Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1704 del 24/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1704 Anno 2018
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 15935-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
2017

STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

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contro

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Data pubblicazione: 24/01/2018

CASSA DI RISPARMIO DI SAVONA SPA in persona del
Presidente del C.d.A., elettivamente domiciliato in
ROMA V.LE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio
dell’avvocato ADRIANO ROSSI, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 205/2011 della COMM. TRIBUTARIA
CENTRALE di GENOVA, depositata il 15/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principaleqrigettovricorso
incidentale;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento

9(

del ricorso principalei » rigetto

incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROSSI che ha
rigetto
del
principale,
ricorso
,
– li tIt’
Gccoglimento\frie- identalek deposita in udienza n. l
chiesto

il

cartolina A/R.

Ack

– con troricorrente incidentale –

N.R.G.15935/2011

FATTI DI CAUSA
In data 29.4.1987 la Cassa di Risparmio di Savona spa presentava
all’Ufficio Imposte Dirette istanza di restituzione dell’importo di lire
79.721.000, quale eccedenza Ilor erroneamente versata in conseguenza
dei seguenti errori commessi con la dichiarazione dei redditi relativa
all’anno di imposta 1986: omessa indicazione del credito di imposta sui

aziende ed istituti di credito pubblici di cui all’art.48 della legge n.526 del
1982, credito ritenuto spettante anche se la partecipazione al capitale
non era rappresentata da titoli; erronea indicazione dell’accantonamento
deducibile, a fondo rischi su credito, dell’importo di lire 2.013.159.909
in luogo del maggiore importo spettante di lire 2.049.055.956; maggiore
imposta versata a seguito della erronea determinazione della percentuale
di deducibilità degli interessi passivi e spese generali.
L’Ufficio impositore emetteva provvedimento di rigetto della istanza,
impugnato dalla contribuente davanti alla Commissione tributaria di
primo grado di Savona che rigettava il ricorso con decisione n.217 del
1995.
La Cassa di Risparmio di Savona proponeva appello alla Commissione
tributaria di secondo grado che lo rigettava con decisione n.39 del 1996.
La contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria
Centrale che lo accoglieva parzialmente con decisione n.205 del
15.3.2011. In particolare la CTC affermava che ” la fattispecie cui si
applica il credito di imposta sui dividendi, in mancanza di una espressa
disposizione normativa in senso contrario , non si riferisce esclusivamente
agli enti pubblici creditizi che hanno emesso titoli, ma risulta altresì
applicabile ai possessori di quote di partecipazione al capitale per il quale
non sia stato emesso il corrispondente titolo”. Nel resto rigettava il
ricorso.
Contro la decisione della Commissione Tributaria Centrale l’Agenzia
delle Entrate propone ricorso per cassazione con unico motivo per
“violazione e falsa applicazione dell’art.48 della legge 526/1982,
dell’art.26 legge 281/1985 e dell’art.14 delle preleggi, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 cod.proc.civ. “.

dividendi percepiti in relazione al possesso di quote di capitale di

La Cassa di Risparmio di Savona spa resiste con controricorso e
propone ricorso incidentale sulla base di due motivi. Deposita memoria

RAGIONI DELLA DECISIONE
A),II ricorso principale è fondato.
Il tenore letterale dell’ art.48 primo comma della legge 7 agosto 1982
n.526 è inequivoco nello stabilire che il regime fiscale del credito di
imposta è applicabile ai soli dividendi percepiti dai possessori di “titoli”

