Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17031 del 05/08/2011

Cassazione civile sez. I, 05/08/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 05/08/2011), n.17031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 71, presso l’avvocato ACETO

ANTONIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI BENEVENTO, in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROBERT MUSILL 8-

12, presso l’avvocato D’ARIENZO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CATALANO VINCENZO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 261/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato LUIGI D’ARIENZO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.F. conveniva in giudizio l’Amministrazione Provinciale di Benevento, per ottenere il risarcimento dei danni da illegittima occupazione del fondo di proprietà, sito in (OMISSIS), in catasto al fg. 16, part.220, effettuata dalla detta Amministrazione, per la realizzazione della strada provinciale che collega la frazione (OMISSIS), facendo presente di avere ricevuto nel 1985 solo un acconto, ma non il saldo del dovuto.

L’Amministrazione Provinciale eccepiva l’inammissibilità della pretesa della B., avendo le parti definito reciprocamente il rapporto, essendo stata accettata dalla parte l’indennità offerta L. n. 865 del 1971, ex art. 16. Espletata C.T.U., il Tribunale, con sentenza del 20/5/2002, ha condannato l’Amministrazione alla corresponsione alla B. della somma di L. 12.557.000, secondo quanto stabilito dal C.T.U..

Proponeva appello la B.; rimaneva contumace l’Amministrazione.

La Corte d’appello, con sentenza depositata il 2/2/2007, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato l’Amministrazione alla corresponsione all’appellante della somma di Euro 10.802,56, oltre interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate secondo gli indici Istat a decorrere dal 6/5/1981, nonchè alla rifusione delle spese del doppio grado, negli importi liquidati.

La corte del merito ha ritenuto inapplicabile la L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65 che ha introdotto il comma 7 bis al D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, convertito con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, trattandosi di suolo agricolo, ha quindi applicato la L. n. 865 del 1971, art. 15 ed ha ritenuto doversi riconoscere gli interessi legali e la rivalutazione non dalla notifica della citazione, ma dall’illecito.

Ha accolto il terzo motivo di gravame, sulla determinazione del prezzo, siccome inferiore a quello reale, rifacendosi alle valutazioni dello stesso Tribunale per terreni limitrofi.

Propone ricorso per cassazione la B., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la Provincia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, la B. denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 112 c.p.c., nonchè di illogicità, mancanza e contraddittorietà di motivazione, in relazione alla riduzione delle spese di primo grado.

Il motivo è fondato sotto tutti i profili fatti valere. Ed invero, premesso che nel caso la riduzione delle spese del primo grado è avvenuta senza alcuna motivazione ed in contrasto con l’accoglimento dei motivi di impugnazione, va riscontrata la violazione delle norme processuali invocate, atteso che il capo di sentenza sulle spese non era stato impugnato, per cui, a seguito dell’accoglimento dell’appello, non poteva essere disposta la reformatio in pejus di detto capo di pronuncia, se non in violazione dell’art. 112 c.p.c..

Vale in merito il richiamo alla pronuncia n. 4739 del 2001 (e in senso conforme le precedenti, 5601/1994, 8662/1994, 5748/1996), che è stata massimata come segue: “Qualora la sentenza d’appello contenga una pluralità di statuizioni, l’eventuale ricorso per cassazione può giovare solo alla parte che abbia esercitato il diritto di impugnazione, per rimuovere quelle ad essa sfavorevoli, mentre le altre, se non censurate dalla controparte con ricorso incidentale, restano coperte da giudicato. Pertanto, qualora la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso della parte parzialmente soccombente non onerata delle spese processuali, cassi la sentenza della corte di appello, rinviando per il riesame all’altra sezione della stessa Corte cui affida il compito di riesaminarlo e di decidere sulle spese del giudizio di legittimità, il giudice di rinvio può decidere solo su tali punti e la statuizione sulle spese del merito, se non ha formato oggetto di ricorso incidentale, passa in giudicato, senza che in contrario possa invocarsi l’effetto espansivo interno della cassazione parziale stabilito dall’art. 336 c.p.c., comma 1, atteso che la regola della dipendenza del capo di sentenza concernente le spese processuali da quelli recanti le statuizioni del merito opera nei limiti della soccombenza effettiva della parte impugnante e, quindi, con esclusivo riguardo alle ipotesi in cui il giudice dell’impugnazione possa rivedere in senso più favorevole al vincitore anche la decisione sulle spese non direttamente impugnata, non anche in quella, inversa, in cui la statuizione dipendente non implica soccombenza di detta parte ma dell’altra, la quale invece non abbia proposto al riguardo alcuna doglianza”.

1.2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia “Errata liquidazione delle spese del giudizio di appello – Violazione D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 4 e D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 4.

Inderogabilità onorari minimi in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.” Nella espositiva del motivo e nel quesito di diritto, diversamente da quanto indicato nella intestazione del motivo, le censure sono fatte valere nei confronti della statuizione della sentenza impugnata relativa alle spese del primo grado; da tale rilievo consegue che il motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

2.1.- Conclusivamente, va accolto il primo motivo del ricorso e ritenuto assorbito il secondo e pertanto, cassata in parte qua la sentenza impugnata, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, va decisa la causa nel merito, e vanno pertanto liquidate le spese del giudizio di primo grado negli importi come liquidati dal Tribunale.

In applicazione del principio della soccombenza, va condannata la Provincia di Benevento a rifondere alla ricorrente le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, liquida le spese del primo grado di giudizio così come liquidate dal Tribunale; condanna l’Amministrazione Provinciale di Benevento a rifondere alla ricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1000,00, oltre Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2011

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