Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17007 del 27/06/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17007 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: MARULLI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 6915-2017 proposto da:
X. ANGELA, X. GIOVANNA, COVIELLO
MARIANTONIA, X. CANTO ROCCO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA N. PORPORA 12, presso lo studio legale
TITONIANLIO-TRAISCI, rappresentati e difesi dagli avvocati
RAFFAELE DE BONIS CRISTALLI, ORAZIO ABBAMONTE;

– ricorrenti contro
UNIVERSITÀ’ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA, in persona
del Rettore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrentE contro

C. i)

c

Data pubblicazione: 27/06/2018

CONSORZIO BASILICATA 4;

intimato

avverso la sentenza n. 265/2016 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA, depositata il 19/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/04/2018 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI.

1. Con il ricorso in atti parte ricorrente chiede che sia cassata
l’impugnata sentenza — con la quale la Corte d’Appello di Potenza,
accogliendo il gravame proposto dalla Università degli Studi della
Basilicata (Unibas), ha riformato la sentenza di condanna in primo

grado dell’appellante a risarcire il danno patito dagli odierni ricorrenti
per l’occupazione appropriativa di alcune aree di sua proprietà
destinate alla realizzazione della nuova sede universitaria — sul rilievo
dell’errore in cui era incorso il decidente che, in violazione degli artt.
88, 99, 112, 115 e 345 cod. proc. civ. ed omettendo la motivazione su
un punto specifico della controversia, aveva denegato la natura
edificatoria dei suoli oggetto di appropriazione, malgrado tale
qualificazione, per ammissione della stessa Amministrazione
procedente, fosse pacifica e non avesse mai formato oggetto di
contestazione (primo motivo); ed in violazione degli artt. 91, 92 e 360
mi. 3 e 4 cod. P’ )C. CiV. nonché degli artt. 10, 132 e 360 nn. 3 e 4 cod.
,

proc. civ., aveva condannato parte ricorrente al pagamento delle spese
di lite, compensate in ragione delle metà, nei confronti dell’appellante
Unibas, malgrado le circostanze di causa rendessero giustificata una
compensazione per l’intero delle spese, e peraltro liquidate
determinando arbitrariamente il valore della lite (secondo motivo).

Ric. 2017 n. 06915 sez. M1 – ud. 17-04-2018
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RITENUTO IN FATTO

Resiste al proposto gravame l’Unibas con controricorso, mentre non
ha svolto attività difensiva il Consorzio. Memoria di parte ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1. Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte
manifestamente infondato
2.2. Dato previamente atto che parte ricorrente — come eccepisce la

corrispostile in corso di procedura, è già stata in larga parte ristorata
del pregiudizio sofferto a seguito dei fatti di causa e premesso altresì,
quanto alle doglianze motivazionali ivi declinate, che esse non possono
trovare ingresso nel presente giudizio, giacché il vizio denunciato, pur
senza considerare che la sua illustrazione non si allinea alla rubrica (in
essa si lamenta un vizio di« omessa motivazione di un punto decisivo
della controversia … », mentre nel corpo del motivo, a pag. 18, punto
25, si imputa alla decisione un vizio di «insanabile contraddizione nella
motivazione»), risulta estraneo al novellato dettato dell’art. 360, comma
1, n. 5, cod. proc. civ., cui la specie in esame soggiace ratione temporis,
avendo questo ridotto al «minimo costituzionale» il sindacato di
legittimità sulla motivazione, ristretto ora alla sola omissione dell’esame
di un fatto decisivo per il giudizio che abbia formato oggetto di
discussione tra le parti, va detto quanto alle altre doglianze volte a
denunciare l’erroneità in diritto dell’impugliato pronunciamento che
esse sono infondate e non possono perciò trovare seguito alcuno.
2.3. Per vero, ricordato che il giudizio di cassazione è un giudizio a
critica vincolata da introdursi tassativamente attraverso uno dei motivi
indicati dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. e che, impone che
nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso
rispetto alla decisione impugnata, formulate in termini tali da
soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a
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difesa erariale senza avverse contestazioni — per effetto degli acconti

quanto oggetto di decisione e, insieme, da costituire una critica precisa
e puntuale .e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto
l’adoziOne, nessuna deduzione, tantomeno connotata dai predetti
requisiti, risulta ravvisabile nell’illustrazione del motivo circa la pretesa
violazione dell’art. 88 cod. proc. civ., e ciò non senza più generalmente
osservare che, ove di essa si voglia discutere , con riferimento alle tesi

