Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1703 del 24/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 1703 Anno 2018
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 15825-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
2017

STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

1767

contro

~KW”

*-1

ppufzoi Agpo,

dr*Miltoto

iltoo-~

Data pubblicazione: 24/01/2018

CASSA DI RISPARMIO DI SAVONA SPA in persona del
Presidente del C.d.A. pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA V.LE DELLE MILIZIE l, presso lo
studio dell’avvocato ADRIANO ROSSI, che lo rappresenta
e difende giusta delega a margine;

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata avverso

la

TRIBUTARIA

n.

decisione

CENTRALE

di

206/2011

GENOVA,

della

depositata

COMM.
il

15/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

LOCATELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento

del ricorso principale i rigetto

i

incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto raccoglimento del ricorso principaledrigetto
O!
(incidentale;
udito per il controricorrente l’Avvocato ROSSI che ha
chiesto

il

rigetto

del

ricorso

principale,

f
accoglimentoql)incidentale,L deposita in udienza n.1

cartolina A/R.

4e

– controricorrente e ricorrente incidentale –

N.R.G.15825

FATTI DI CAUSA
In data 29.4.1987 la Cassa di Risparmio di Savona spa presentava
all’Ufficio Imposte Dirette istanza di restituzione dell’importo di lire
322.184.000, quale eccedenza Irpeg erroneamente versata con la
dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 1986, così composta:
lire 240.366.000 per omessa indicazione in dichiarazione del credito di
imposta sui dividendi percepiti in relazione al possesso di quote di

legge n.526 del 1982, credito di imposta ritenuto spettante anche se la
partecipazione al capitale non era rappresentata da titoli; lire 35.898.047
per erronea indicazione dell’accantonamento, deducibile, a fondo rischi
su credito della somma di di lire 2.013.159.909 in luogo della maggiore
somma consentita di lire 2.049.055.956; maggiore imposta versata a
seguito della erronea determinazione della percentuale di deducibilità
degli interessi passivi.
L’Ufficio impositore emetteva provvedimento di rigetto dell’ istanza di
rimoborso, impugnato dalla contribuente davanti alla Commissione
tributaria di primo grado di Savona che rigettava il ricorso con decisione
n.218 del 1995.
La Cassa di Risparmio di Savona proponeva appello alla Commissione
tributaria di secondo grado che lo rigettava con decisione n.38 del 1996.
La contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria
Centrale che lo accoglieva parzialmente con decisione n.206 del
15.3.2011. In particolare la CTC affermava la spettanza del credito di
imposta sui dividendi percepiti in relazione al possesso di quote di
capitale delle aziende e degli istituti di credito pubblici, sull’assunto che
il credito di imposta previsto dall’art.48 della legge n 526 del 1982
spettasse non solo ai possessori di quote di capitale rappresentate da
titoli, ma anche ai possessori di quote di capitale non rappresentate da
titoli.
Contro la decisione della Commissione Tributaria Centrale l’Agenzia
delle Entrate propone ricorso per cassazione con unico motivo per
“violazione e falsa applicazione dell’art.48 della legge 526/1982,

capitale di aziende ed istituti di credito pubblici di cui all’art.48 della

dell’art.26 legge 281/1985 e dell’art.14 delle preleggi, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 cod.proc.civ. “.
La Cassa di Risparmio di Savona spa resiste con controricorso e
propone ricorso incidentale sulla base di due motivi. Deposita memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
A),Il ricorso principale è fondato.
Il tenore letterale dell’ art.48 primo comma della legge 7 agosto 1982

