Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1701 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. I, 24/01/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 24/01/2020), n.1701

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 34863/2018 proposto da:

S.O., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico 38

presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 557/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2019 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 26 luglio 2018, ha respinto il gravame proposto da S.O. avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., in tema di protezione internazionale. La Corte umbra ha osservato come l’appellante, il quale, in sede di audizione personale, aveva espresso timore per la propria vita, avendo egli provocato involontariamente un incendio nel quale erano morti due minorenni e diversi capi di bestiame, non aveva fornito alcun elemento idoneo suffragare i fatti raccontati; ha osservato inoltre che la narrazione del richiedente risultava essere generica che lo stesso non aveva neanche specificato il pericolo a cui sarebbe stato sottoposto in caso di rimpatrio. Il giudice distrettuale ha poi negato la sussistenza di alcun grave motivo atto a giustificare l’adozione della misura della protezione umanitaria.

2. – Contro tale sentenza S.O. ha proposto un ricorso per cassazione basato su cinque motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

3. – I motivi posti a fondamento del ricorso si riassumono come segue.

Primo motivo: nullità della sentenza di appello per omessa motivazione. Il ricorrente assume che l’impianto motivazionale della pronuncia impugnata sarebbe meramente apparente.

Secondo motivo: errato o omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente avanti alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del medesimo. Ci si duole, in particolare, dell’omesso esame della situazione del paese di provenienza.

Terzo motivo: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, consistente nella condizione di pericolosità e della situazione di violenza generalizzata presente in Senegal. L’istante rileva come a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il richiedente non sia tenuto a provare il rischio soggettivo, allorquando il grado di violenza indiscriminata che caratterizza un conflitto è così elevato da far ritenere che se lo stesso tornasse nel paese di origine si troverebbe per ciò solo esposto a una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona.

Quarto motivo: mancata concessione della protezione sussidiaria cui il richiedente avrebbe diritto in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine; violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14; omesso esame delle fonti informative; omessa applicazione dell’art. 10 Cost.. Si torna a dedurre che la Corte di merito avrebbe errato nel non ritenere sussistenti i presupposti per il riconoscimento della nominata forma di protezione nonostante i rischi cui lo stesso andrebbe incontro in caso di rientro in Senegal.

Quinto motivo: la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare l’applicabilità al ricorrente della protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè dell’art. 19 D.Lgs. cit., che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi, avendo anche riguardo al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1, alla L. n. 110 del 2017 che ha introdotto il reato di tortura, all’art. 10 Cost. e all’art. 3 CEDU. Secondo il ricorrente nella fattispecie si ravvisavano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

4. – Reputa il Collegio che lo scrutinio dei motivi riguardanti la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), imponga il rinvio della causa a nuovo ruolo, avendo questa prima sezione già fissato la trattazione di altre cause in pubblica udienza sulla questione relativa alla rilevanza che possa assumere, nella materia che interessa, e per i processi in corso, l’entrata in vigore del decreto del Ministero degli affari esteri del 4 ottobre 2019, n. 235 sulla individuazione dei Paesi di origine sicuri di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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