Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17049 del 11/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/07/2017, (ud. 26/01/2017, dep.11/07/2017),  n. 17049

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13010-2015 proposto da:

S.E. in proprio e quale legale rappresentante della CHIFFON

di S.E. & C. SAS, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO MIRABELLO 17, presso lo studio dell’avvocato MARCO

GREGORIS, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO FORMICA

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F., V.E., CONDOMINIO VIA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 586/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 26/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento dei primi due

motivi di ricorso;

udito l’Avvocato FABIO SCUDELLARI per delega orale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza del 27/06/2011, riunì due giudizi, il primo proposto con atto di citazione del 28 ottobre 1993 dalla sas Chiffon di S.E. & co., conduttrice, nei confronti di P.F. ed V.E., locatori, di risoluzione del contratto per gravi vizi della cosa locata, risarcimento danni ed indennità di avviamento; il secondo incardinato come opposizione a decreto ingiuntivo della stessa conduttrice ed S.E., proposta con atto del 1 ottobre 1994, con il quale era stato intimato il pagamento dei canoni dal novembre 1993 al giugno 1994 e per una parte del mese di luglio 1994, per L. 9.474.193.

Nel riunire i due giudizi, il Tribunale dichiarò preclusa da giudicato esterno la domanda della conduttrice di risoluzione per inadempimento dei locatori che avrebbe dovuto far valere ai sensi dell’art. 1460 cod. civ., opponendosi allo sfratto per morosità chiesto nel gennaio 1994 per l’omesso pagamento dei canoni dal novembre 1993 e convalidato in data 21 febbraio 1994. Pronunciando contestualmente sulla causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto nell’agosto 1994 per il pagamento dei canoni (dovuti anche come indennità di occupazione), dichiarò infondata la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento dei locatori e rigettò I’ opposizione a decreto ingiuntivo.

Lo S. e la s.a.s. Chiffon di S.E. & C. hanno proposto appello su entrambe le rationes decidendi.

In particolare hanno assunto che l’ordinanza di sfratto per morosità non precludeva la pronuncia di risoluzione dello stesso contratto per un inadempimento dei locatori per gravi vizi dell’immobile verificatisi e dedotti in un giudizio anteriore. Hanno censurato, poi, nel merito il rigetto della domanda.

La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello proposto da S.E., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della sas Chiffon, riaffermando che la convalida di sfratto per morosità del 21 febbraio 1994 precludeva l’esame di fatti non dedotti in opposizione al giudizio sommario, ex art. 1460 c.c., confermando peraltro l’insussistenza di gravi vizi addebitabili ai locatori e tali da rendere l’immobile inidoneo all’uso, tant’è che la conduttrice aveva continuato a svolgervi l’attività anche dopo I’ ordinanza di rilascio.

Avverso detta sentenza lo S., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della sas Chiffon, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. I locatori P. e V. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1458, 1460 e 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per errata preclusione da giudicato, derivante dall’ordinanza di convalida dello sfratto, di fatti estintivi/impeditivi anteriori, già fatti valere in separato e precedente giudizio.

Il motivo è fondato, ma inidoneo a modificare il decisum per l’inammissibilità dei motivi successivi.

1.1- A norma dell’art. 669 cod. proc. civ. la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi. Ne consegue che, se correttamente i giudici di merito hanno affermato che la risoluzione del contratto per effetto dell’ordinanza di convalida di sfratto non poteva più esser pronunciata all’esito del giudizio ordinario anteriormente instaurato dalla conduttrice per esser cessato il rapporto di locazione a far data dalla intimazione di sfratto, tuttavia, poichè alla data della causa introdotta dalla conduttrice il rapporto era ancora in corso, e la causa petendi era l’inadempimento dei locatori, diversa da quella posta a fondamento dell’intimazione – inadempimento del conduttore al pagamento dei canoni – il giudicato non poteva estendersi alla violazione degli obblighi dei locatori ancora esistenti al momento dell’introduzione del primo giudizio, in applicazione dei fermi principi di questa Corte. Sono numerose le pronunce secondo le quali l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale con preclusione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, tuttavia, nell’autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, nè al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, nè al conduttore di chiedere in giudizio l’accertamento dell’obbligo del pagamento, e di eccepire e contrastare, nell’indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi (Cass., 3, n. 4292 del 17/11/1976; Cass., 3, n. 12994 del 2013; Cass., 3 n. 15904 del 2014), tranne il caso, pacificamente escluso nell’ipotesi in esame, in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l’ingiunzione di pagamento per i canoni, nel quale caso il giudicato avrebbe coperto anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo (Cass. 24/7/2007 n. 16319).

Certamente la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che la convalida di sfratto per morosità precludesse la controversia sulla domanda di risoluzione per inadempimento del locatore perchè quella risoluzione non includeva la questione relativa all’inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni. Ed ha errato nel confermare la sentenza di prime cure secondo la quale l’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 c.c., non dedotta da parte conduttrice nel giudizio di sfratto per morosità, non era più esaminabile ancorchè dedotta anteriormente all’intimazione per convalida. Occorre pertanto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., correggere la motivazione della sentenza nel senso che non vi era alcuna preclusione, derivante dal passaggio in giudicato dell’ordinanza di convalida di sfratto, riguardo all’anteriore domanda di accertamento degli inadempimenti del locatore.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1392 e 1341 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, con riguardo alla natura giuridica dell’ente condominiale ed alla natura vessatoria di una clausola del contratto di locazione. Si tratta di censure relative a capi della sentenza che hanno confermato la non riferibilità di vizi dell’immobile alla sfera di responsabilità dei locatori ed escluso la natura vessatoria di una clausola del contratto che escludeva la responsabilità del locatore per fatto del terzo (nella specie avendo il C.T.U. escluso l’umidità all’interno dell’immobile e riscontrato una minima infiltrazione all’esterno per un discendente di pertinenza condominiale).

2.1- Con il terzo motivo censura la sentenza per contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 4 nella parte in cui la stessa ha confermato la correttezza della sentenza di primo grado di sostanziale adesione alle risultanze della CTU.

I motivi, congiunti, sono inammissibili perchè non censurano la ratio decidendi secondo cui in ogni caso l’infiltrazione di lieve entità non ha impedito il godimento dell’immobile e perciò non ha giustificato I’ omesso pagamento dei canoni, nè legittimato i pretesi danni.

3.- Pertanto, poichè l’impugnata sentenza si basa su due rationes decidendi: la prima fondata sul giudicato derivante dalla convalida dello sfratto per morosità erroneamente esteso al dedotto inadempimento dei locatori; la seconda fondata sull’accertamento di fatto relativo all’inesistenza di vizi dell’immobile locato, imputabili al locatore e tali da giustificare l’inadempimento del conduttore all’obbligo di pagare i canoni non idoneamente censurata con i motivi innanzi riassunti, il ricorso va rigettato.

Non si deve provvedere sulle spese, in quanto i locatori non hanno svolto difese. Ricorrono i presupposti per porre a carico del ricorrente, in proprio e nella qualità, il doppio contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, in proprio e nella qualità, dell’ulteriore somma a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso principale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2017

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