Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17029 del 10/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.10/07/2017),  n. 17029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21932/2015 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PERRI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CESARE FORMATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1414/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 16/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Reggio Calabria confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva condannato il Ministero della Salute al pagamento in favore di B.A. della somma di Euro 2750,12 – dovuta per interessi legali maturati sui ratei liquidati in data 28.7.2008 a titolo d’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, per il periodo dal 1.12.1994 al 31.7.1998 – richiesti con atto di costituzione in mora del 28.11.2003.

2. Per la cassazione della sentenza il Ministero della Salute propone ricorso, a fondamento del quale deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. e lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che il credito per gli interessi sulla prestazione assistenziale abbia durata decennale. Riferisce che nel caso si trattava di interessi su ratei già riscossi o comunque liquidati, sicchè gli accessori, che seguono il medesimo regime, dovevano ritenersi prescritti nel termine di cinque anni ex art. 2948 c.c., n. 4. Aggiunge che il termine di prescrizione avrebbe dovuto decorrere non dalla data del riconoscimento dell’indennizzo, ma dalla data del pagamento della sorte capitale.

3. B.A. ha resistito con controricorso.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. il ricorso è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1 (ipotesi che ricorre quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, v. Cass. S.U. 21/03/2017 n. 7155).

2. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell’orientamento più volte espresso da questa Corte, in base al quale “alle componenti essenziali di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali non liquidate si applica la prescrizione ordinaria decennale e non la prescrizione quinquennale, che presuppone la liquidità del credito, da intendere, non secondo la nozione comune desumibile dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione della spesa (procedimento di contabilità, diverso da quello di liquidazione della spesa) con messa a disposizione dell’avente diritto delle relative somme, come fatto palese dal disposto del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129, secondo cui si prescrivono in cinque anni a favore dell’istituto le rate di pensione “non riscosse”; ne consegue che il diritto di credito relativo a qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione ed interessi, costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129″ (v. ancora da ultimo Cass. 09/02/2016 n. 2563, Cass. 03/04/2014 n. 7885).

2.1. Quello che rileva quindi, ai fini del termine di prescrizione applicabile, non è la circostanza che le somme pretese a titolo di accessori siano riferite a somme erogate con cadenza periodica, bensì che sia stato completato il relativo procedimento amministrativo di liquidazione della spesa. In altri termini, il pagamento parzialmente estintivo della pretesa creditoria lascia permanere la illiquidità, nel senso precisato, del credito per la parte residua (cfr., con specifico riguardo, alla liquidazione della sorte capitale senza gli interessi e la rivalutazione: v. Cass. 19/12/2014 n. 27118 e precedenti arresti ivi richiamati).

2.2. Questa Corte a Sezioni Unite ha poi da tempo chiarito che la prescrizione decennale del credito per gli accessori sui ratei delle prestazioni assistenziali corrisposte in ritardo decorre, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l’effetto interruttivo di cui all’art. 2944 c.c., salvo che il “solvens” non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori; e senza che possa il pagamento della sola somma capitale ritenersi sufficiente a costituire liquidazione della prestazione, tale da determinare l’applicabilità della prescrizione quinquennale (così Cass. S.U. 25/07/2002 n. 10955 e successive conformi). Opera infatti anche con riferimento all’ indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, lo “spatium deliberandi” assegnato all’ente ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 7, fermo il disposto della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, in tema di divieto di cumulo (Cass. 03-05-2016 n. 8653, Cass. 1011-2008, n. 26883), che individua la data di decorrenza del diritto agli accessori e, in coerenza con i principi generali (art. 2935 c.c.), della relativa prescrizione.

3. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1 e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in Camera di consiglio.

4. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del Ministero.

5. Non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2017

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