Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17056 del 11/08/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/08/2016, (ud. 17/12/2015, dep. 11/08/2016), n.17056
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.R., M.D., S.S.,
R.G., B.G., O.L., PA.Ad.,
N.D., quale erede di F.S., rappresentati e
difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato
Marcellino Marcellini, elettivamente domiciliati in Roma, Via degli
Scipioni n. 132, presso lo studio dell’Avvocato Mariano Cigliano;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è
domiciliato per legge;
– resistente –
avverso il decreto della Corte d’Appello di L’Aquila depositato il 21
febbraio 2014 (R.E.R. n. 211/12).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17
dicembre 2015 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Francesco Cigliano per delega.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello di L’Aquila in data 18 aprile 2012, numerosi ricorrenti, tra i quali F.S., P.R., M.D., S.S., R.G., B.G., O.L., PA.Ad. chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo iniziato dinnanzi al TAR Marche il 15 giugno 1992 e deciso con sentenza depositata in data 8 luglio 2011;
che l’adita Corte d’appello dichiarava la improponibilità della domanda degli indicati ricorrenti sul rilievo che gli stessi non avevano presentato nel giudizio presupposto la dichiarazione di persistenza dell’interesse alla decisione della controversia, ai sensi e per gli effetti della L. n. 205 del 2000, art. 9, sicchè trovava applicazione il principio affermato da Cass. n. 3740 del 2013;
che per la cassazione di questo decreto P.R., M.D., S.S., R.G., B.G., O.L., PA.Ad., N.D., quale erede di F.S., hanno proposto ricorso sulla base di quattro motivi;
che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono “errata valutazione/omesso esame della documentazione versata in atti e comunque acquisita d’ufficio L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 5. Violazione di legge, violazione degli artt. 115 e 116 c.c.”, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia assunto a fondamento della propria decisione le risultanze della sentenza del TAR omettendo di considerare i documenti acquisiti agli atti del giudizio di equa riparazione, dai quali invece emergeva la presentazione dell’istanza di prosecuzione anche da parte loro;
che con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e/o falsa applicazione ed interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, concernente l’acquisizione d’ufficio degli atti del giudizio presupposto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Difetto di motivazione o motivazione apparente”, svolgono le medesime censure di cui al primo motivo, dolendosi che la Corte d’appello abbia omesso di esaminare gli atti del giudizio presupposto acquisiti nel giudizio di equa riparazione, dai quali si desumeva che le istanze di prelievo erano state presentate dalla gran parte dei ricorrenti;
che con il terzo motivo i ricorrenti lamentano “violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 1 e segg., concernente il diritto all’equo indennizzo per irragionevole durata del processo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Difetto di motivazione o motivazione apparente”, sostenendo che, quand’anche essi non avessero presentato la dichiarazione di interesse, ciò non avrebbe comportato la esclusione del diritto all’equa riparazione per il periodo precedente alla entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, convertito dalla L. n. 133 del 2008;
che con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della manifesta contraddittorietà del provvedimento impugnato, avendo la Corte d’appello adottato statuizioni differenti riconoscendo il diritto all’equa riparazione anche a ricorrenti che dalla stessa sentenza del TAR risultava non avessero presentato l’istanza di interesse;
che i primi tre motivi di ricorso, all’esame dei quali può procedersi congiuntamente, sono fondati;
che, invero, dall’esame degli atti, al quale il Collegio può procedere in considerazione della necessità di verificare l’avvenuta presentazione, nel giudizio presupposto, della istanza di prelievo, emerge che detta istanza è stata presentata in data 10 settembre 2012 da P.C., primo nominativo del ricorso iscritto al R.G. n. 897 del 1992;
che la presentazione della istanza di prelievo da parte di uno dei ricorrenti in un giudizio iniziato con unico ricorso nell’interesse di una pluralità di parti deve ritenersi idonea ad integrare la condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione;
che, d’altra parte, la improponibilità della domanda di equa riparazione è dal legislatore prevista solo con riferimento alla mancata presentazione della istanza di prelievo e non anche alla mancata presentazione dell’istanza di fissazione di udienza (sulla diversità delle due istanze, Cass. n. 780 del 2015; Cass. n. 25572 del 2010);
che, da ultimo, non può non rilevarsi che “in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere insussistente il danno per disinteresse delle parte a coltivare il processo, in quanto in tal modo verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta la dichiarazione di estinzione del giudizio – successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo. Ne consegue che va riconosciuto il diritto all’equa riparazione con riferimento al superamento del termine di durata decorso il primo triennio, potendosi limitare l’ammontare annuo dell’indennizzo solo in considerazione dell’esiguità della causa dichiarata perenta” (Cass. n. 15 del 2014);
che, dunque, i primi tre motivi di ricorso vanno accolti, con conseguente assorbimento del quarto motivo;
che il decreto impugnato va pertanto cassato, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2016