Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17047 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16332-2013 proposto da:

VACCARECCIA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLO EDILIZIA SRL LIQUIDAZIONE,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 6, presso lo

studio dell’avvocato LORETTA BURELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI (OMISSIS) (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

E contro

EQUITALIA GERIT SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 111/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Roma, con la quale era stata parzialmente rigettata l’impugnativa proposta dalla Vaccareccia Società Cooperativa Agricolo Edilizia A R.L. in Liquidazione avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS), relativa ad IRPEG ed ILOR, interessi e sanzioni, per l’anno di imposta 1974, emessa nell’anno 2007 sulla base di una sentenza della Commissione tributaria centrale;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società, affidato a quattro motivi;

l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso;

la società ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente – denunciando violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 c.p.c., comma 1, disp. att., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si duole che la sentenza non esprima alcuna “ratio decidendi”, essendosi limitata ad affermare, apoditticamente, previa reiezione delle eccezioni relative alla decadenza ed alla mancata indicazione e sottoscrizione del responsabile del procedimento, che “Resta assorbita ogni altra questione, domanda e/o eccezione prospettata dalle parti o rilevabile d’ufficio”; lamenta, altresì, che la predetta sentenza non rechi alcuna motivazione in merito all’eccezione relativa alla mancata allegazione dell’atto presupposto (ossia la sentenza della C.T.C. del 2004);

con il secondo motivo – denunciando violazione e falsa interpretazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in relazione alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 1, comma 1, e 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-octies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – si duole che il predetto giudice non abbia riconosciuto la illegittimità della cartella in quanto priva dell’indicazione del responsabile del procedimento nonchè di motivazione;

con il terzo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione delle norme in tema di motivazione degli atti impositivi (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56,L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, art. 24 Cost.), nullità dell’atto amministrativo per mancata allegazione del documento “in esso asseritamente richiamato”, violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – lamenta che la CTR non abbia ritenuto doverosa l’allegazione alla cartella del titolo (i.e.: sentenza passata in giudicato) posto a fondamento della stessa, benchè il dettaglio degli importi dovuti sia nella pretta cartella indicato in maniera generica ed approssimativa;

con il quarto motivo – denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 3 e del predetto D.P.R., art. 25, comma 1, in relazione alla L. 31 luglio 2005, n. 156, di conversione del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, in combinato disposto con gli artt. 324 e 327 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – si duole che la predetta CTR abbia ancorato la decorrenza del termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo al momento di emissione della sentenza della Commissione centrale, invece che a quello della pronuncia di secondo grado, appellata solo dall’Agenzia delle Entrate e non da essa contribuente, con la conseguenza che, di fatto, tale pronuncia era già passata in giudicato quanto alla fondatezza della pretesa erariale, per l’importo di Lire 450.000.000, poi azionata dopo molti anni con la cartella.

Ritenuto che:

il quarto motivo, da trattarsi con priorità, è infondato, poichè “Il diritto alla riscossione di un’imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 (nel testo vigente “ratione temporis”), bensì al termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2953 c.c. per ractio iudicati” (così Cass. 7/04/2017, n. 9076; in senso conforme v. Cass. 15/05/2018, n. 11862), decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza e, se appellata, dalla declaratoria giudiziale che rende definitiva la decisione (cfr., sul punto, Cass. 16/12/2019, n. 33039);

il primo motivo è altresì da disattendere, giacchè la doglianza concernente l’omissione motivazionale in ordine alla mancata allegazione della sentenza della CTC alla cartella non evidenzia il profilo della decisività, la cui adeguata illustrazione risulta rinviata ai motivi successivi (cfr. il seguente passo del ricorso: “Il fatto che la sentenza del 2004 dovesse essere allegata è invece proprio nella considerazione che, qualora lo fosse stata, il Giudice avrebbe “ictu oculi” rilevato la infondatezza della pretesa erariale, la sua illegittimità, la tardività: ma su ciò si dirà poi”);

la seconda e terza censura, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connesse, sono infondate nella parte in cui, in sostanza, si denunzia, mediante la deduzione dell’illegittimità derivante dall’omessa motivazione della cartella nonchè dalla mancata indicazione del responsabile del procedimento, la lesione, in generale, del diritto di difesa;

infatti, da un lato, la cartella esattoriale che rinvii ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione, senza indicarne gli estremi in modo esatto può essere dichiarata nulla solo ove il contribuente dimostri che tale difetto di motivazione abbia pregiudicato il proprio diritto di difesa e “non anche quando la limitazione di detto diritto debba ritenersi esclusa in virtù della puntuale contestazione, in sede di impugnazione della cartella, dei presupposti dell’imposizione” (così Cass. 11/07/2018, n. 18224); e, nel caso, la società, per come si evince dallo stesso ricorso, ha contestato, nel giudizio di primo grado, le modalità di calcolo delle voci indicate analiticamente nell’atto impugnato;

dall’altro, la nullità delle cartelle prive dell’indicazione della persona responsabile del procedimento colpisce quelle relative ai ruoli consegnati successivamente al 1 giugno 2008 (così Cass. 13/05/2019, n. 12687);

le predette censure sono invece fondate nella parte in cui non vi è esplicitazione, in cartella, del calcolo degli interessi, poichè il richiamo alla pronuncia giudiziale su cui la cartella stessa è intervenuta risulta idoneo ad assolvere all’onere motivazionale solo limitatamente alla parte del credito erariale interessato dall’accertamento, divenuto definitivo, compiuto dal giudice, ma non anche alle ulteriori voci di credito che non sono state in precedenza richieste (cfr., sul punto, Cass. 7/09/2018, n. 21851, ove è statuito che “La cartella esattoriale fondata su una sentenza passata in giudicato deve essere motivata nella parte in cui mediante la stessa venga anche richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell’atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito”; in senso conforme v. Cass. 22/06/2017, n. 15554);

il secondo e il terzo motivo vanno, quindi, nei termini di cui sopra, accolti e, conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo ed il quarto motivo di ricorso ed accoglie il secondo e il terzo nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

 

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