese processuali di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali di legittimità in favore della controricorrente che vengono liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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