natura edificatoria dei suoli per poi rinnegarla — l’allegazione non
troverebbe il debito conforto fattuale come la stessa ben documenta
alle pagine 9-11 del controricorso.
2.4. Circa le altre violazioni di legge, quelle dedotte con riguardo agli
artt. 99 e 345 cod. proc. civ. si rivelano un manifesto fuor d’opera,
atteso che solo l’attore o, al più, l’attore in riconvenzione — qualità che
in ogni caso fanno difetto all’amministrazione resistente che riveste
pacificamente in questo giudizio il ruolo della convenuta — possono
essere promotori di una domanda, intendendosi come tale ogni
richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una
volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in
genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in
conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di
accoglimento o di rigetto.
2.5.1. Non miglior sorte, quantunque la sua prospettazione risulti
indubbiamente meno incongrua rispetto alla qualità di convenuta

rivestita nel giudizio da Unibas, si guadagna la pretesa violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. in cui il decidente sarebbe caduto
condividendo la natura non edificatoria dei suoli„ malgrado detta
eccezione non fosse stata mai declinata dall’amministrazione resistente.
2.5.2. Occorre invero ricordare in linea generale, come questa Corte ha
reiteratamente precisato che, sebbene il principio di corrispondenza tra
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difensive della controparte — che avrebbe dapprima riconosciuto la

il chiesto ed il pronunciato riguarda il petitum, «che va determinato con
riferimento a quello che viene domandato sia in via principale che in
via subordinata; in relazione al bene della vita che l’attore intende
conseguire, ed alle eccezioni che in proposito siano – state sollevate dal
convenuto» , (Cass., Sez. IV, 24/03/2011, n. 6757), nondimeno il limite
che ne discende perii giudice ; che non può perciò andare ultra petita et

esso di decidere la ‘domanda, in applicazione del principio iura novit
curia (Cass., Sez. IV, 13/12/2010, n. 25410), di talché, fermo il vincolo
della domanda come delle eccezioni, che gli preclude di mutare i fatti
costitutivi della pretesa così come i fatti estintivi di essa, il principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato «non osta a che il giudice
renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti
autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti» (Cass., Sez. IV,
4/02/2016, n. 2209), né al potere che pur sempre gli compete «di
assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti
dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le
norme giuridiche applicabili alla. concreta fattispecie sottoposta al suo
esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto
diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti» (Cass., Sez. IV,
24/07/2012, n. 12943).
2.5.3. Se dunque il giudice, per principio, non incontra altro limite,
nello scrutinare la res al suo esame, che cluello indotto dalla
rappresentazione dei fatti di causa affidata alle parti, tanto più potrà
essere condizionato dalla qualificazione giuridica ad essa impressa o
pretesa dalle parti, onde nessuna concludenza può ascriversi su questo
terreno a pretesto della «pacifica» natura edificatoria dei suoli oggetto
di apprensione, alla circostanza che nel costituirsi in giudizio
l’amministrazione convenuta, richiamando l’art. 3, comma 65, 1. 23
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alligata partito; non è disgiungibile dal dovere che pure compete ad

dicembre 1996, n. 662, possa aver preso posizione al riguardo in senso
favorevole alla tesi che si vorrebbe vedere qui accolta.
2.5.4. Né in pari direzione è spendibile targomento, pure azionato in
funzione parimenti preclusiva della sindacabilità della questione da
parte del decidente, secondo cui «nella specie non si sarebbe trattato
di chiedere al giudice di qualificare il fatto-diritto , costitutivo della

richiesta risarcitoria (vale a dire di qualificare come edificabile il
terreno) perché quel fatto-diritto è stato pacificamente affermato dalle
parti ed è quindi rimasto esterno al thetna decidendum», sicché su di esso
non era stata richiesta nessuna pronuncia costituendo appunto «il
fatto-diritto dimostrato in quanto concordemente affermato dalle parti
sul quale il giudice deve fondare la propria pronunri2».
Ancorché la portata decisoria dell’argomento sia tutt’altro che esplicita
— l’illustrazione che di esso ne compie il motivo, prendendo le distanze
dalla confutazione operatane dalla Corte d’Appello, «dato che mai la
parte appellata avevo sostenuto la risibile tesi che quanto contenuto
negli atti espropriativi assumesse valore di giudicato», si colloca invero
manifestamente al di fuori dell’opinione di questa: Corte che solo il
giudicato sulla natura dei suoli vincola-la stima del danno (Cass:, Sez. I,
17/02/2011, n. 3909) — il deliberato adottato sul punto dal giudice
d’appello non si presta a censura, dal momento che, dando atto che
con l’impugnativa proposta avanti a sé Unibas avesse inteso far valere

