Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17051 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PONTERIO Carla – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4431-2020 proposto da:

AM MARINE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dagli avvocati VASATURO MARIA GRAZIA, MASI FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

P.B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato GRISANTI FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BALLETTI EMILIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2453/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CINQUE

GUGLIELMO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza n. 14306 del 2016 la Corte Suprema di Cassazione confermava la pronuncia emessa dalla Corte di appello di Napoli n. 7652/2014 di illegittimità dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e per giusta causa intimati dalla srl AM Marine in liquidazione (già APREAMARE spa) a P.B.R., mentre cassava la parte della decisione con cui era stata rigettata l’eccezione di aliunde perceptum formulata dalla società.

2. Riassunto il giudizio, la Corte territoriale rilevava che non era del tutto probante la documentazione richiamata dalla società a dimostrazione della sussistenza di un rapporto di lavoro del P. alle dipendenze della sas Tecnav, con medesimo inquadramento contrattuale di quadro e corrispondente trattamento economico; che dalla richiesta ex art. 210 c.p.c., inoltrata a quest’ultima società era emersa solo una prestazione di lavoro autonomo con il P., a partire dal 2001 e quando, in sostanza, questi era già dipendente dell’AM MARINE srl; che non erano risultate incompatibili le due diverse prestazioni per cui l’eccezione formulata in relazione all’aliunde perceptum, con riguardo all’attività lavorativa espletata dopo il licenziamento presso la TECNAV dal luglio 2010, era infondata. La Corte di appello, in sede di rinvio, provvedeva, quindi, a riconoscere al P., a seguito della illegittimità dei licenziamenti, il risarcimento del danno pari ad una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto percepita mensilmente all’epoca del primo licenziamento -pari ad Euro 4.376,29-calcolata dal giorno del recesso sino all’effettiva reintegra, oltre alla regolarizzazione contributiva previdenziale ed assistenziale.

3. Avverso la decisione della Corte partenopea proponeva ricorso per cassazione la srl AM MARINE in liquidazione – già APREAMARE spa – affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’ing. P.B.R.. La F. spa non ha svolto attività difensiva.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

5. P.B.R. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione, ex art. 414 c.p.c., n. 4, art. 437 c.p.c., comma 2 e art. 210 c.p.c., nonchè dell’art. 394 c.p.c., u.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4, per avere il giudice di rinvio erroneamente messo in discussione gli enunciati della sentenza di cassazione: in particolare, per avere rigettato l’eccezione di aliunde perceptum su una circostanza nuova, costituita dal fatto che l’attività lavorativa svolta dal P. dopo il licenziamento e negli anni dal 2010 al 2014 fosse già iniziata nell’anno 2001 e, pertanto, era compatibile con lo svolgimento del lavoro reso ad essa società, così dando ingresso a documenti e informazioni non acquisibili per la decisione in quanto non ritualmente introdotti in giudizio.

3. Con il secondo motivo, in via gradata, si censura la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2727,2729 e 2697 c.c., art. 2105 c.c. nonchè il difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito ritenuto provata la compatibilità, con il rapporto di lavoro del P., dell’attività resa per la TECNAV, addossando erroneamente alla società il relativo onere allegativo e probatorio, e per avere desunto tale circostanza in violazione delle norme e dei principi sul ragionamento presuntivo legittimando, così, prestazioni extra-lavorative in concorrenza con il datore di lavoro.

4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 394 c.p.c., art. 1223 c.c. nonchè dei principi di diritto vivente in tema di eccezione di aliunde perceptum nonchè anche in tema di limiti imposti al giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere erroneamente la Corte territoriale rigettato l’eccezione di aliunde perceptum, ritenendo a tal fine rilevante la prova sulla natura subordinata delle prestazioni rese dal P. alla TECNAV.

5. Il primo e terzo motivo, da trattarsi congiuntamente perchè interferenti, sono infondati.

6. Sotto il profilo processuale la Corte territoriale si è attenuta al principio di legittimità, cui si intende dare seguito (Cass. n. 13719/2006; Cass. n. 5137/2019) secondo il quale la riassunzione della causa- a seguito di cassazione con rinvio della sentenza- dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonchè conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione ed il giudice di rinvio ha gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza annullata.

