Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17038 del 05/08/2011

Cassazione civile sez. I, 05/08/2011, (ud. 31/05/2011, dep. 05/08/2011), n.17038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – rel. Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CARTIERA DI GERMAGNANO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE

MILIZIE 22, presso l’avvocato PENTELLA VINCENZO, rappresentata e

difesa dall’avvocato RUSSO LUIGI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DI CARTIERA DI GERMAGNANO S.P.A., in persona del Curatore

Dott. S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO

34, presso l’avvocato ROMANELLI GUIDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SOLAVAGIONE SILVANA, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente-

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 860/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/05/2011 dal Presidente Dott. CORRADO CARNEVALE;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GUIDO ROMANELLI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società per azioni Cartiera di Germagnano – con ricorso del 16 novembre 2006 – chiedeva al Tribunale di Torino di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo formulando, a fronte di un passivo dichiarato di Euro 42.077.000,00, una duplice proposta per il soddisfacimento in percentuale dei debiti chirografari (per il quale il fabbisogno era stimato in Euro 14.290.000,00): a) l’incasso dei crediti verso fornitori e factor e dei proventi derivanti dall’affitto biennale dell’azienda a una società di costituire, con contestuale cessione della stessa azienda all’affittuaria alla scadenza dell’affitto; b) la cessione dei beni ai creditori.

Con decreto del 20 dicembre 2006 il Tribunale ammetteva la società istante alla procedura concordataria sulla base della prima proposta, dichiarando assorbita la seconda proposta. Precisava tuttavia che la stessa avrebbe potuto essere riformulata fino all’inizio delle operazioni di voto nell’adunanza dei creditori.

Prima dell’adunanza, il commissario giudiziale segnalava al giudice delegato che la società ammessa alla procedura, senza l’autorizzazione prescritta dalla L. Fall., art. 173, si era procurata la somma per il deposito per le spese di procedura mediante il ricorso al credito bancario ed aveva transatto una controversia con un cliente pagando la somma convenuta di 400,00 Euro; e, soprattutto, nella proposta di concordato aveva omesso di indicare l’esistenza di debiti per sanzioni e accessori nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali nonchè una ingente passività potenziale per Euro 1.355.000,00 correlata all’urgente necessità di mettere l’azienda a norma sotto il profilo ecologico, ambientale e della prevenzione degli incendi, aveva indicato un credito per 789.557,00 nei confronti dell’amministrazione finanziaria difficilmente recuperabile ed aveva considerato come chirografario un debito di Euro 266.524,00 che era, invece, privilegiato. Il Tribunale – sentita la società e contestatile gli addebiti suindicati -, in conformità alla richiesta del P.M., con sentenza del 15 febbraio 2007, dichiarava il fallimento della società Cartiera di Germagnano, ritenendo fondati i fatti segnalati dal commissario giudiziale, che, a suo giudizio, si ponevano in contrasto con il principio di veridicità, e non realizzabile la proposta concordataria in relazione sia agli stessi fatti sia alla mancata conclusione, nei termini previsti, del contratto di affitto e di successiva cessione dell’azienda. La società Cartiera di Germagnano proponeva appello, contestando che i fatti posti dal Tribunale a fondamento della dichiarazione di fallimento potessero considerarsi idonei a rendere non realizzabile la proposta concordataria e deducendo che, in ogni caso, il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sulla proposta subordinata di cessione dei beni ai creditori.

La Corte di Appello di Torino, con sentenza dell’11 giugno 2007, ha respinto l’appello, ritenendo che la divergenza, come quella posta dal Tribunale a fondamento della sua decisione, tra la realtà attuale dell’impresa e quella prospettata con la proposta di concordato, anche se dipendente da fatti sopravvenuti e priva di carattere doloso, imponeva, ai sensi della L. Fall., art. 173, la dichiarazione del fallimento; che la conservazione dell’operatività aziendale attraverso un contratto di affitto in virtù della cessione dell’azienda al termine del biennio, costituente l’elemento essenziale della proposta concordataria formulata in via principale, non corrispondeva più alla realtà attuale, non solo perchè era inutilmente decorso il termine, ancorchè prorogato( entro il quale la società interessata al contratto si era dichiarata disposta a mantenere ferma la sua proposta, ma perchè, nell’udienza successiva alla scadenza di quel termine, il legale rappresentante della Cartiera di Germagnano aveva dichiarato che “i soggetti interessati alla stipula del contratto si erano dileguati”, mentre l’assunto dell’appellante che la società inizialmente interessata all’affitto dell’azienda avesse manifestato il suo perdurante interesse ad acquistarla era rimasto privo di prova; che la proposta subordinata di cessione dei beni ai creditori fosse inficiata anch’essa, al pari di quella principale, del difetto di veridicità e dovesse, comunque, considerarsi decaduti per assorbimento nell’accoglimento della proposta principale, come era stato, peraltro, espressamente enunciato nella motivazione del decreto di ammissione alla procedura, sicchè, come era stato affermato nella stessa motivazione, sarebbe stato onere della Cartiera di Germagnano, rimasto inosservato, di formulare proposte modificative entro i termini cronologici di cui alla L. Fall., art. 175, comma 1.

La società Cartiera di Germagnano ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi, successivamente illustrati con memoria.

Il curatore del fallimento della stessa società ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve – anzitutto – disattendersi l’eccezione pregiudiziale, sollevata dal curatore resistente con il controricorso, di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto, prima della notificazione del ricorso, il complesso aziendale, comprensivo di tutti i beni facenti capo alla società dichiarata fallita, è stato ceduto dal fallimento a un terzo, ai sensi della L. Fall., art. 105.

