Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17025 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 16/06/2021), n.17025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2410/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

G.P. EDIL SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Sammartino,

elettivamente domiciliata in Roma, via dell’Elettronica, n. 20,

presso lo studio dell’avv. Giuseppe Piero Siviglia.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia (sezione di Palermo), sezione n. 25, n. 2261/25/16,

pronunciata il 23/05/2016, depositata il 13/06/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 aprile

2021 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Agenzia delle entrate propone ricorso, con cinque motivi, contro G.P. Edil Srl, esercente l’attività di costruzioni edili, che resiste con controricorso, illustrato con una memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sopra indicata, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. (OMISSIS)) che recuperava a tassazione, ai fini IRES, IRAP, IVA, per il 2006, ricavi non dichiarati (derivanti dalla sottofatturazione del prezzo di cessione a titolo oneroso di unità abitative) e costi indeducibili -ha rigettato l’appello dell’Amministrazione finanziaria, confermando la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo (n. 291/07/2012) che aveva accolto il ricorso originario della contribuente;

2. la Commissione regionale ha aderito al convincimento del primo giudice, testualmente (cfr. pag. 6 della decisione) “in ordine alla condotta degli agenti accertatori della G. di F. nel corso degli accessi presso i locali della Ditta, protrattasi illegittimamente oltre il consentito; oltre che nell’applicazione della normativa, poi ritenuta illegittima ed abrogata per intervento della Commissione Europea, nonchè della procedura di verifica anche di posizioni bancarie estranee alla vita societaria, come si è dimostrato con la ricostruzione contabile da parte della contribuente con produzione di apposita relazione del proprio C.T.P., è stata confermata l’illegittimità dell’atto impugnato.”. Quanto alla contestata sottofatturazione delle cessioni immobiliari, la C.T.R. ha rimarcato che il processo penale svoltosi davanti al Tribunale di Palermo, relativo ai medesimi fatti, si era concluso con l’assoluzione di Rosa Prestigiacomo, legale rappresentante di G.P. Edil Srl, per insussistenza del fatto, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, Secondo la Commissione regionale, il giudice penale aveva accertato che gli appartamenti costruiti e venduti dalla società avevano un valore reale corrispondente a quello indicato nei rogiti, pertanto la presunzione di sottofatturazione su cui si fondava la ripresa fiscale non aveva trovato alcun riscontro (analogamente a quanto era avvenuto per le vendite di immobili relative a precedenti periodi d’imposta).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“I) Violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 5″), l’Agenzia addebita alla C.T.R. di avere condiviso la sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva ravvisato il superamento del termine di permanenza degli accertatori presso i locali della società sottoposta a verifica, computando soltanto il tempo intercorso tra l’inizio e la fine della verifica fiscale (accesso del 06/03/2008; processo verbale di constatazione redatto il 29/05/2008), senz’alcuna specificazione circa l’effettiva durata dell'”accesso”; sotto altro profilo, rileva che, anche ammettendo per ipotesi la permanenza dei militari della G.d.F. presso la sede legale della contribuente oltre il termine di legge, ciò non determina comunque l’illegittimità dell’avviso e l’inutilizzabilità del PVC;

1.1. il motivo è fondato;

la condivisione da parte della C.T.R. del dictum della sentenza di primo grado, secondo cui l’accesso della G.d.F. “presso i locali della Ditta” si sarebbe illegittimamente protratto oltre il consentito, collide con il saldo indirizzo sezionale (ex multis Cass. 27/01/2017, n. 2055), che il Collegio fa proprio, per il quale “In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, nè l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati.”;

2. con il secondo motivo (“II) Error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4 per disapplicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, applicabile ex art. 61 dello stesso atto normativo nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere annullato integralmente l’atto impositivo, anche nella parte concernente il disconoscimento della deduzione dei costi, senza nulla motivare al riguardo, visto che l’intero apparato argomentativo della decisione d’appello si riferisce ai ricavi non dichiarati derivanti dalla compravendita di appartamenti;

2.1. il motivo è assorbito dall’accoglimento di quello precedente in quanto la C.T.R. ha annullato l’avviso di accertamento, anche in punto d’indeducibilità dei costi, a causa della ravvisata, ma insussistente (per le ragione esposte al p. 1.1.), illegittimità dell’attività accertatrice perchè protrattasi oltre il termine di legge;