7. E’ inibita, quindi, alle parti la nuova attività istruttoria o assertiva che non dipenda strettamente dalle statuizioni della Suprema Corte (Cass. n. 13006/2003).

8. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha attivato i suoi poteri ex art. 210 c.p.c. proprio per verificare quanto posto dalla SC,” a fondamento della cassazione della sentenza e, cioè, lo svolgimento di attività lavorativa del dipendente presso la società TECNAV dal luglio 2010 e dunque la detraibilità dell’aliunde perceptum.

9. Non si è trattato, dunque, di espletamento di nuove indagini ma di approfondimento, mediante i propri poteri officiosi, di temi di su cui si era incentrata la pronuncia di cassazione della prima sentenza di appello.

10. Sotto l’aspetto sostanziale, la impugnata decisione è, altresì, corretta perchè, in tema di licenziamento individuale, il compenso per lavoro subordinato o autonomo -che il lavoratore percepisca durante il periodo intercorrente tra il proprio licenziamento e la sentenza di annullamento relativa (cd. periodo intermedio)- non comporta la riduzione corrispondente (sia pure limitatamente alla parte che eccede le cinque mensilità di retribuzione globale) del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo,

se -e nei limiti in cui- quel lavoro risulti, comunque, compatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito di licenziamento (come nel caso ricorrente nella specie in cui il lavoro medesimo sia svolto, prima del licenziamento, congiuntamente alla prestazione che risulti sospesa (Cass. n. 6453/2005; Cass. n. 18837/2010).

11. Anche il secondo motivo è infondato.

12. Non vi è stata alcuna violazione dell’onere della prova atteso che la circostanza che il lavoratore estromesso abbia, nelle more del giudizio, lavorato e percepito comunque un reddito (cd. aliunde perceptum) rappresenta un fatto impeditivo della pretesa attorea e deve essere provato da colui che lo eccepisce, non da chi invoca il risarcimento, in applicazione del generale precetto di cui all’art. 2697 c.c. (Cass. n. 1636/2020).

13. Analogamente, non è ravvisabile alcun vizio del ragionamento presuntivo posto a base della decisione in quanto, nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit, sicchè il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purchè dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 1163/2020).

14. Nel caso in esame la Corte territoriale, con adeguata e logica motivazione, ha sottolineato che la prestazione autonoma del P. con la società TECNAV risaliva già all’anno 2001 ed era stata svolta in concomitanza con il rapporto di lavoro subordinato con la AM MARINE spa, per cui essendo compatibili le attività espletate, il compenso della prima non rilevava ai fini dell’eventuale aliunde perceptum rilevante, in ordine agli aspetti risarcitori, per l’illegittimo licenziamento del rapporto di lavoro di natura subordinata.

15. Quanto, infine, ai profili concorrenziali tra le due attività, va rilevata la novità della questione, non trattata dalla sentenza impugnata nè in quella di cassazione.

16. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

17. L’infondatezza del ricorso rende superfluo l’esame della eccezione di inammissibilità dello stesso, per la diversa tipologia sociale rilevata tra la AM MARINE, in sede di giudizio di rinvio, individuata dalla Corte di merito come “spa” e la odierna ricorrente, qualificatasi come “srl AM Marine in liquidazione”: diversità che determinerebbe, secondo la prospettazione del P., la proposizione da parte di un soggetto diverso da quello dei precedenti gradi e, quindi, l’inammissibilità della impugnazione.

18. In ogni caso, in ordine alla suddetta eccezione, osserva il Collegio che la difformità è presumibilmente frutto di un errore materiale ovvero di una trasformazione intervenuta nelle more, atteso che la odierna ricorrente ha indicato lo stesso numero di codice fiscale (CF. 07793670634) di quello trascritto nella prima sentenza di questa Corte n. 14306/2016 e ciò induce a ritenere che si tratti dello stesso soggetto giuridico.

19. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo; nulla va disposto per la F. spa che non ha svolto attività difensiva.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; nulla per la F. spa. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari ai quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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