Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17056 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 13/08/2020), n.17056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18724/2013 R.G. proposto da:

I&B2 Immobiliare S.r.l. in liquidazione, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Antonio Sebastiani n. 31/33, presso lo

Studio degli Avv.ti Maria Chiara Bollini e Piero Villani, che la

rappresentano e difendono anche disgiuntamente, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale sez. di

Bologna n. 1214/02/2012, depositata il 14 giugno 2012.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 5 marzo 2020

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

 

Fatto

RILEVATO E CONSIDERATO

1. che la Commissione Tributaria Centrale sez. di Bologna, in riforma della decisione della Commissione Tributaria di II grado, respingeva il ricorso promosso da I&B2 Immobiliare S.r.l. avverso un avviso di accertamento che, per quanto rimasto d’interesse, recuperava IVA 1979 in relazione a prestazioni non fatturate;

2. che la Centrale, dopo aver ritenuto prova utilizzabile anche la documentazione bancaria prodotta dall’ufficio, in quanto acquisita dalla GdF “sulla base di apposita autorizzazione dell’autorità giudiziaria”, osservava che questa documentazione confermava quella contabile rinvenuta presso l’azienda nel corso dell’accesso, con riferimento all’esistenza di conti correnti bancari di cui il legale della contribuente aveva la disponibilità, conti correnti sui quali erano transitate somme per nominali depositi cauzionali, somme che invece erano state trattenute dalla contribuente senza fatturazione;

3. che la contribuente ricorreva per due motivi, ai quali l’ufficio resisteva con controricorso;

4. che, con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava la Centrale per aver ritenuto utilizzabili nel processo tributario i documenti bancari acquisiti dalla GdF, con ciò violando il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 5, nella formulazione applicabile al momento della notifica dell’avviso eseguita nel 1981, che non consentiva di introdurre nel processo la documentazione bancaria, nemmeno in presenza di autorizzazione ad acquisirla da parte dell’autorità giudiziaria, diversamente da quanto invece successivamente permesso a seguito delle modifiche intervenute con il D.P.R. 15 luglio 1982, n. 463;

5. che, con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione applicabile ratione temporis, la contribuente lamentava che l’amministrazione mai avesse provveduto a depositare l’atto con il quale l’autorità giudiziaria aveva autorizzato la GdF ad acquisire i documenti bancari, senza che però la Centrale avesse “in alcun modo affrontato la questione”, con il derivato vizio motivazionale;

6. che, essendo i motivi tra di loro dipendenti, pare opportuno esaminarli congiuntamente;

7. che è senz’altro da condividere quanto rappresentato con il primo motivo, con il quale viene evidenziato, conformemente alla giurisprudenza consolidatasi nella vigenza del D.P.R. n. 633 cit., anteriore art. 51, comma 2, n. 5, che per gli avvisi notificati in epoca precedente la riforma operata dal D.P.R. n. 463 cit., a protezione del cosiddetto segreto bancario, non era possibile introdurre nel processo tributario la prova documentale bancaria, anche se quest’ultima fosse stata legittimamente acquisita su disposizione dell’autorità giudiziaria, nel corso di indagini penali (in materia di IVA, v. Cass. sez. trib. n. 17746 del 2006; Cass. sez. trib. n. 7146 del 2001; Cass. sez. I n. 3880 del 2000; Cass. sez. I n. 918 del 1997; Cass. sez. I n. 7901 del 1993; Cass. sez. I n. 7146 del 2001; Cass. sez. I n. 4989 del 1991); e con ciò, all’evidenza, rimane assorbito il secondo motivo, giacchè una volta ritenuto che la documentazione bancaria non costituiva prova lecita, che cioè la stessa non poteva essere utilizzata in giudizio, rimane irrilevante spiegare per quale ragione la Regionale l’abbia positivamente valutata, pur non essendo stata prodotta l’autorizzazione ad acquisirla; e, questo, anche a prescindere dalla discussione circa l’ammissibilità o meno della censura;

8. che quanto appena osservato, non risolve però ogni questione; vale a riguardo sottolineare, come si è avuta cura di fare in narrativa, che la Centrale ha espressamente fondato l’accertamento della mancata fatturazione delle prestazioni, sulla contabilità aziendale rinvenuta a seguito dell’accesso, soltanto confermata dalla documentazione bancaria illecitamente introdotta in giudizio; cosicchè, in mancanza di specifico motivo di censura in ordine alla valutazione probatoria della contabilità aziendale operata dalla Centrale, cioè in assenza di critica della principale ratio decidendi della sentenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse processuale (Cass. sez. III n. 15350 del 2017; Cass. sez. III n. 11222 del 2017);

9. che le spese del merito devono essere compensate, mentre quelle del presente seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese del merito; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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