Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17055 del 10/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17055 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA
sul ricorso 2487-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
1722

contro
BINDA ARIANNA titolare dell’omonima ditta individuale,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAETANA 13/A,
presso lo studio dell’avvocato LOMBARDI ANDREA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
CAPARRINI CARLO, PAOLO LOMBARDINI giusta delega in

Data pubblicazione: 10/07/2013

calce;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 120/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 06/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/05/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CHINDEMI:

R.G. 2487/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia, con sentenza n. 120/01/07, depositata il
6.12.2007, in parziale accoglimento dell’appello avverso la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Rimini 162/01/2006, rideterminava le sanzioni, nei confronti di Binda Arianna,
titolare del bar gelateria Tropical, per l’anno di imposta 2002, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, in
complessivi € 1650 (€ 1500 quale importo fisso nella misura minima prevista + 150 per un giorno

ispezione compiuta il 13/7/2002, la presenza di un lavoratore irregolarmente occupato e non
registrato nel libro matricola
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con l’art.
2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c., ritenendo illegittimo il periodo da sanzionare sulla
base dell’accertamento Inps effettuata ai fini dell’applicazione delle sanzioni per l’omessa
contribuzione e omessa corresponsione del premio Mai!, dovendo la sanzione amministrativa essere
comminata per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione,
salvo effettive concreta prova contraria a carico della parte datoriale;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in!. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., ritenendo illegittimo la limitazione del periodo da sanzionare per lavoro irregolare sulla base
dell’accertamento operato nel verbale dell’ Inps;
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 16.5.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. In ordine logico va esaminata, preliminarmente, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
tributario a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. due, comma uno D.lgs
546/1992.
Tale rilievo è infondato
Se è vero infatti che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è
stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla
L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le
controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a
1

di scopertura), essendo stata accertata, da parte degli ispettori di vigilanza dell’Inps, a seguito di

violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice
delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato
implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo
grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto
fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007,
che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e

L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul

merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla Agenzia che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza
del giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere
un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ.
2. I motivi del ricorso principale, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati
congiuntamente.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
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la natura tributaria del rapporto.

L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione

compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
La CTR ha ritenuto la valenza probatoria del verbale per essere basato su dichiarazioni delle parti e
sull’osservazione diretta delle attività che si svolgevano all’interno del locale, effettuata dagli
ispettori Inps al momento delle ispezione
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonchè sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresì, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
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lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo

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recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Non risulta, quindi, fornita dal datore di lavoro la prova contraria relativa all’effettiva data di inizio
del rapporto di lavoro.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso
introduttivo.

giusto motivo per la compensazione delle spese dell’ intero giudizio
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo della contribuente
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 16.5.2013

L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce

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