Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17045 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 16/06/2021), n.17045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27143-2019 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI,

10, presso lo studio dell’avvocato LUCA SEMPRONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO DI GIANDOMENICO;

– ricorrente –

Contro

RISTOCITY SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 3, presso lo

studio dell’avvocato TIZIANA DONNINI, rappresentata e difesa

dall’avvocato VITO MARTIRE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 523/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Ristocity srl e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato la predetta società al pagamento in favore di M.M. della somma di Euro 9.363,82 a titolo di differenze retributive per superiore inquadramento e di maggiorazioni per le ore di lavoro straordinario risultanti dalle buste paga; ha integralmente compensato tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;

2. la Corte territoriale ha confermato la statuizione di primo grado quanto al diritto del dipendente all’inquadramento nel superiore livello contrattuale e alle correlate differenze retributive; ha ritenuto, invece, non assolto l’onere di prova, facente capo al lavoratore, di dimostrare lo svolgimento di lavoro straordinario (oltre a quello già risultante dai prospetti paga) ed ha riformato sul punto la sentenza di primo grado, riconoscendo unicamente al dipendente il diritto, sulle ore di straordinario risultanti dai prospetti paga, alle maggiorazioni previste dall’art. 137 del CCNL applicato;

3. sulla regolazione delle spese di lite ha così motivato: “in applicazione del principio stabilito dall’art. 92 c.p.c., comma 2, considerato che ricorrono gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo, attesa la reciproca soccombenza, nonchè tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio e dell’accoglimento solo parziale del gravame e della domanda, le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti”;

4. avverso tale sentenza M.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; la Ristocity srl ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e dell’art. 92, comma 2, per avere la Corte d’appello disposto la compensazione delle spese in difetto dei presupposti normativi; specificamente, perchè non ricorre nel caso di specie una condizione di soccombenza reciproca avendo i giudici di appello accolto la domanda subordinata dell’appellato (sulle maggiorazioni per lavoro straordinario) e liquidato una somma di poco inferiore rispetto a quanto riconosciuto in primo grado;

7. il motivo è infondato;

8. occorre premettere che nel caso di specie, di procedimento iniziato in primo grado con ricorso depositato il 16.6.2017, trova applicazione l’art. 92 c.p.c. nella formulazione successiva alle modifiche apportate dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13, conv. dalla L. n. 162 del 2014, secondo cui: “Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”; a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2018, la compensazione delle spese, parzialmente o per intero, può essere disposta “anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”;

9. occorre ulteriormente considerare che il giudice d’appello, quando riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata, procede d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, poichè gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo (v. Cass. n. 14916 del 2020; n. 23226 del 2013);

10. sulla nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, questa Corte ha più volte ribadito che essa sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (cfr. Cass. n. 10113 del 2018; n. 20888 del 2018);

11. con particolare riferimento alle domande subordinate si è precisato che nel caso in cui, rigettata la domanda principale, venga accolta quella proposta in via subordinata, può configurarsi una soccombenza parziale dell’attore nella sola ipotesi in cui le due domande siano autonome, in quanto fondate su presupposti di fatto e ragioni di diritto diversi” (Cass. 26043 del 2020; n. 15705 del 2005);

12. nel caso di specie, la domanda subordinata proposta dal ricorrente in primo grado ed accolita dai giudici di appello (condanna al pagamento delle maggiorazioni contrattuali sul lavoro straordinario risultante dai prospetti paga) aveva carattere autonomo ed indipendente rispetto alla domanda principale, accolta invece dal primo giudice (e respinta in appello), relativa allo svolgimento di lavoro straordinario, ulteriore rispetto a quanto risultante dai prospetti paga;

13. l’accoglimento della domanda subordinata nei termini appena descritti integra, secondo la giurisprudenza richiamata, la condizione di reciproca soccombenza, come correttamente statuito nella sentenza impugnata, che si sottrae quindi alle censure di violazione di legge;

14. non è pertinente il richiamato fatto nel ricorso alla sentenza Cass. n. 8668 del 2018 che ha ribadito il principio già affermato da questa Corte (ex aliis, Cass. sez. III 19 ottobre 2016 n. 21069) secondo cui “In caso di parziale accoglimento dell’unica domanda proposta, l’attore, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 ed applicabile “ratione temporis”, non può mai essere condannato, neppure in parte, al pagamento delle spese processuali, le quali, ove non siano state interamente poste a carico del convenuto, possono solo essere, totalmente o parzialmente, compensate tra le parti”;

15. ciò che è precluso, in caso di parziale accoglimento della domanda, è la condanna alle spese dell’attore, laddove nel caso in esame è stata legittimamente disposta la compensazione delle spese di lite;

16. costituisce peraltro indirizzo costante quello secondo cui, in materia di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto ove ricorrano gli altri requisiti normativamente previsti, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti minimi e massimi fissati dalle tabelle vigenti (v. Cass. n. 19613 del 2017; n. 8421 del 2017; Sez. 6 n. 24502 del 2017);

17. per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto;

18. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

19. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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