Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17048 del 20/07/2010
Cassazione civile sez. II, 20/07/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 20/07/2010), n.17048
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
VERVIT SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI BENITO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PINALLI ALBERTO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INDUSTRIA RESINE BICCARI SPA, FORBO ULI CHEMIE GMBH, ERFUT GMBH;
– intimati –
avverso la sentenza n. 193/2007 della CORTE D’APPELLO di TRENTO del
12/06/07, depositata il 12/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
è presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE PAOLO MARIA
CICCOLO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il 12 luglio 2007 la Corte d’appello di Trento, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Rovereto del 13 gennaio 2006, condannava la Industria Resine Biccari spa a pagare alla Vervit srl l’importo di circa 133.000,00 Euro e compensava le spese tra le parti.
Vervit srl insorge contro questa ultima statuizione con ricorso del 10 ottobre 2008, affidandosi a due motivi. Il primo denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. e lamenta che non sia stata condannata al rimborso delle spese la parte soccombente, la quale, inadempiente, aveva dato origine al giudizio.
La Industria Resine Biccari spa è rimasta intimata. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il motivo è manifestamente infondato: il quesito di diritto posto alla Corte mira a far affermare che dovevano essere applicati alla fattispecie i “principi di soccombenza e causalità” che prevedono la condanna alle spese di chi risulti soccombente. Detto principio non è stato violato dalla Corte d’appello, che ha fatto applicazione della facoltà di cui all’art. 92 c.p.c., che completa la disciplina della responsabilità delle parti per le spese (capo 4^, titolo Terzo del codice di rito). La norma citata (applicabile ratione temporis nel testo originario, ante novella di cui alla L. n. 263 del 2005 e L. n. 51 del 2006) conferiva al giudice il potere di compensare le spese di lite, in caso di soccombenza reciproca o di sussistenza di giusti motivi. Il motivato esercizio di tale potere esclude che vi sia stata violazione dell’art. 91 c.p.c..
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c. e vizi di motivazione, lamentando che la questione sottoposta ai giudici non era complessa e poteva essere agevolmente risolta tramite ctu. Il motivo si chiude con la formulazione del seguente quesito di diritto:
“Accerti la Corte se vi è stata violazione o falsa applicazione dell’art. 92 ed insufficiente, contraddittoria erronea ed illogica motivazione da parte della Corte d’appello di Trento nella motivazione della compensazione delle spese di lite tra Vervit srl e Industria Resine Biccari spa.” La censura è inammissibile e infondata. A norma dell’art. 366 “bis” cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, poichè’ la citata disposizione è finalizzata a porre il giudice della legittimità’ in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris” (Cass SU 2658/08; 11535/08).
Quanto alla parte del motivo che concerne il vizio di motivazione, va rilevato che non risulta specificato adeguatamente il fatto controverso, la cui chiara indicazione deve risultare ex art. 366 bis c.p.c., in relazione alle censure svolte ex art. 360 c.p.c., n. 5. La doglianza è comunque infondata, perchè la sentenza è, in ordine alla compensazione delle spese, adeguatamente motivata. Non è infatti scalfitale, come ha già notato la relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. l’affermazione che la stessa ctu non ha potuto rispondere compiutamente alle richieste delle parti, a riprova della complessità del caso esaminato, che presentava “evidenti margini di incertezza”. Questa motivazione, congrua e logica, è insindacabile in sede di legittimità.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, cui non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite in mancanza di attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile tenuta, il 16 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010