imposta è applicabile ai soli dividendi percepiti dai possessori di “titoli”
rappresentanti quote di capitale di istituti di credito pubblici.
Le controdeduzioni di parte resistente non possono essere accolte per
i seguenti motivi: la parte finale del citato art.48, in cui si afferma
l’applicabilità del regime fiscale previsto dall’art.20 d.l. n.95 del 1974 nel
caso in cui “le quote non incorporino il diritto di voto”, non contraddice la
parte iniziale della disposizione che riserva il beneficio del credito di
imposta ai soli possessori di “titoli”, posto che il riferimento alle “quote”
deve essere comunque inteso nel senso di quote di capitale incorporate in
titoli; l’art.14 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917, che ha esteso il
riconoscimento del credito di imposta in relazione a tutti gli utili distribuiti
da enti pubblici esercenti in via principale attività commerciale, non è
applicabile retroattivamente: a norma dell’art.136 d.P.R. 22 dicembre
1986 n.917 ( secondo la numerazione vigente ratione temporis), le
disposizioni previste dal TUIR entrano in vigore a decorrere dal 1 gennaio
1988; neppure può essere invocato l’art.36 del d.lgs n.42 del 1988, che
conferisce efficacia retroattiva al TUIR a condizione che le dichiarazioni
presentate per i periodi di imposta antecedenti siano conformi alla
normativa sopravvenuta, atteso che, nel caso di specie, la dichiarazione
a suo tempo presentata era difforme ( cioè non indicava il credito di
imposta la cui spettanza è stata dedotta soltanto con una successiva
richiesta di rimborso).
B). Il ricorso incidentale deve essere rigettato.
1.Primo motivo: ” Violazione dell’art.66 comma 1 del d.p.r.n.577 del
1973 in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ. ” nella parte in cui il giudice
di appello ha ritenuto infondata l’istanza di rimborso dell’imposta

2

n.526 è inequivoco nello stabilire che il regime fiscale del credito di

derivante dal minor accantonamento fondo rischi, deducibile, indicato in
dichiarazione.
Il motivo è infondato. L’art.66 comma 1 del d.P.R. n.597 del 1973,
applicabile ratione temporis, prevedeva la facoltà e non l’obbligo di
costituire un fondo rischi su crediti, deducibile, di importo non superiore
alla percentuale indicata nella norma. L’accantonamento, a titolo di
fondo rischi su crediti, di una somma inferiore a quella massima

contribuente, e non ad un errore materiale da cui sia derivata
l’inesistenza (parziale) dell’obbligo di pagamento dell’imposta ai sensi
dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602.
2.Secondo motivo: “Violazione degli artt.112, 132 e 360 n.4
cod.proc.civ. Violazione degli artt.58 e 74 del d.p.r.n.597 del 1973 in
relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la CTR ha
ritenuto infondata l’istanza di rimborso della eccedenza di imposta
versata in conseguenza dell’erroneo calcolo della percentuale di interessi
passivi deducibili ex art.58 d.P.R. n.597 del 1973.
Il motivo è infondato. La denunciata violazione dell’art.112
cod.proc.civ., per omessa pronuncia, è insussistente. La sentenza si è
espressamente pronunciata sul punto con specifica motivazione. La
censura di violazione di legge per mancata esposizione dei motivi di fatto
e di diritto della decisione ( con richiamo all’art.132 cod.proc.civ. ) è
infondata perché il giudice di appello ha motivato la statuizione di rigetto,
affermando di condividere l’assunto dell’Ufficio secondo cui l’istanza di
rimborso non dimostrava che la contribuente avesse commesso un errore
di calcolo nella determinazione del coefficiente di deducibilità degli
interessi passivi e delle spese generali. La parte di censura in cui si
deduce che “la pronuncia è in ogni caso palesemente contraddittoria e
quindi errata” è inammissibile, non essendo stato dedotto il vizio di
motivazione previsto dall’art.360 primo comma n.5 bensì il vizio di
violazione di legge. Ugualmente la denuncia di violazione degli artt.58 e
74 d.P.R. n.597 del 1973 è inammissibile perché estranea alla

ratio

decidendi adottata dal giudice di merito, che ha ritenuto indimostrata, da
parte della contribuente, la sussistenza di un errore nel calcolo del
coefficiente di deducibilità degli interessi passivi.

3

consentita dalla legge è ascrivibile ad un’opzione esercitata dal

In accoglimento del ricorso principale la sentenza deve essere
cassata. Il ricorso incidentale deve essere rigettato. Non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel
merito con il rigetto integrale del ricorso introduttivo della contribuente.
Spese regolate come da dispositivo.

P.Q.M.

sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto, e decidendo
nel merito rigetta integralmente il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa le spese relative ai gradi di merito; condanna parte resistente
al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della Agenzia
delle Entrate, liquidate in euro tremilaottocento oltre eventuali spese
prenotate a debito.
Così deciso il 7.12.2017.

,

Estensore

Presidente

Giuseppe Locatelli

Carl9iPicgnip-141

\

Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA