Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17033 del 13/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/08/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 13/08/2020), n.17033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4487-2014 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 91,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MONICA NICITO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI (OMISSIS), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 81/2013 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 24/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

In data 31 luglio 2008 il notaio G.M. rogava un contratto preliminare tra la società Campo di Marte (parte promittente venditrice) e la società BSP Consulting S.r.l. (parte promissaria acquirente), avente ad oggetto la vendita di alcune porzioni immobiliari, in corso di ristrutturazione, site in (OMISSIS). La BSP Consulting interveniva con la promessa di acquistare, per sè e/o per persona da nominare, entro la stipula del rogito definitivo ex art. 1402 c.c., (in un primo momento fissato entro il termine del (OMISSIS) poi prorogato al (OMISSIS)) le porzioni immobiliari. In data (OMISSIS), veniva stipulato il rogito definitivo tra la Campo di Marte (promittente venditrice) la BSP Consulting s.r.l. (parte utilizzatrice dell’immobile) e la CREDEMLEASING, intervenuta su nomina della BSP Consulting in forza di dichiarazione di nomina ex art. 1402 c.c., (che nel preliminare era la promissaria acquirente). L’Agenzia delle entrate notificava al notaio un avviso di liquidazione di imposta di registro ed irrogazione di sanzioni, con il quale contestava che la restituzione della caparra confirmatoria doveva essere tassata con l’imposta proporzionale di registro nella misura del 3%, prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 9, della tariffa, parte prima allegata, in quanto negozio a contenuto patrimoniale non soggetto ad IVA. L’Ufficio, inoltre, provvedeva a recuperare le imposte di registro ed ipocatastali in misura fissa relativamente al presunto trasferimento dalla società “Campo di Marte s.r.l.” alla società “BSP Consulting s.r.l.” degli immobili indicati nell’atto di compravendita, per complessivi Euro 8. 604,00.

La Commissione Tributaria Provinciale di (OMISSIS), con sentenza n. 226/4/10, accoglieva il ricorso del contribuente, assumendo che l’immobile era stato acquisito dalla BSP CONSULTING S.R.L., promissaria acquirente, la quale aveva ricevuto, ma solo formalmente, la caparra confirmatoria a suo tempo versata per riversarla, sempre formalmente e contemporaneamente, alla parte venditrice per il tramite della società di locazione finanziaria. L’Ufficio appellava la sentenza innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, sostenendo che, nella fattispecie, non vi era stata una valida designazione del terzo ai sensi degli artt. 1402 e 1403 c.c., atteso che era stata effettuata oltre il termine fissato dalle parti, sicchè non era configurabile un contratto per persona da nominare, ma un duplice trasferimento. L’adita Commissione accoglieva l’appello con sentenza n. 81/1/13. G.M. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo tre motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, atteso che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sarebbe viziata sotto il profilo motivazionale, poichè, esaminandone il contenuto, non si comprenderebbero le ragioni in base alle quali i giudici di appello sarebbero giunti al proprio convincimento.

1.1. Il motivo è infondato. Il giudice del merito, seppure succintamente, ha argomentato sulle questioni dedotte dalle parti, rendendo chiaro il percorso logico giuridico con cui si è giunti alla decisione, anche in ragione delle argomentazioni di seguito illustrate con riferimento al secondo e terzo mezzo (v. 2.1. e 3.1. a cui si fa rinvio) le quali consentono di comprendere come, con la motivazione della pronuncia impugnata, sia stata assolta la funzione specifica del giudice di espletare le ragioni del proprio convincimento.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 32, nonchè dell’art. 1402 c.c., circa la configurabilità di un contratto per persona da nominare (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), atteso che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe sostenuto erroneamente che con il rogito del (OMISSIS) si sarebbe realizzato un duplice trasferimento, non essendo stato rispettato il termine, fissato dalle parti entro il (OMISSIS), circa la persona da nominare ex art. 1401 c.c., e ss, e non tenendo conto che il contratto preliminare non ha effetti traslativi, ma solo obbligatori, con la conseguenza che, anche ammettendo la tardività della nomina, l’effetto che ne conseguirebbe sarebbe quello del consolidamento tra le parti originarie del contratto preliminare, ma non l’efficacia traslativa a cui fanno riferimento i giudici di appello. La Commissione non avrebbe fatto corretta applicazione dell’art. 32 del D.P.R. n. 131 del 1986, nè dell’art. 1402 c.c., in quanto entrambe le norme prevedono la possibilità per le parti di stabilire liberamente un termine diverso rispetto a quello indicato dalla disposizione codicistica.

2.1. Il motivo è infondato, per i principi di seguito enunciati.

a)Con l’avviso di liquidazione, l’Ufficio ha recuperato le imposte di registro ed ipocatastali in misura fissa relativamente all’asserito trasferimento dalla società “Campo di Marte S.r.l.” alla società “BSP Consulting S.r.l”, ritenendo che il contratto preliminare non aveva prodotto i suoi effetti tra i contraenti originari e, quindi, con il rogito definitivo, si era prodotto un duplice trasferimento, dal promittente venditore al promissario acquirente (stipulante) e da questi al terzo designato (v. pav. 4 ricorso per cassazione).

Il ricorrente deduce che con il contratto preliminare la BSP Consulting si era riservata la nomina di un terzo (società di leasing) fino alla stipula del definitivo, che individuava nella Credemleasing il soggetto che avrebbe acquistato l’immobile per concederlo in locazione finanziaria alla stessa BSP Consulting (pg. 27 ricorso per cassazione).

La tesi difensiva è stata disattesa dai giudici di appello che, a tale riguardo, con accertamento in fatto (non censurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e comunque insindacabile in sede di legittimità, in quanto congruamente motivato e privo di vizi logici) affermano testualmente: “Secondo il contribuente il termine per la nomina era quello previsto per il rogito definitivo ma tale asserzione non è suffragata da prova idonea mentre invece sussiste un principio di prova scritta, in ordine al termine concordato tra le parti, nel preliminare di vendita”.

Nel caso di specie, nel contratto preliminare di compravendita il termine per nomina dell’acquirente veniva fissato per il giorno (OMISSIS), ma la parte promissaria acquirente ha effettuato la nomina successivamente in data (OMISSIS), in sede di stipula della cessione dell’immobile alla soc. Credem-leasing S.p.A. (v. nota ricorso pag. 13).

2.2. Ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 32, quando la dichiarazione di nomina non è conforme alla riserva, è dovuta l’imposta stabilita per l’atto cui si riferisce la dichiarazione, pertanto trova applicazione l’imposta dovuta per il contratto al quale è apposta la clausola per persona da nominare sia nei confronti dell’originario contraente che di quello nominato, sempre che la nomina sia avvenuta senza il rispetto delle previsioni contenute nella riserva. Questa Corte, su fattispecie analoga, ha precisato che: “In tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 32, deve essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi di contratto preliminare di compravendita “per persona da nominare” la nomina tardiva determina unicamente l’applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa sia nei confronti dell’originario promissario acquirente che del terzo nominato tardivamente, mentre l’imposta di registro proporzionale dovuta in relazione al contratto definitivo graverà esclusivamente sulle parti che hanno stipulato l’atto, restando del tutto estraneo allo stesso il promissario acquirente che ha effettuato, sebbene oltre il termine contrattuale, la nomina del terzo” (Cass. n. 3176 del 2018).

Si è ritenuto che, stante la natura di imposta di registro quale imposta d’atto, l’art. 32, consente di estendere l’imposizione sia nei confronti del contraente originario che del terzo nominato fuori termine, salvo restando che il regime dell’imposizione ed, in particolare, l’applicazione in misura fissa o propozionale, dipendono dalla natura del contratto stipulato per persona da nominare; sicchè se il contratto era sottoposto all’imposta in misura fissa, solo questa sarà ugualmente applicabile nei confronti del terzo nominato. L’art. 32, infatti, non fa che applicare in ambito tributario il consolidato principio civilistico secondo cui, se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti, il contratto produce i suoi effetti tra i contraenti originari (art. 1405 c.c.).

Pertanto l’Ufficio correttamente, con l’avviso di liquidazione impugnato, ha recuperato le imposte di registro e ipocatastali sul presupposto che vi sia stato un duplice trasferimento del bene.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 6 e 10, – Tariffa, Parte I – allegata, nonchè all’art. 1385 c.c., circa la assoggettabilità al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 9, – Tariffa Parte I – allegata, della restituzione della caparra confirmatoria (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo i giudici di appello errato nel ritenere applicabile l’imposta proporzionale di registro con riferimento alla restituzione della caparra, ritenendo che tale operazione non potesse essere considerata con funzione di garanzia, ma avente solo il valore di negozio con natura patrimoniale non soggetta ad IVA, laddove, invece, la caparra confirmatoria doveva essere intesa come strumento per rafforzare il vincolo contrattuale e garantire il corretto adempimento della prestazione.

3.1. Il motivo è infondato per le considerazioni che seguono.

a) Le parti, stipulando un contratto preliminare, pattuiscono, accanto al contenuto tipico relativo all’assunzione dell’obbligo di contrarre il contratto definitivo, anche la dazione di una somma di denaro, che può avvenire sia a titolo di acconto sul prezzo, o a titolo di caparra confirmatoria, di clausola penale, di multa penitenziale, o anche di deposito cauzionale.

Il ricorrente deduce che, nel caso di specie, non vi è stata una effettiva restituzione della caparra confirmatoria, in quanto nello stesso giorno la società venditrice ha restituito la caparra confirmatoria alla promissaria acquirente la quale, tramite la società di leasing, ha versato il corrispettivo per l’acquisizione dell’immobile in locazione finanziaria, impiegando proprio le somme ricevute quale restituzione della caparra.

b) La nota allegata al testo unico sull’imposta di registro, art. 10 della tariffa, parte prima, (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), dispone che: “se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6; se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi del testo unico, art. 5, comma 2, e art. 40, si applica il precedente art. 9. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.

Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che: “Per stabilire quale sia il regime fiscale applicabile alle somme versate a titolo di caparra confirmatoria, quando detta clausola sia contenuta in un contratto preliminare di vendita di beni, il cui definitivo sia soggetto ad I.V.A., occorre valutare – con accertamento che costituisce questione di fatto, rimessa al giudice del merito – se la caparra medesima abbia funzione di anticipo sul prezzo, unitamente a quella di rafforzamento della garanzia o costituisce, invece, un elemento accidentale del contratto; nel primo caso, la dazione di denaro, corrispondente alla caparra, rivestendo la stessa natura della corresponsione del prezzo, è assoggettata ad I.V.A. ed all’imposta di registro in misura fissa, in ossequio al principio di alternatività tra l’imposta di registro e imposta sul valore aggiunto, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 40; nel secondo caso, invece, avendo autonomia contrattuale rispetto al preliminare in cui è inserita, del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 21, comma 1, all’imposta di registro proporzionale” (Cass. n. 24570 del 2010; Cass. n. 8792 del 2009).

c)Ai sensi dell’art. 1385 c.c., il versamento a titolo di caparra, al momento della conclusione del contratto, oltre a dimostrare esteriormente l’intervenuto accordo, ha normalmente il duplice scopo di anticipare in una certa misura la prestazione dovuta, in caso di adempimento, e di rafforzare e di garantire il vincolo obbligatorio, in caso di inadempimento.

Quando riveste lo scopo di garanzia, la caparra è il prezzo per l’eventuale inadempimento. Pertanto, nel caso in cui il contratto sia regolarmente adempiuto, la caparra deve essere restituita, oppure può essere imputata al corrispettivo dovuto.

La causa giuridica di garanzia, propria della caparra confirmatoria, sussiste ogni volta che il contratto generi un’obbligazione il cui inadempimento possa essere, secondo i comuni principi o in base alla volontà delle parti, tale da alterare la natura e la finalità del rapporto complessivo in modo così radicale da generare nel contraente leso un diritto potestativo alla risoluzione del rapporto medesimo.

E’, quindi, compito del giudice di merito stabilire, attraverso la valutazione di elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, se i contraenti abbiano inteso attribuire alla somma versata la funzione di mera caparra confirmatoria, ovvero di acconto del prezzo dovuto. Questa distinzione assume rilevanza ai fini tributari quando le somme pertinenti alle due distinte funzioni della caparra confirmatoria siano soggette ad un differente regime fiscale.

Questa Corte, a tale riguardo, ha precisato che: “Si deve ritenere, pertanto, che il pagamento di somme di denaro, effettuato a titolo di caparra confirmatoria di un contratto di compravendita di bene immobile, è soggetto ad IVA ed all’obbligo di fatturazione nella misura in cui tali somme siano destinate, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, ad anticipazione del prezzo per l’acquisto del bene (Cass. 1320 del 2007) con le conseguenti ricadute in tema d’epoca di insorgenza del presupposto impositivo dell’IVA”.

Quindi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, solo se le somme versate costituiscono un elemento accidentale del contratto sono tassabili mediante l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale. Invero, con riferimento all’IVA l’imposizione può realizzarsi in caso di dazione anticipata del corrispettivo. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4, dispone che l’operazione si considera effettuata se, anteriormente al prodursi degli eventi di cui ai commi precedenti, è pagato in tutto o in parte il corrispettivo (o sia emessa fattura). In questa ipotesi, al momento del pagamento, si verificherà il presupposto d’imposta con il sorgere dell’obbligo di emissione della fattura da parte del cedente o del prestatore. Con riferimento al preliminare la situazione può verificarsi qualora si preveda il versamento di somma a titolo di acconto sul prezzo (come nella fattispecie escluso dal giudice del merito) e ovviamente, il prestatore o il cedente siano soggetti passivi IVA.

4.1 giudici di appello, con accertamento in fatto, incensurabile (e comunque non censurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in sede di legittimità, in quanto congruamente motivato, asseriscono che le somme versate a titolo di caparra non possono essere considerate avere funzioni di garanzia, ma hanno valore di “negozio patrimoniale” non soggetto ad IVA. A tale riguardo, argomentano che: “Le asserzioni circa la restituzione della caparra sono infatti esplicitamente contraddette da quanto dichiarato nell’atto di trasferimento in cui le parti dichiaravano le modalità di pagamento complessivo del prezzo stabilito tramite gli assegni emessi all’ordine del venditore”.

Ne consegue che correttamente la statuizione relativa alla caparra confirmatoria, assumendo autonomia contrattuale rispetto al preliminare in cui era inserita, andava sottoposta ad imposta di registro proporzionale e non ad IVA.

5.In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2020

 

 

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