Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17018 del 10/07/2017
Cassazione civile, sez. lav., 10/07/2017, (ud. 20/04/2017, dep.10/07/2017), n. 17018
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20984-2012 proposto da:
P.P. C.F. (OMISSIS), G.V. C.F. (OMISSIS),
B.F. C.F. (OMISSIS), PA.PA. C.F. (OMISSIS),
R.M. C.F. (OMISSIS), L.C. C.F. (OMISSIS), T.L.
C.F. (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
PORTUENSE 104, presso ANTONIA DE ANGELIS, rappresentati e difesi
dagli avvocati GIUSEPPE GIANOLI, ROSSELLA BARBARO, giusta delega in
atti;
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI C.F. (OMISSIS), MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F. (OMISSIS),
MINISTERO DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E
DELLE FINANZE C.F. (OMISSIS), UNIVERITA’ DEGLI STUDI DI BRESCIA C.F.
(OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, tutti
rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i
cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 149/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 27/03/2012 R.G.N. 459/2011.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza in data 27.3.2012 la Corte di Appello di Brescia, riformando la pronuncia del Tribunale del medesimo luogo, ha respinto la domanda degli attuali ricorrenti – tutti medici iscritti, dal 1995 al 2006, a diversi corsi di specializzazione – proposta nei confronti della Presidenza dei Consiglio dei Ministri per il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’Università degli studi di Brescia, l’applicazione retroattiva del D.P.C.M. 6 luglio 2007, la rideterminazione delle somme percepite a titolo di borsa di studio con riguardo allo stipendio tabellare minimo previsto per i medici dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, e, infine, per la condanna al risarcimento del danno per ritardata mancata piena attuazione della direttiva 93/16 CEE in ordine al trattamento economico da percepire; che avverso tale sentenza gli attuali ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a tre motivi;
che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che i medici, nel denunciare plurime disposizioni di legge e di direttive comunitarie, deducono la mancanza di specificità dei motivi di appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’errata qualificazione – da parte della Corte distrettuale – delle domande degli originari ricorrenti (avendo il giudice di primo grado accolto solamente la terza domanda di risarcimento per tardiva trasposizione della direttiva 93/16/CEE e respinto le altre domande, non riproposte in appello) e, quale terzo motivo, assumono la mancata attuazione della direttiva 93/16/CEE in considerazione della sospensione dell’efficacia del trattamento giuridico come previsto dal D.Lgs. n. 368 del 1999;
che la sentenza impugnata risulta notificata, in data 10.7.2012, agli attuali ricorrenti i quali hanno richiesto la notifica del ricorso per cassazione in data 17.9.2012;
che il ricorso è inammissibile per tardività della notifica dello stesso, in quanto – a fronte della notifica della sentenza della Corte distrettuale – il termine per proporre il ricorso per cassazione scadeva, ai sensi del combinato disposto degli artt. 325 e 326 cod. proc. civ., l’8.9.2012; che essendo stata, la causa, trattata processualmente come controversia di lavoro, al decorso del suddetto termine non era applicabile la normativa sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, in quanto la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3 esclude da tale applicazione le controversie previste dagli artt. 409 e 442 (cfr. Cass. n. 22075013);
che le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod. proc. civ.;
che non sussistono la condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2017