Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17015 del 20/07/2010

Cassazione civile sez. II, 20/07/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 20/07/2010), n.17015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C.G. (OMISSIS), O.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZZA PRATI

DEGLI STROZZI 26, presso lo studio dell’avvocato CARMINA FABRIZIO,

che li rappresenta e difende con procura speciale notarile del

15/7/2009;

– ricorrenti –

contro

F.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE PARIOLI 67, presso lo studio dell’avvocato CEFALONI

ROBERTO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4741/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2010 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato CARMINA Fabrizio, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CEFALONI Roberto, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 17.12.1987 O.R. e il marito D.C. G., proprietari di un locale terraneo e annesso sottonegozio in (OMISSIS), acquistato con atto per notaio Monara del (OMISSIS), deducendo che nel confrontare l’atto di acquisto con la situazione di fatto, avevano rilevato che parte del sottolocale era stato incorporato dal vicino F.G., proprietario del locale contiguo e del relativo sottolocale contrassegnato col civico n. (OMISSIS), convenivano in giudizio costui .davanti al Tribunale di Roma, perche’, previo accertamento della linea di confine tra le due proprieta’, fosse condannato al rilascio della superficie del sottolocale indebitamente occupata e al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede. L’adito Tribunale con sentenza n. 14958/01 uniformandosi ai risultati della seconda c.t.u., dichiarava che il confine fra il sottolocale degli attori e quello del convenuto andava individuato nella linea congiungente il pilastro centrale e il terrapieno verso la scala B e condannava il convenuto a rilasciare agli attori la superficie come risultante e delineata al punto precedente e condannava lo stesso al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.

Rilevava il Tribunale che, secondo i confini descritti nei titoli di provenienza, il sottonegozio aveva una pianta rettangolare, confinante con uno dei lati con il terrapieno verso il fabbricato (OMISSIS) e che tale descrizione coincideva con la planimetria catastale, mentre, invece, la planimetria allegata all’atto di acquisto, secondo cui il sottonegozio degli attori avrebbe avuto una pianta a “L”, non era affidabile in quanto contrastante con l’indicazione di uno dei confini verso il fabbricato (OMISSIS).

La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 4741/04, depositata il 4 nov. 2004, in accoglimento dell’appello proposto dal F., rigettava la domanda attorea e compensava di u terzo le spese dei due gradi di giudizio, ponendone i restanti due terzi di ciascun grado a carico degli attori e quelle di c.t.u. in misura uguale fra le parti.

Per la cassazione della decisione ricorrono i coniugi D.C. e O., affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso il F..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per errata interpretazione degli atti (art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 2699 e 2700 c.c.), nel punto in cui ha ritenuto che le piante catastali hanno un valore sussidiario rispetto alla volonta’ espressa dalle parti negli atti di trasferimento del bene, in considerazione del carattere sussidiario loro attribuito dall’art. 950 c.c., u.c..

Si sostiene che tale principio non trova applicazione in ipotesi in cui l’atto pubblico abbia fatto riferimento “ANCHE” agli estratti catastali di attualita’, i giudici di appello non avrebbero considerato che la lite promossa da essi ricorrenti traeva origine dal testo del contratto e il ricorso alle planimetrie, fatto anche dal c.t.u., aveva solo valore sussidiario della volonta’ espressa dalle parti nella contrattazione.

Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., in relazione all’art. 299 c.p.c. e agli artt. 2700 2733 c.c.) nel punto in cui non ha tenuto conto della disponibilita’ espressa dal F., ante litem e nel corso della lite, di restituire agli attori “quanto si fosse appropriato, riservando al Tribunale di definire la superficie”.

Con il terzo motivo si lamenta la compensazione integrale delle spese di lite in considerazione della complessita’ della fattispecie.

Il ricorso e’ infondato in tutt’e tre le sue proposizioni. Ed invero, la Corte di merito, con motivazione adeguata alle risultanze processuali e priva di imperfezioni sul piano logico e giuridico, ha ripercorso con l’ausilio dei risultati della nuova c.t.u., disposta in appello, l’intera vicenda contrattuale delle parti in causa ed ha evidenziato che le parti, in entrambi i contratti, hanno fatto riferimento alle planimetrie allegate agli atti stessi, specificando che in entrambi i rogiti si legge”i suddetti negozio e sottonegozio sono meglio individuati con colorazione in rosso nelle planimetrie che, esaminate dalle parti e da esse e da me notaio firmate, a titolo indicativo e senza impegno, si allegano al presente atto rispettivamente sotto le lettere (OMISSIS)”.

Nel contempo ha specificato che le planimetrie dei sottonegozi, rispettivamente allegate sotto la lettera (OMISSIS) agli atti in questione, non corrispondono affatto alle piantine catastali ed evidenziano, con la colorazione in rosso, non gia’ una figura geometrica rettangolare, ma una pianta a “L”: l’una(quella del sottonegozio trasferito al F.) rovesciata rispetto a quella del sottonegozio acquistato dal C. e da costui trasferito ai coniugi D.C. – O., di modo che le due “L” vengono a conbaciare, nel senso che la porzione di sottonegozio in contestazione risulta compresa nella piantina allegata all’atto di acquisto del F., mentre quella sul lato piu’ lungo della “L”, risulta riportata nella piantina allegata all’atto di acquisto del dante causa degli attori.

Con il secondo motivo si assume che il F. con lettera del 28.1.1988 riconosceva “errori di confine” ma pregava di attendere l’esito di altra causa con altri confinanti, di tal che la Corte di merito avrebbe dovuto tenere conto di tali elementi confessori e statuire di conseguenza.

Nessun valore confessorio e’ possibile attribuire alle dichiarazioni assunte come provenienti dal F., esprimendo le stesse la buona intenzione del dichiarante a restituire quanto risultasse accertato di proprieta’ della controparte.

D’altro canto, l’irrilevanza sul piano probatorio delle medesime dichiarazioni e’ chiaramente desumibile dall’intento del dichiarante di difendere la propria posizione rispetto alla richiesta di controparte.

La conferma della decisione impugnata giustifica l’applicazione del prevalente principio della soccombenza in merito alle spese di lite.

Per la stessa ragione le spese del presente giudizio stanno a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2010

 

 

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