controdeduzioni di parte resistente non possono essere accolte per i
seguenti motivi: la parte finale del citato art.48, in cui si afferma
l’applicabilità del regime fiscale previsto dall’art.20 d.l. n.95 del 1974 nel
caso in cui “le quote non incorporino il diritto di voto”, non contraddice la
parte iniziale della disposizione che riserva il beneficio del credito di
imposta ai soli possessori di “titoli”, posto che il riferimento alle “quote”
deve essere comunque inteso nel senso di quote di capitale incorporate in
titoli; l’art.14 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, che ha esteso il
riconoscimento del credito di imposta in relazione a tutti gli utili distribuiti
da enti pubblici esercenti in via principale attività commerciale, non è
applicabile retroattivamente, poiché, a norma dell’art.136 d.P.R. 22
dicembre 1986 n.917 ( nella numerazione vigente ratione temporis), le
disposizioni previste dal TUIR entrano in vigore a decorrere dal 1 gennaio
1988. Neppure può essere invocato l’art.36 del d.lgs n.42 del 1988, che
conferisce efficacia retroattiva al TUIR a condizione che le dichiarazioni
presentati per i periodi di imposta antecedenti siano conformi alla
normativa sopravvenuta, atteso che, nel caso di specie, la dichiarazione
a suo tempo presentata era difforme ( cioè non indicava il credito di
imposta la cui spettanza è stata dedotta soltanto con una successiva
istanza di rimborso).
B). Il ricorso incidentale deve essere rigettato.
1.Primo motivo: ” Violazione dell’art.66 comma 1 del d.p.r.n.577 del
1973 in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ. ” nella parte in cui il giudice
di appello ha ritenuto infondata l’istanza di rimborso dell’imposta
derivante dal minor accantonamento fondo rischi, deducibile, indicato in
dichiarazione.

2

rappresentanti quote di capitale di istituti di credito pubblici. Le

Il motivo è infondato. L’art.66 comma 1 del d.P.R. n.597 del 1973,
applicabile ratione temporis, prevedeva la facoltà e non l’obbligo di
costituire un fondo rischi su crediti, deducibile, di importo non superiore
alla percentuale indicata nella norma. L’accantonamento, a titolo di
fondo rischi su crediti, di una somma inferiore a quella massima
consentita dalla legge è ascrivibile ad un’opzione esercitata dalla
contribuente, e non ad un errore materiale da cui sia derivata

dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602.
2.Secondo motivo: “Violazione degli artt.112, 132 e 360 n.4
cod.proc.civ. Violazione degli artt.58 e 74 del d.p.r.n.597 del 1973 in
relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.” nella parte in cui la CTR ha
ritenuto infondata l’istanza di rimborso della eccedenza di imposta
versata in conseguenza dell’erroneo calcolo della percentuale di interessi
passivi deducibili ex art.58 d.P.R. n.597 del 1973
Il motivo è infondato. La denunciata violazione dell’art.112 per
omessa pronuncia è insussistente poiché la sentenza si è espressamente
pronunciata sul punto con specifica motivazione. La censura di violazione
di legge per mancata esposizione dei motivi di fatto e di diritto della
decisione ( con richiamo all’art.132 cod.proc.civ. ) è infondata perché il
giudice di appello ha motivato la statuizione di rigetto condividendo
l”assunto dell’Ufficio secondo cui l’istanza di rimborso non dimostrava che
la contribuente avesse commesso un errore di calcolo nella
determinazione del coefficiente di deducibilità degli interessi passivi e
delle spese generali. La parte di censura in cui si deduce che “la
pronuncia è in ogni caso palesemente contraddittoria e quindi errata” è
inammissibile, non essendo stato dedotto il vizio di motivazione previsto
dall’art.360 primo comma n.5 bensì il vizio di violazione di legge.
Ugualmente la denuncia di violazione degli artt.58 e 74 d.P.R. n.597 del
1973 è inammissibile perché estranea alla ratio decidendi adottata dal
giudice di merito, che ha ritenuto indimostrata, da parte della
contribuente, la sussistenza di un errore nel calcolo del coefficiente di
deducibilità degli interessi passivi.
In accoglimento del ricorso principale la sentenza deve essere
cassata. Il ricorso incidentale deve essere rigettato. Non essendo

3

l’inesistenza (parziale) dell’obbligo di pagamento dell’imposta ai sensi

necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel
merito con il rigetto integrale del ricorso introduttivo della contribuente.
Spese regolate come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la
sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto, e decidendo

Compensa le spese relative ai gradi di merito; condanna parte resistente
al rimborso in favore della Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio
di legittimità, liquidate in euro tremila oltre eventuali spese prenotate a
debito.
Così deciso il 7.12.2017.

Estensore

Presidente

Giuseppe Locatelli

Carlo1 Piccininni

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nel merito rigetta integralmente il ricorso introduttivo della contribuente.

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