Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17030 del 20/07/2010

Cassazione civile sez. III, 20/07/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 20/07/2010), n.17030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

ARTURO GIULIANO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SIE SOCIETA’ INIZIATIVE EDITORIALI SPA, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

PALOMBINI 2, presso lo studio dell’avvocato DE FRANCESCO SALVATORE,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RADICE ANDREA,

giusta mandato speciale alle liti a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1141/2007 del TRIBUNALE di TRENTO del

13/12/07, depositata il 06/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’08/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dr. ANTONIETTA CARESTIA, che ha

concluso per il rinvio alle SS.UU. ed in subordine per

l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

p. 1. M.S. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza in data 13-12-2007/6-2-2008 con la quale il Tribunale di Trento ha dichiarato inammissibile la domanda da esso proposta ai sensi dell’art. 152 T.U. Privacy nei confronti della S.I.E. Società Iniziative Editoriali s.p.a..

Detta sentenza ha, infatti, ritenuto che la domanda – in quanto intesa a far valere una lesione alla dignità e onorabilità dell’interessato – non rientrava tra quelle attinenti al trattamento dei dati personali, cui si riferiva la speciale procedura di cui all’art. 152 cit..

p. 1.1. Ha resistito a ricorso la S.I.E., depositando controricorso con il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza dell’impugnazione.

p. 2. Essendo il ricorso soggetto alla disciplina delle modifiche ai processo di Cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs.: art. 27, comma 2 di tale D.Lgs.) ed essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c. è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Il Magistrato redattore della relazione è stato sostituito perchè impedito a partecipare all’adunanza della Corte del 16 dicembre 2009.

In essa la Corte ha ritenuto di rinviare il ricorso alla pubblica udienza. Alla pubblica udienza ha presenziato soltanto il Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Il ricorso – come a suo tempo era stato d’ufficio rilevato nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. – dovrebbe essere dichiarato inammissibile sulla base del principio di diritto affermato dalle SS.UU. con la sentenza 7 ottobre 2008, n. 24708, nei termini seguenti:

“In tema di trattamento dei dati personali, il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 152, comma 13, nel prevedere l’inappellabilità e l’immediata ricorribilità per cassazione delle sentenze adottate dal giudice ordinario, opera uno specifico riferimento alle decisioni di cui al precedente comma 12, ovvero a quelle sentenze con le quali il giudice abbia nel merito rigettato od accolto la domanda; d’altra parte, il comma 4 dello stesso articolo stabilisce espressamente l’immediata ricorribilità per cassazione nella sola ipotesi di dichiarazione di inammissibilità per tardiva proposizione del ricorso. Conseguentemente va, affermata l’esperibilità dell’ordinario rimedio dell’appello ed esclusa l’immediata impugnabilità per cassazione delle sentenze elio abbiano pronunciato “in rito”, in ordine all’ammissibilità del ricorso, o alla competenza territoriale o alla giurisdizione”.

p. 2. Il Collegio ritiene opportuno, condividendo anche la sollecitazione del Pubblico Ministero in udienza, sollecitare le Sezioni Unite ad una eventuale rimeditazione del su esteso principio, il quale non appare condivisibile sulla base delle seguenti osservazioni:

a) il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, per quanto attiene all’esercizio del diritto di impugnazione avverso le decisioni rese dal Tribunale, competente in unico grado sulle controversie cui esso si riferisce al comma 1, contiene le seguenti previsioni: a1) nel comma 4, dopo avere stabilito che il ricorso al Tribunale introduttivo della controversia “se e presentato avverso un provvedimento del Garante anche ai sensi dell’art. 143” dev’essere “proposto entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento o dalla data del rigetto tacito”, afferma che “se il ricorso è proposto oltre tale termine il giudice lo dichiara inammissibile con ordinanza ricopribile per cassazione”;

a2) quindi, dopo avere nel comma 12 affermato che “con la sentenza il giudice cioè il Tribunale, anche in deroga al divieto di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, allegato E), quando è necessario anche in relazione all’eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile, accoglie o rigetta la domanda, in tutto o in parte, prescrive le misure necessario, dispone sul risarcimento del danno, ove richiesto, e pone a carico della parte soccombente te spese del procedimento”, nel comma 13 stabilisce che la sentenza non è appellabile, ma è ammesso il ricorso per Cassazione”;