«proprio l’erroneità della pronuncia con cui il primo giudice ha
liquidato il risarcimento senza tenere conto della inedificabiltà del
suolo», la Corte potentina ha mostrato di governare la specie in esame
in piena adesione all’orientamento già altre volte enunciato da questa
Corte secondo cui «in tema di liquidazione del danno da occupazione
appropriativa, è necessario il preventivo accertamento della natura
dell’area occupata, se edificabile o agricola, da condurre in base alla
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P

r.

classificazione urbanistica» (Cass., Sez. I, 28/05/2004, n. 10820), di
modo che la relativa questione; come appunto rettamente qui ritenuto:
dal decidente, è di per sé ricompresa nell’oggetto del processo nel quale
l’amministrazione abbia contestato l’entità della pretesa creditoria.
Va da sé, infatti, che, come altrove si è ritenuto, la questione della
natura del bene, in quanto inserita in un percorso logico ,volto in ogni

ed allegata esclusivamente in funzione di prova di quest’ultimo
requisito, non può essere qualificata come fatto principale, la cui
mancata contestazione da parte dell’appellato comporti la formazione
di un giudicato interno, impedendo al giudice di secondo grado di
riformularne la valutazione, -ma come fatto secondario, • la cui
valutazione, rientrante nel procedimento logico seguito per giungere
all’accertamento del fatto costitutivo, deve ritenersi implicitamente
rimessa in discussione proprio per effetto della domanda proposta
dagli appellanti (Cass., Sez. 1,16/03/2016, n. 5247).
2.6. Ciò porta pure a reputare assorbita anche la residua doglianza
rappresentata in ordine all’art. 115 cod. proc. civ., sebbene al riguardo
non possa non osservarsi che il principio di non contestazione, nella
sua funzione di costituire una tecnica semplificatoria della prova,
concerne i fatti (l’avvenuta apprensione dei suoli nella specie), ma non
la loro valutazione giuridica (la natura edificatoria di essi).
3.1. Parzialmente fondato è il secondo motivo di ricorso, posto che,

una volta escluso che per effetto della qui confermata soccombenza
potesse trovare applicazione nella specie l’art. 92 cod. proc. civ. e che
le spese potessero per questo essere compensate, si rivela per contro
errato, perché individuato in violazione dell’art. 10 cod. proc. civ. lo
scaglione di valore adottato dal giudice d’appello, trattandosi, invero, di

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caso ad ottenere il risarcimento del danno per la perdita della proprietà

domanda risarcitoria il cui valore è indeterminato; onde le spese
andavano liquidate ex art 21; comma 7, d.rn 10 marzo 2014, n. 55.
4. Cassandosi, perciò, l’impugnata sentenza nei limiti. anzidetti e
decidendo ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., non rendendosi
necessari ulteriori accertamenti di fatto, le spese di lite dovute da parte
ricorrente .vanno liquidate, , oltre agli accessori di legge; in complessivi

giudizio di primo grado (pari ad euro 850,00 per studio, euro 600,00
per introduzione, euro 1250,00 per trattazione e 1400,00 per decisione)
ed euro 5900,00 relativamente al giudizio di secondo grado (pari ad
euro 1100,00 per studio, euro 850,00 per introduzione, euro 2100,00
per trattazione ed euro 1850,00 per decisione).
5. Le spese del presente giudizio vanno invece _integralmente
compensate attesa la reciprocità della soccombenza.
PQM
Rigetta il primo motivo di ricorso.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei
limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese
processuali dovute da parte ricorrente in favore dell’Università degli
Studi della Basilicata in complessivi euro 10.000.00 per compensi,
oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della VI-I sezione civile
il giorno 17.4.2018.

éuro 10.000,00 per compensi, di cui euro 4100,00 relativamente al

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