3. con il terzo motivo (“III) Violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 39, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54.”), l’Agenzia ascrive alla sentenza impugnata, da un lato, di avere stabilito che l’accertamento, da parte dell’A.F., dell’omessa contabilizzazione dei ricavi fosse stato desunto dal “valore normale” degli immobili ceduti, e, dall’altro, di non avere fatto corretta applicazione della presunzione legale in tema di indagini finanziarie, posto che la ristretta base societaria, l’esiguità dei redditi personali dichiarati dai soci e la mancata distribuzione di utili, avevano condotto l’organo di controllo a presumere che i movimenti bancari, per diverse centinaia di migliaia di Euro, non potessero che essere attribuiti all’attività sociale, conclusione, questa, corroborata altresì dalle dichiarazioni dei terzi acquirenti degli immobili;

3.1. il motivo è in parte non fondato e in parte inammissibile;

è infondato perchè, a prescindere dall’implicito riferimento al criterio del cd. “valore normale” (là dove, nello sviluppo argomentativo (pag.6) della decisione, si accenna alla “normativa (…) illegittima ed abrogata per intervento della Commissione Europea”), la C.T.R. ha indicato espressamente le altre ragioni per le quali ha escluso la sottofatturazione delle cessioni immobiliari; è inammissibile perchè il rilievo critico secondo cui le movimentazioni bancarie sui conti correnti dei soci di GP Edil Srl dimostrerebbero presuntivamente i ricavi occulti della compagine travalica il limite dell’error in iudicando ed è diretto, in modo non consentito, a sollecitare la Corte, cui è demandato esclusivamente il controllo sulla legalità e sulla logicità della decisione (Cass. 24/11/2016, n. 24012), a compiere un apprezzamento di profili fattuali, già insindacabilmente vagliati dai giudici di merito;

4. con il quarto motivo (“IV) Error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c.”), l’Agenzia addebita alla C.T.R. di avere posto a fondamento della decisione un documento – segnatamente, una consulenza tecnica di parte riguardante le “posizioni bancarie” della società – non allegato dalle parti;

4.1. il motivo non è fondato;

richiamate le precedenti considerazioni (cfr. p. 3.1.), osserva la Corte che la C.T.R., con un accertamento di fatto, esente da specifica censura, ha negato che le indagini bancarie sui conti correnti dei soci della contribuente avessero fatto emergere l’esistenza di ricavi occulti della società. Inoltre, l’assunto dell’ufficio secondo cui, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione regionale, la contribuente (cfr. pag. 15 del ricorso per cassazione) “non risulta avere mai prodotto nel giudizio tributario alcuna consulenza tecnica di parte”, per un verso, è smentito dalla puntuale indicazione della società di avere depositato, nel giudizio di primo grado (in data 21/06/2012), una “perizia di stima” che asseverava che le movimentazioni sui conti intestati ai soci e ai loro familiari erano “estranee alla vita societaria” (cfr. pag. 3 della memoria depositata il 31/03/2021); per altro verso, pare addebitare al giudice d’appello non già un errore di giudizio, bensì un errore di fatto, che è motivo di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non di ricorso per cassazione;

5. con il quinto motivo (“IV) Error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 654 c.p.p. in relazione all’art. 116 c.p.c. e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2.”), l’Agenzia ascrive alla Commissione regionale che l’adesione acritica alla sentenza penale, che ha assolto, per insussistenza del fatto, dai reati fiscali il legale rappresentante della società contribuente, integra una violazione dei limiti di efficacia del giudicato penale nel processo tributario;

5.1. il motivo non è fondato;

è ius receptum che “La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’àmbito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare.” (Cass. 27/06/2019, n. 17258);

nella specie, la C.T.R. si è attenuta a tale regula iuris, e, all’esito della complessiva valutazione delle risultanze probatorie (comprese quelle del processo penale per gli stessi fatti), ha negato che l’A. F. avesse dimostrato l’effettiva sottofatturazione delle cessioni immobiliari (ossia, l’omessa registrazione di ricavi), costituente il fulcro del contestato recupero fiscale;

6. in conclusione, accolto il primo motivo, assorbito il secondo motivo, rigettati il terzo, il quarto e il quinto motivo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, rigetta il terzo, il quarto e il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia (sezione di Palermo), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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