Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17046 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16303-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.D., in qualità di erede di A.F.,

domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato DOMENICO ROMITO;

– controricorrente –

e contro

R.M., A.G., A.M., A.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 48/2012 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 03/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata, emessa in sede di giudizio di rinvio ed in parziale accoglimento dell’appello proposto da R.M., A.D., A.G., A.M. e A.C., quali eredi di A.F., è stato dichiarato illegittimo l’accertamento (n. (OMISSIS), per l’anno di imposta 1984) relativo al maggior reddito da fabbricati e all’assoggettamento ad ILOR degli stessi per comportamento elusivo tenuto dal contribuente nella stipula di due contratti di locazione (il primo, con il quale il sig. A.F. ha concesso in locazione, in data 2 aprile 1984, alcune unità immobiliari alla Stilfar s.r.l., per un canone annuo di Lire 60.000.000, ed il secondo, con il quale detta società ha a sua volta concesso in locazione, in data 3 aprile 1984, solo una parte delle predette unità, alla sig.ra B.L., per un canone di Lire 120.000.000), nonchè confermata la legittimità dei costi ritenuti indeducibili, esclusi quelli di condono “ex lege” n. 413 del 1991;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi;

A.D. ha resistito con controricorso, evidenziando l’avvenuto decesso di R.M., e ha depositato memoria;

A.G., A.M. e A.C. sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate – denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si duole che il giudice di appello (nell’affermare che “Trattandosi di atti negoziali autonomi e distinti regolarmente registrati, posti in essere da soggetti giuridici diversi, gli effetti conseguenti, anche sotto il profilo fiscale, non possono che ricadere nelle rispettive sfere giuridico-patrimoniali, non risultando, peraltro, contestata dall’Ufficio la facoltà di sublocazione di cui all’art. 1594 c.c.. Nè all’Ufficio è data la possibilità, al di fuori dei previsti rimedi giuridici, di disconoscere gli effetti propri di un contratto nominato validamente posto in essere fra soggetti costituenti autonomo centro di interessi. La circostanza che il Signor A.F. avesse agito dapprima in qualità di proprietario e poi nella veste di Amministratore della sublocatrice Stilfar non è ex sè sufficiente a sostenere la presunzione di un comportamento elusivo, occorrendo a tal fine il supporto di convergenti elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che nella fattispecie mancano del tutto; anzi la detta presunzione viene smentita dalle risultanze di bilancio della Società chiuso al 31.12.84 depositato agli atti di causa ove vengono riportati ricavi per Lire 90.000.000”) non abbia esaminato il fatto presuntivo della stipula, da parte del sig. A.F., di due contratti di locazione a distanza di un giorno l’uno dall’altro, apparentemente autonomi, al fine esclusivo di eludere il reddito ricavato e quindi l’effettivo canone di Lire 120.000.000 rispetto al canone della stipula del primo contratto di Lire 60.000.00 (registrato successivamente al primo); sicchè, dalla più accurata considerazione di tale fatto, avrebbe potuto inferire l’intento elusivo dall’elemento oggettivo costituito dai due contratti collegati e da quello soggettivo integrato dall’assenza di valide ragioni giuridiche; lamenta, inoltre, che il predetto giudice abbia trascurato l’elemento teleologico, rappresentato dalla finalità di ottenere un risparmio di imposta; evidenzia, ancora, mediante trascrizione della clausola 5) del primo contratto di locazione, che era vietato il subaffitto di tutto o in parte dei locali fittati, salva l’autorizzazione dei locatori con apposito consenso scritto;

con il secondo motivo – denunciando violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13 ed all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta che la CTR (nell’affermare che “Parimenti condivisibile è la doglianza concernente la non assoggettabilità ad ILOR dei fabbricati del Signor A. giacchè risultano costruiti negli anni e secondo le caratteristiche richieste dalla L. n. 408 del 1949, art. 13, come da certificato dell’Istituto Nazionale gestione imposte di consumo del 23 luglio 1965 versato agli atti di causa, che si ritiene valido e sufficiente nei riflessi dei fini invocati”) abbia omesso di rilevare che il contribuente non aveva esibito la necessaria istanza di esenzione ed il provvedimento di concessione, nè prodotto documenti dai quali desumere le caratteristiche delle case, non potendo costituire prova, a tal fine, la certificazione dell’Istituto Nazionale di gestione delle imposte di consumo;