Il fatto dedotto non è, infatti, idoneo a far venir meno l’interesse della ricorrente alla decisione del ricorso da essa proposto, dal momento che l’esito favorevole dell’impugnazione comporterebbe il venir meno della dichiarazione del suo fallimento e il ripristino della procedura di concordato preventivo, con i conseguenti effetti indiscutibilmente vantaggiosi per la stessa ricorrente.

Ugualmente priva di fondamento è l’altra eccezione di inammissibilità del ricorso per non essere stata investita l’autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, concernente l’irrealizzabilità della proposta concordataria comprendente l’affitto e la successiva cessione dell’azienda perchè “i soggetti disposti alla stipula del contratto di affitto si sono dileguati”, giacchè anche questa seconda “ratio”, come si vedrà, risulta, invece, essere stata invertita da una specifica censura di omesso esame di fatti decisivi puntualmente prospettati negli scritti difensivi del giudizio di appello.

Nè miglior sorte può toccare all’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità dei motivi o per inadeguatezza della formulazione dei quesiti di diritto prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (indubbiamente applicabile ratione temporis al ricorso in esame) o per mancanza del requisito di autosufficienza delle censure concernenti il difetto di motivazione su circostanze di fatto prospettate nel giudizio di merito. Riguardo al primo profilo è sufficiente rilevare che dalla mera lettura di entrambi i motivi del ricorso risulta agevole cogliere il senso e la portata delle censure di violazione o falsa applicazione delle norme della legge fallimentare rivolte alla sentenza impugnata. Quanto al secondo e al terzo profilo basta rilevare che il quesito di diritto relativo al primo motivo, ancorchè espresso in una triplice articolazione, risulta omogeneo e coerente con la censura, chiaramente formulata e argomentata, di errata interpretazione e applicazione della L. Fall., art. 173, commi 1 e 2; che il quesito di difetto di motivazione – manifestamente inammissibile con riferimento alla denuncia di violazione e falsa applicazione di legge, patendo la difettosa motivazione eventualmente contenuta nella sentenza impugnata sull’interpretazione o l’applicazione di una norma giuridica costituire tutt’al più un sintomo, da solo insufficiente, della erroneità della soluzione data dal giudice di merito alla quaestio juris rimessa alla sua decisione, ma non mai un difetto di motivazione denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è invece correttamente formulato nella parte concernente l’accertamento degli elementi di fatto prospettati dalla ricorrente nei suoi scritti difensivi in ordine alla persistenza della proposta di affitto e di successivi acquisti dell’azienda da parte della nuova costituenda società.

Sgombrato così il campo dell’indagine delle eccezioni preliminari, può procedersi all’esame del primo motivo del ricorso con il quale – invertendosi due punti distinti della motivazione concernenti, rispettivamente la sussistenza delle condizioni richieste dalla L. Fall., art. 173, comma 1, perchè il tribunale possa revocare la già disposta ammissione dell’imprenditore che versi in stato di crisi alla procedura di concordato preventivo e, all’esito del procedimento aperto d’ufficio dallo stesso tribunale, dichiararci con sentenza il fallimento, e la persistenza della proposta della costituenda società da considerarsi come elemento essenziale della proposta di concordato – si censura la sentenza impugnata – in relazione al primo punto – per aver ritenuto non necessario il carattere doloso della divergenza tra la situazione patrimoniale dell’impresa prospettata con la proposta di concordato preventivo e quella effettiva risultante dai fatti segnalati dal commissario giudiziale al giudice delegato alla procedura di concordato; e – in relazione al secondo punto – per non aver considerato che, alla data (15 febbraio 2007) della sentenza dichiarativa del fallimento, la proposta irrevocabile di affitto e di acquisto dell’azienda formulata il 15 gennaio 2007 era stata prorogata fino al 20 febbraio 2007 ed era, perciò, ancora efficace.

Il motivo è fondato sotto entrambi i profili. Riguardo al primo profilo basta rilevare che – potendosi inquadrare i fatti segnalati dal commissario giudiziale al giudice delegato alla procedura concordataria e considerati dal tribunale decisivi ai fini della revoca dell’ammissione della ricorrente al concordato preventivo e della conseguente dichiarazione del suo fallimento non già in alcuna delle ipotesi specificatamente tipizzate nella L. Fall., art. 173, comma 1 (accertamento o dissimulazione di parte dell’attivo, omessa dolosa denuncia di uno o più crediti, esposizione di passività inesistenti), ma esclusivamente nell’ipotesi residuale e generica degli “altri atti di frode” – l’indagine sul carattere doloso dell’omessa indicazione, nella proposta di concordato, di alcune passività che si assumevano effettivamente esistenti, nella sentenza impugnata indubbiamente del tutto mancante, era invece assolutamente doverosa, non essendo concepibile un atto fraudolento che non sia sorretto da una precisa intenzione di compierlo.

In ordine al secondo profilo è sufficiente considerare che la Corte del merito ha indubbiamente omesso di prendere in esame la suindicata circostanza, indubbiamente rilevante, prospettatale dalla società odierna ricorrente.

Il primo motivo del ricorso deve, perciò, essere accolto, con assorbimento del secondo motivo, che investe un punto della sentenza impugnata perchè fondato, al pari del punto invertito dal primo motivo, sulla rilevanza dell’accertata divergenza tra la situazione patrimoniale dell’impresa prospettata con la proposta di concordato e quella effettivamente esistente.

L’accoglimento del motivo suindicato comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla stessa Corte di appello in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2011

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