Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17037 del 10/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/07/2017, (ud. 16/03/2017, dep.10/07/2017),  n. 17037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7901/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TORRONE DI SICILIA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1491/21/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO, SEZIONE DISTACCATA di CALTANISSETTA,

depositata il 13/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 9 giugno 2014 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Caltanisetta, accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla Torrone di Sicilia srl a socio unico avverso la sentenza n. 194/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Caltanisetta che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2003. La CTR osservava in particolare che era fondato il motivo di gravame concernente la ripresa fiscale avente ad oggetto la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di beni strumentali da parte della società contribuente, trattandosi di singoli contratti di compravendita e non, come sostenuto nell’atto impositivo impugnato, di un’unica cessione di azienda non soggetta ad IVA, bensì all’imposta di registro.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

L’intimata società non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e 21, artt. 1362, 2555 c.c., poichè la CTR non ha correttamente ricostruito la “causa reale” degli atti di cessione di beni in oggetto.

La censura è inammissibile e comunque infondata.

Va premesso e ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

Lo sviluppo della censura, che peraltro nemmeno critica nello specifico il ragionamento fattuale del giudice di appello e quindi la sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta della disciplina dell’alternatività IVA/imposta di registro, chiaramente collide con detto principio di diritto ed è perciò da ritenersi inammissibile.

In ogni caso devesi rilevare che la CTR si è concretamente confrontata con la regola giuridica che appunto sancisce i rispettivi ambiti di applicabilità delle due imposte erariali in questione, con giudizio di merito che non può essere ulteriormente sindacato in questa sede.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per “motivazione apparente”.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito che “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tale una motivazione caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione)” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526-01).

La sentenza impugnata è ben lontana dal paradigma stigmatizzato in tale principio di diritto, poichè ha analizzato ed accolto il motivo di gravame correlativo alla correttezza di applicazione dell’IVA alle transazioni de quibus con puntuale valutazione di merito (in particolare, disomogeneità delle attività aziendali di cedente/cessionario, mancanza di collegamento funzionale tra i beni ceduti, mancanza di trasferimento di elementi tipici di un compendio aziendale), incensurabile altrimenti in questa sede.

Il ricorso va dunque rigettato.

Nulla per le spese stante la mancata difesa dell’intimata.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2017

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