Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17013 del 16/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 16/06/2021), n.17013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FICHERA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 03459/2015 R.G. proposto da:

Consortium Società Cooperativa Sociale a r.l. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’avv. Emilio Ricci, elettivamente domiciliata presso il

suo studio, in Roma via Premuda 18.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3767/01/2014 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il giorno 9 giugno 2014.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 23

marzo 2021 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Consortium Società Cooperativa Sociale a r.l. (di seguito breviter Consortium) impugnò contemporaneamente l’avviso di accertamento e l’atto di contestazione notificati dall’Agenzia delle entrate, con i quali vennero ripresi a tassazione maggiori redditi ai fini IRAP ed IVA, per l’anno d’imposta 2005, ed applicate le relative sanzioni.

L’impugnazione venne dichiarata inammissibile in primo grado; proposto appello dalla Consortium, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza resa il giorno 9 giugno 2014, lo respinse.

Avverso la detta sentenza, la Consortium ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha risposto con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Consortium ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la Consortium eccepisce vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito omesso di valutare taluni fra i documenti prodotti dalla contribuente, tesi a dimostrare che le operazioni risultanti dalle fatture oggetto di lite non erano oggettivamente inesistenti.

1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, per più ragioni.

Va anzitutto osservato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività (Cass. S.U. 07/04/2014, n. 8053).

Ed è evidente, allora, che non risulta di per sè inquadrabile quale “fatto storico”, il documento prodotto in giudizio dalle parti – atto processuale che svolge funzione di fonte di prova per l’accertamento dei fatti -, in quanto esso costituisce un mero elemento istruttorio, da cui è poi consentito trarre quel “fatto storico” decisivo per il giudizio (conforme, con riguardo alla consulenza tecnica d’ufficio, Cass. 24/06/2020, n. 12387).

1.2. Ancora, è noto che quando il ricorrente in sede di legittimità denunci l’omessa valutazione di prove documentali da parte del giudice di merito, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), ha il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. 10/12/2020, n. 28184; Cass. 05/08/2019, n. 20914; Cass. 07/06/2017, n. 14107; Cass. 12/12/2014, n. 26174).

Nel caso in esame, invece, la ricorrente, per un verso, non ha neppure indicato quali sia il “fatto storico” che non sarebbe stato esaminato dal giudice di merito per avere trascurato l’esame dei documenti prodotti (un verbale di accertamento redatto dalla regione Lazio e una sentenza resa dal Tribunale di Roma) e, per altro verso, pure riproducendo in allegato all’odierno ricorso i documenti in thesi non esaminati, ha omesso di indicare in quale stato e grado del processo siffatti atti fossero stati effettivamente prodotti, così impedendo a questa Corte di vagliarne anche soltanto il difetto di novità nel presente giudizio.

2. Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, nonchè dell’art. 2729 c.c., poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato, nonostante le presunzioni su cui esso si fondava fossero generiche e contraddittorie.

2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto lamentando plurime violazioni di legge, in realtà la ricorrente intende sottoporre ad un nuovo sindacato di merito l’accertamento effettuato dalla commissione tributaria, in ordine alla legittimità dell’avviso impugnato, fondato – come detto – su taluni precisi elementi indiziari, analiticamente riportati nella sentenza impugnata.

Del resto, già le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. 27/12/2019, n. 34476).

2.2. Nè, trattandosi qui pacificamente di operazioni oggettivamente inesistenti, vi è luogo per invocare qui la disposizione di cui al D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 44 del 2012, a tenore del quale non sono ammessi in deduzione costi e spese di beni o prestazioni di servizi, soltanto se direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo (così Cass. 19/12/2019, n. 33915).

3. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.

PQM

Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021

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