b) le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto sopra riportato sulla base della seguente motivazione: “devesi considerare che il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 152, comma 13, nel prevedere l’inappellabilità e l’immediata ricoiribilità per cassazione delle decisioni adottate dal giudice ordinario, espressamente dichiarato attributario della giurisdizione in materia, sui ricorsi di cui al comma 1, della medesima norma, opera specifico riferimento alle sentenze di cui al precedente comma 12, id est quelle con le quali il detto giudice “… anche in deroga al divieto di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4. all. E, quando è necessario anche in relazione all’eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile, accoglie o rigetta la domanda, in tutto o in parte, prescrive le misure necessarie, dispone sul risarcimento del danno, ove richiesto, e pone a carico del soccombente le spese del procedimento”. Trattasi, all’evidenza, di previsione d’una pronunzia sull’oggetto della domanda, alla quale rimangono estranee le pronunzie non di merito ma processuali, attinenti all’ammissibilità del ricorso – del che e conferma a contrario nel rilievo dell’espressa previsione, al comma 4, d’un’immediata ricorribilità per cassazione non di tulle le pronunzie d’inammissibilità ma nella sola ipotesi della declaratoria d’inammissibilità per tardiva proposizione del ricorso, onde inclusio unius exclusio alterius – o alla competenza (territoriale ex comma 2) o, come nel caso di specie, alla giurisdizione. Nelle quali ipotesi, corretta o meno che sia – anche in relazione all’espressa deroga legislativa D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 152, ex comma 12, al divieto di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, all. E, – la decisione sulla giurisdizione del giudice ordinario adito con il ricorso, va dunque, esclusa l’immediata impugnabililà della sentenza, emessa da quest’ultimo, mediante ricorso per cassazione ed affermata invece, l’esperibilità dell’ordinario rimedio dell’appello”;

c) il Collegio rileva che l’esegesi proposta dalle Sezioni Unite si presta ad un primo rilievo, che è nel senso che il riferimento della del comma 12 alla sentenza che “accoglie o rigetta la domanda, in tutto o in parte” non sembra potersi intendere nel senso che il legislatore abbia inteso alludere ad una sentenza che abbia deciso sull’azione esercitata con una pronuncia sul merito della controversia, cioè alternativamente di accoglimento o di rigetto della domanda proposta con l’azione nel merito, e ciò: c1) sia perchè nell’uso comune nell’ambito della disciplina del diritto processuale civile e nella sua applicazione giurisprudenziale, l’espressione “rigetto della domanda” sottende tanto un rigetto per ragioni di merito della domanda, quanto un rigetto per ragioni di rito (quali che esse siano, purchè determinative della chiusura del processo con una pronuncia puramente processuale che escluda una decisione sul merito); c2) sia perchè se dall’uso comune si passa a scrutinare il concetto di rigetto della domanda sulla base dei paradigmi normativi, si constata che essi, siccome espressi per la decisione del giudice di merito dalla normativa tendenzialmente generale prevista negli artt. 187, 276, 277 e 279 c.p.c., non solo non riferiscono in alcun modo il “rigetto” alla pronuncia che dichiari infondata nel merito la domanda, ma nemmeno lo usano; c3) l’art. 187 anzi accomuna pronunce di merito e pronunce di rito sotto il comune concetto della decisione che può definire; c4) anche gli artt. 276 e 277 non usano il concetto di “rigetto”, ma, rispettivamente, quello di “decisione” (riferendolo promiscuamente a quelle di rito e d a quelle di merito) e quello di “pronuncia sul merito”; c5) anche l’art. 279 c.p.c., non usa quel concetto, ma usa i verbi “decidere” e “definire”, d) l’art. 152, comma 4, là dove prevede per una pronuncia di rito di inammissibilità, la ricorribilità per cassazione non sembra poter essere inteso alla stregua del canone ermeneutico inciusio unius exclusio alterius, sia per quanto osservato al punto precedente (e, quindi, al lume del venir meno dell’argomento colà considerato), sia ancora prima perchè la pronuncia del relativo provvedimento è prevista con la forma dell’ordinanza in limine litis e non con quella della sentenza e perchè, fra l’altro, si tratta di una decisione di rito che non può avere luogo sulla domanda introduttiva della controversia comunque proposta, bensì solo se con essa si sia impugnato un provvedimento del Garante;

c) il principio affermato dalle Sezioni Unite, inoltre, dovrebbe comportare che quante volte la sentenza abbia deciso sia questioni di rito che di merito, il regime di impugnazione dovrebbe ritenersi diverso per le une e per le altre, il che darebbe luogo ad una moltiplicazione di processi di impugnazione, con la necessità di coordinarne lo svolgimento secondo un meccanismo di sospensione (ma quale?), con palese sacrificio del principio della ragionevole durata del processo.

Tutte tali ragioni inducono il Collegio ad esercitare il potere di cui all’art. 374 c.p.c., comma penultimo.

P.Q.M.

La Corte, visto l’art. 374 c.p.c., comma 4, rimette la decisione del ricorso in epigrafe alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

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