Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17017 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 16/06/2021), n.17017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12428/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Compagnia Immobiliare Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco

santi, con domicilio eletto presso l’Avv. Luca Fatello in Roma via

Giuseppe Avezzana n. 8, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 31/46/2013, depositata il 21 marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2021

dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate impugna per cassazione, con tre motivi, la decisione della CTR della Lombardia in epigrafe che, confermando la sentenza della CTP di Milano, aveva ritenuto illegittima la cartella di pagamento emessa per aver la contribuente, Compagnia Immobiliare Srl, quale società controllata optante dal 2005 per la procedura di liquidazione dell’Iva di gruppo, indebitamente utilizzato individualmente un proprio credito Iva del 2004 (a seguito di riporto del credito maturato nel 2002), posto in compensazione orizzontale con altri tributi propri.

Il giudice d’appello, in particolare, riteneva tale facoltà non preclusa dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, restando escluso, in ogni caso, che la condotta della contribuente avesse cagionato danno all’erario.

Compagnia Immobiliare Srl resiste con controricorso, poi illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 342 e 53 per aver la CTR ritenuto inammissibile l’atto di appello in quanto non contenente “una vera e propria contestazione della sentenza”.

1.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 61, per essersi la CTR limitata a motivare per relationem alla decisione di primo grado e per motivazione apparente.

2. I motivi, pur ammissibili restando esclusa l’eccepita carenza di specificità, sono infondati.

2.1. Quanto alla prima doglianza è sufficiente osservare che la CTR non ha dichiarato inammissibile il ricorso in appello ma, semplicemente, ha ritenuto le censure proposte non tali da mettere in dubbio la decisione di primo grado, poi escludendo il contestato errore in diritto.

2.2. Quanto al secondo motivo, la motivazione non è apparente nè si è risolta in un mero richiamo per relationem alla decisione di primo grado.

La CTR, infatti, ha così motivato: “la prima decisione risulta essere prima facie chiara precisa e completa. Rileva questo Consesso giudicante che la società con il suo comportamento non ha recato alcun danno all’erario e, quindi, quanto deciso con la prima sentenza viene confermato tout court…. Non si vede nel caso de quo una falsa applicazione dell’art. 73, u.c.,… e dell’art. 8… Nel contesto generale dell’istituto Iva di Gruppo non vi sono elementi che fanno capire che il comportamento della società abbia causato danno all’erario. Nel proprio atto difensivo la società ha spiegato il suo comportamento… tutto questo giustifica l’operato della contribuente stessa, tenuto conto fra le altre cose che la disposizione contenuta nell’art. 73 esclude la possibilità di riportare il credito pregresso nel consolidato Iva.”

In evidenza, dunque, la CTR, con esplicita e specifica autonoma considerazione ha escluso la dedotta violazione di legge ritenendo la condotta, oltre che giustificata per le ragioni addotte dalla parte, consentita dalla norma e ciò, in condivisione con quanto sostenuto dalla CTP, alla luce della novella introdotta con la L. n. 244 del 2007.

3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, L. n. 212 del 2000, art. 3, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis e art. 73, u.c., L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 63 e 64, D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, D.M. 13 dicembre 1979, artt. 4 e 6 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3, per aver la CTR ritenuto applicabile la disciplina delle eccedenze detraibili in tema di Iva di gruppo alla luce delle modifiche operate con la L. n. 244 del 2007, ancorchè la novella fosse espressamente applicabile solo a far data dal 2008.

3.1. Va preliminarmente disattesa l’eccepita inammissibilità: la censura è specifica, individua la questione in diritto rilevante e l’errore contestato alla CTR, e, quanto alle norme evocate, non rileva che l’Ufficio non abbia compiuto per tutte una disamina articolata avendo, comunque, specificamente individuato i profili in diritto pertinenti e decisivi.

3.1. La doglianza, oltre che ammissibile, è fondata.

3.2. La questione, invero, è stata oggetto di specifica disamina da parte di questa Corte con la sentenza n. 12642 del 19 maggio 2017 (seguita poi da numerose altre; v. in particolare Cass. 17834 del 19/07/2017; Cass. n. 24474 del 05/10/2018; Cass. n. 25664 del 15/10/2018), ai cui principi questo collegio intende dare continuità, nella cui motivazione è stato precisato “i/ regime dell’iva di gruppo è mera procedura liquidatoria e di versamento del tributo, in virtù della quale la capogruppo compensa le eccedenze di credito e i debiti iva delle società del gruppo (cd. compensazione verticale) e versa l’imposta a debito, oppure computa la differenza a credito nel periodo successivo, salvo chiederne il rimborso. Ed è sempre la capogruppo che può procedere alla cd. compensazione orizzontale, ma del solo credito iva di gruppo, che è quello emergente dai prospetti riepilogativi annuali della dichiarazione di gruppo, con tributi diversi. Un dato è quindi indubbio, ossia che le società del gruppo perdono la disponibilità dei saldi emergenti dalle proprie risultanze periodiche, che sono trasferiti alla capogruppo entro il termine di liquidazione dell’imposta e da questa annotati nei propri registri.”.

Ne deriva che nella vicenda in esame, omologa a quella già esaminata dalla Corte, per l’anno d’imposta 2005, era applicabile questa procedura, nel cui ambito “si doveva tener conto delle eccedenze detraibili di ciascuna società del gruppo. Eccedenze, che queste società, in base al D.M. 13 dicembre 1979, dovevano trasferire alla controllante e che comunque, in base al D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, non potevano essere oggetto di autonoma ed individuale compensazione” e nel novero delle eccedenze doveva dunque rientrare anche il credito Iva risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta antecedente a quello in cui il regime in questione era divenuto operativo atteso che “l’espressione “eccedenza detraibile” contenuta nell’art. 73 possiede, sul piano letterale, un indubbio ed univoco significato nel senso del puro e semplice riferimento all’eccedenza detraibile maturata dalla controllata -o anche dalla stessa controllante-, a prescindere dall’anno di maturazione dei crediti che la compongono, tale da non consentire all’interprete di introdurre eccezioni o limitazioni all’ambito applicativo della norma, chiaramente desumibile dal suo tenore testuale (art. 12 preleggi)”.

Si può osservare, del resto, che “Qualora il legislatore avesse inteso attribuire alla formula indicata una portata più ristretta di quella fatta palese dal significato proprio delle parole utilizzate, avrebbe dovuto farlo espressamente, specificando che dall’ammontare dell’eccedenza detraibile debba essere scorporato l’importo corrispondente ai crediti riportati dagli anni precedenti all’attivazione del regime dell’iva di gruppo”, operazione questa effettivamente compiuta con la legge finanziaria del 2008 (I. n. 244 del 2007) con la quale, appunto, ha espressamente stabilito, in uno con apposita disciplina transitoria a partire dalla liquidazione Iva di gruppo relativa all’anno 2008, che “agli effetti delle dichiarazioni e dei versamenti di cui al precedente periodo non si tiene conto delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, dagli enti e società diversi da quelli per i quali anche in tale periodo d’imposta l’ente o società controllante si è avvalso della facoltà di cui al presente comma”.

E’ escluso, dunque, che la novellata disposizione fosse applicabile in via retroattiva.

3.3. Nella vicenda in esame, la società aveva optato per il regime della liquidazione dell’Iva di gruppo nel 2005, sicchè, in applicazione dei principi sopra esposti, non poteva compensare un credito Iva del 2004, derivandone la legittimità dell’atto di recupero del credito, oltre interessi e sanzioni.

3.4. Giova anche sottolineare l’irrilevanza dell’affermata assenza di danno all’erario, tenuto conto che la compensazione operata fuori dai casi consentiti determina, in sè, un pregiudizio sulla determinazione della base imponibile e dell’imposta e, comunque, è ininfluente ai fini della spettanza dell’imposta il cui versamento, per l’indebita compensazione, è stato omesso.

3.5. Da ultimo, è manifestamente infondata la dedotta violazione dell’art. 41 Cost., solo genericamente invocata, trattandosi di effetti derivanti dalle scelte della contribuente di accedere alla disciplina dell’Iva di gruppo, senza che assuma rilievo il mero convincimento di aver osservato le regole proprie del suddetto regime.

3.6. Inammissibile, infine, è la richiesta di riconoscimento della esimente delle obbiettive condizioni di incertezza, formulata per la prima volta solo con la memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c..

4. In accoglimento del terzo motivo di ricorso, infondati il primo e il secondo, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Il formarsi di un orientamento solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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