con il terzo motivo – denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si duole che la predetta CTR non abbia ritenuto che il predetto certificato era insufficiente a provare il diritto all’esenzione ILOR, atteso che l’agevolazione veniva concessa non in via automatica in funzione dell’anno di costruzione, ma solo a seguito di richiesta, da inoltrarsi dal contribuente all’Ufficio, corredata da idonea documentazione atta a comprovare le caratteristiche delle abitazioni; censura inoltre la mancata indicazione, in motivazione, delle caratteristiche contenute nella certificazione per poi sussumerle nella fattispecie astratta prevista dalla legge;

con il quarto motivo – denunciando violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – deduce la nullità della sentenza, non illustrando la motivazione “quale sia stato il giudizio dinamico posto a base di quello secondo cui detto documento è idoneo a provare la spettanza del diritto alla agevolazione i.l.o.r.”.

Ritenuto che:

il primo motivo è fondato, poichè con esso, richiamata (in conformità a Cass. 6/07/2018, n. 17720, secondo cui la mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare è deducibile ai sensi e nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame di un fatto secondario dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale, purchè decisivo) l’inferenza ex 2729 c.c., si censura la mancata applicazione del principio della necessaria valutazione globale e non atomistica degli indizi (cfr., sul punto, Cass. 12/04/2018, n. 9059, secondo cui, in tema di prova per presunzioni, “è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento”; in senso conforme v., tra le altre, Cass. 25/10/2019, n. 27410); e, nel caso, la CTR ha omesso di considerare la valenza indiziaria insita nella avvenuta conclusione dei due contratti di locazione stipulati a distanza di un giorno l’uno dall’altro, il primo, con previsione di un canone pari a Lire 60.000.000, intercorso tra l’ A. e la Stilfar s.r.l., di cui l’ A. medesimo era legale rapp.te, ed il secondo (peraltro registrato prima ed avente ad oggetto solo una parte dei beni già locati) tra detta società e la sig.ra B.L., con canone di Lire 120.000.000, in assenza di plausibile e valida finalità, a fronte del certo risparmio di imposta scaturito dalla articolata operazione (cfr., al riguardo, Cass. 5/12/2019, n. 31772, secondo cui esiste, in materia tributaria, un principio generale antielusivo che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente);

peraltro, con la articolata censura è anche dedotto, nella sostanza, un vizio di travisamento della prova derivante, nel caso, dall’utilizzo, ad opera del giudice di appello, di una informazione probatoria contraddetta, quanto ad inferenza, dalla presenza di uno specifico atto processuale, ossia la clausola 5 del primo contratto, contenente un esplicito divieto di sublocazione (di cui non risulta il superamento per effetto dell’autorizzazione del locatore); la censura in questione, pertanto, non implicando una rivalutazione dei fatti, nonchè incidendo su un punto decisivo della controversia – in quanto la implicita inesistenza del predetto divieto, ricavata dalla affermata non contestazione ad opera dell’Agenzia della facoltà di sublocazione, è stata posta a supporto della decisione, favorevole al contribuente, emessa dal giudice del gravame – può essere fatta valere mediante ricorso per cassazione (cfr., al riguardo, Cass. 21/01/2020, n. 1163: “Il travisamento della prova non implica una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che un’informazione probatoria, utilizzata dal giudice ai fini della decisione, è contraddetta da uno specifico atto processuale, così che, a differenza del travisamento del fatto, può essere fatto valere mediante ricorso per cassazione, ove incida su un punto decisivo della controversia”; in senso conforme v., tra le altre, Cass. 26/07/2019, n. 20341, e Cass. 5/11/2018, n. 28174);

il secondo motivo è infondato, poichè il giudice del gravame non ha, nel caso, attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, bensì ha ritenuto raggiunta la dimostrazione del diritto all’esenzione sulla base del certificato dell’Istituto Nazionale gestione imposte di consumo del 23 luglio 1965, cui in ricorso sono del resto dedicati il terzo e il quarto motivo;

questi ultimi, da trattare congiuntamente in ragione della loro connessione, vanno accolti, poichè non risulta effettuato alcun esame concreto del predetto certificato, nonchè, in particolare, della richiamata attestazione ivi asseritamente inclusa – di cui non è illustrato l’effettivo contenuto – da cui risulterebbe che gli immobili sono stati costruiti negli anni e secondo le caratteristiche richieste dalla L. n. 408 del 1949, art. 13 (cfr., sul punto, Cass. 30/05/2019, n. 14762: “In tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti”; cfr., in senso analogo, tra le altre, Cass. 20/12/2018, n. 32980, secondo cui “il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa”);

accolti il primo, terzo e quarto motivo, la sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

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